sabato 30 luglio 2011

Come un chiodo nel muro


Questo mese non lo dimenticherò.
Come un chiodo nel muro resterà fissato per sempre nel mio cuore
a ricordarmi il calore d'abbracci inaspettati e sorrisi inattesi che mi hanno riscaldato la vita.

Il furore di un vento latrinesco e furbacchione spalanca il balcone intenzionato a portarmeli via.
Io m' oppongo, m'appendo, m'apparto, li difendo.

Il tempo fugge, i ricordi invece no.

Ma non so dire se questo sia un bene o un male.
In ogni caso spero in un pareggio.
Un pareggio fuori casa fa sempre comodo.
E' per me che a casa non sono stato mai, questa è l'unica vittoria possibile.

lunedì 25 luglio 2011

Ofelia e la sua canna aspiratutto




Summertime, time, time,
Child, the living’s easy.
Fish are jumping out
And the cotton, Lord,
Cotton’s high, Lord, so high.

Your daddy’s rich
And your ma is so good-looking, baby.
She’s looking good now,
Hush, baby, baby, baby, baby, baby,
No, no, no, no, don’t you cry.
Don’t you cry!

One of these mornings
You’re gonna rise, rise up singing,
You’re gonna spread your wings,
Child, and take, take to the sky,
Lord, the sky.

But until that morning
Honey, n-n-nothing’s going to harm you now,
No, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no
No, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no
No, no, no, no, no, no, no, no, no,
Don’t you cry,
Cry.

Che tipo che era Ofelia!!!!!
Le piaceva da pazzi imitare Janis Joplin. Non beccava neanche una nota dopo il secondo acuto ma sognava di far la cantante a tutti i costi.
Aveva anche provato ad infilarsi in qualche reality di cui adesso Antonio dopo il quarto wysky non ricordava neppure il nome e per sbarcare il lunario si dilettava a far pianobar nei locali.
Quelli dove gli sfigati sperano d'acchiappar qualche manichino profumato da usare come cuscino per la notte e i ricconi fanno tappa per mostrare il loro luccicante bendidio ad anime in vena di generosi omaggi epidermici.
Antonio si sentiva molto a disagio. Non era come quegli avanzi di galera e se non fosse stato che per accontentare la voglia d'esibizionismo sfrenato della sua nuova amica non sarebbe mai finito lì dentro.
Ofelia era una dolcissima ragazza mantovana che Antonio aveva conosciuto sul treno che da Mantova lo avrebbe portato a Thiene in provincia di Vicenza per delle ricerche su alcuni ritrovamenti archeologici di cui era bene accertarsi in vista di una relazione che avrebbe potuto fruttargli una possibile gratifica appena fosse tornato al lavoro.

Era travolgente Ofelia.
Canticchiandogli Summertime l'aveva letteralmente stregato.
La sua voce profumava di vita e sprizzava energia da tutti i pori.
Fu per questo che dopo averla seguita al concerto e averla portata a cena le chiese se poteva fargli sentire qualcosa in camera sua.
Lei accosentì subito desiderosa d'esprimere davvero le enormi potenzialità della sua voce.
Sembrava determinatissima.
Quella sarebbe stata la sua serata. Non ci sarebbe stata nessuna giuria a negargli le porte della gloria.
La situazione prometteva bene.
Neanche il tempo d'accomodarsi sul divano che lei senza tradire la minima emozione gli si inginocchiò davanti e dopo avergli sbottonato la lampo dei pantaloni s'impossessò del microfono e cominciò il suo concerto che tra molti bis e parecchi assoli durò la bellezza di tre ore e mezza.
Ad un certo punto ebbe un'illuminazione : forse la povera Ofelia non sarebbe mai diventata una cantante ma una provetta donna di servizio quello sì.
Quella sua canna aspiratutto gli aveva portato via anche l'anima e in vita sua non vide mai più un pavimento così pulito.

giovedì 21 luglio 2011

Un naturalissimo lampo di Figa


Il sole era ancora alto nel cielo di Mantova nonostante fossero passate già le sei di sera.
Antonio vi si trovava ormai da tre giorni. Ancora poche ore e sarebbe partito di nuovo.
Il viaggio era stato interessante. La città non pareva offrir molto, ma un uomo non viaggia solo per divertirsi e soddisfare la sua boria ormonale.
Un uomo viaggia anche per stupirsi e bearsi del genio altrui.
E' aldilà di quanto sarebbe potuto accadere vi prego di credere che la sola ragione per cui Antonio s'era spinto fin lì era puramente culturale.
Era lì infatti per visitare la basilica di Sant'Andrea.
La basilica concattedrale di Sant'Andrea è la più grande chiesa di Mantova. Opera fondamentale di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modalità non sempre conformi ai progetti originali.
Edificata nel Medioevo in luogo di un monastero benedettino (i cui unici resti sono il campanile gotico e un lato del chiostro), l'edificio venne ricostruito a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, commissionato dal signore di Mantova, Ludovico III Gonzaga (e dal figlio Francesco, cardinale) che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata.

Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il "Preziosissimo Sangue di Cristo" portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì Santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica.

I lavori iniziarono nel 1472, lo stesso anno della morte di Alberti.
Per quanto ne sapeva in seguito i lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola fu aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte.
Bellissima la chiesa e bravissimo lui il quale non aveva perso una parola di Fiamma la guida turistica che l'aveva accompagnato quel giorno.
I due fecero subito amicizia e con grande sorpresa la sera stessa di fronte ad un'astice affogato al marsala, scoprirono d'abitare vicini.
Pochi metri infatti, separavano il suo appartamento dalla camera d'albergo in cui lei lo aspettava sempre per comporre insieme.
Lei s'era appena laureata all'Accademia delle Belle Arti e sognava d'esporre le sue opere a Parigi.
Lui con i pennelli non ci sapeva proprio fare ma considerava quell'incontro, una specie di rito di passaggio, una sorta d'iniziazione verso un mondo sconosciuto ed affascinante in cui sentiva avrebbe potuto anche perdersi, ma in cui sapeva sarebbe stato ancora più bello ritrovarsi.
E lui ci si ritrovava alla grande. Lei rideva e dipingeva, dipingeva e lo macchiava. Lui osservava e scriveva cingendo in versi inenarrabili quello che non avrebbe mai osato dire neppure sotto giuramento.
Lei era bellissima e lo stesso giorno che lo conobbe gli regalò una sua creazione. Erano dipinti ad alta tensione. Chiese da dove gli venisse. Lei rispose che era lui a trasferirgliela. Ma era positiva talmente positiva che da quando s'erano conosciuti lei non aveva smesso un momento di dipingere.
Fu quasi naturale per Antonio e Fiamma fare l'amore. Ma quando la prima volta lei gli mostrò l'intimo del suo atelier rimase quasi interdetto: sembrava che tra le gambe avesse il naturalissimo lampo della Tempesta di Giorgione.
Poi quando avvicinandosi di più lo guardò meglio lo riconobbe subito: era una creazione del suo pittore preferito: un naturalissimo lampo di Figa!!!

sabato 9 luglio 2011

Apologia Gabriellensis

La storia è semplice ma cercherò di chiarirla ancora di più.
C’è una lei a cui è stata negata l’esperienza del dottorato e ora, in preda al panico, grida come un’assatanata su feisbuk, inveisce contro il governo ladro e a sfavore dei professori ai quali ha leccato il buco del culo per cinque anni. Fine della storia. Siamo alle solite, per i suoi amici virtuali è degna donna lodevole di iniziative culturali ( pubblicizzare libri di critica letteraria è cultura?), un’eroina alla quale dedicare un’apologia in puro stile socratico con tanto di suicidio di massa davanti al Quirinale con bevuta collettiva di cicuta. Ho di fronte una nuova Giovanna d’Arco e me ne accorgo solo adesso. Lottare per i propri diritti è sacrosanto, costruirsi un futuro dignitoso è indispensabile ma qui ci troviamo nella situazione esopiana della volpe e l’uva. Facciamo qualcosa, il bel paese non ha bisogno di martiri con il volto triste della Gioconda, appollaiati su un ramo come cornacchie in attesa della corona d’alloro. È passata l’epoca dei poeti laureati; l’Italia ha bisogno di professori ma anche  di contadini e allevatori di maiali con l’hobby della poesia. La cultura ( per fortuna ) è anche questa ma lei, forse, non lo capirà mai.

Una fiamma sempre accesa


Vi è stato un tempo in cui trascorrevo ore a chiedermi come fossi da bambino.
Volevo sapere se vi fosse stato un tempo in cui fossi stato assolutamente felice e se vi fosse stato un momento dove qualcuno mi avesse mai regalato un momento di genuino amore filiale.
E' terribile non ricordare questo genere di cose.
E' così che si ammazzano i bambini. E' così che si mettono alla porta i sentimenti. E' così che si smette d'essere bambini e si diventa cani randagi. Sempre lì pronti ad annusarsi il didietro per vedere se per caso sia ancora rimasto qualcosa di quel candore. Semmai se ne sia andato.
Dopo anni d'indagini posso dire che quel bambino da me non se ne mai andato.
Lo ritrovo ogni volta nei miei occhi fondi come una pozza d'acqua dove da sempre si specchia la luna o sul profilo di una piattaforma biancoblù sorridere beato e pelato a 220 persone che non sanno assolutamennte con chi hanno a che fare o in una pila di soldatini di piombo perfettamente allineati nascosti chissa dove a casa di mia nonna.
Ogni volta provo ad afferarlo quel bambino ma non lo prendo mai.
Sono inafferabile come Lupin e imprendibile come i tiri della tigre di Mark Lenders io.

Riconosco possa essere disdicevole da parte mia, raccontarvi tutto questo.
Non è così che si fa strada nella vita.
Ma se c'è qualcosa che mi rende riconoscibile agli occhi del mondo è mi ha fatto fare qualcosa nella vita, è proprio questa mia fiamma sempre accesa e costantemente protesa verso un sogno da realizzare; è lei che verga versi e mette insieme parole facendo felici le persone.
A me ne basterebbe una sola: un'altra fiamma con un sogno in mezzo agli occhi.
Insieme, ne sono certo, incendieremmo il mondo. Per ricrearne un'altro. Più autentico, più umano, più vero.
Per adesso mi accontento di illuminare piccole e vaporose radure.
I sogni d'altronde, passano anche da lì.

domenica 3 luglio 2011

Trova il tempo


Trova il tempo di riflettere,
è la fonte della forza.
trova il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.
Trova il tempo di essere gentile,
è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.
Trova il tempo d'esser contento,
è la musica dell'anima.

(Antica ballata irlandese)

sabato 2 luglio 2011

Come un taipan dell'entroterra


"Che bellezza!!!" pensava Antonio mentre infilava l'entrata del solito ristorante in cui smaltiva la pesantezza di quel lavoro di merda.
Aveva ragione.
Quello appena trascorso, era stato l'ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze estive e anche la solitudine almeno per quella sera, non gli avrebbe dato fastidio.
Era solo in effetti. I suoi colleghi di lavoro al suono della fatidica campanella, erano fuggiti tutti a prenotare le vacanze.
Non ci mise molto ad accorgersi che proprio al tavolo di fronte al suo, c'era una donna di una bellezza sconvolgente che mentre civettava con quello che doveva essere suo marito, non gli staccava gli occhi di dosso.
Non era la prima volta che gli accadeva sia chiaro, ma quella volta e quegli occhi erano diversi e una simile sfacciataggine non l'aveva mai vista.
Era molto imbarazzato per quegli occhi costantemente incollati su di lui e gli pareva assurdo che il marito non si fosse ancora accorto di nulla.
Nonostante ciò però la cosa cominciava a piacergli. E se vogliamo dirla tutta anche a preoccuparlo perchè il Generale Custer che aveva nelle mutande cominciava a suonar minacciosamente la carica preparandosi a colpire come un taipan dell'entroterra duecentocinquantamila topi e due elefanti.
D'improvviso la crema di asparagi che stava mangiando non gli interessava più.
Ora il suo obiettivo era un'altro.
Era pronto a tutto pur di conoscere quella donna così bella e coraggiosa e pur di sapere il suo numero di telefono avrebbe sfidato a duello il marito e combattuto contro il mondo intero.
Ma quando la cena finì e il marito s'alzò per pagare il conto e quella dea sottile e provocante s'arrampicò su un bastone di madreperla e sottobraccio all'omone se ne andò vide qualcosa che lo ridestò dall'incanto di quella serata e lo consegnò di nuovo all'amarezza della sua vita: quella donna aveva una gamba sola.
Ma l'amore è cieco e non ha bisogno certo delle gambe per provare a volare.
Era certo che quella sera avrebbe fatto di tutto per parlarle e se faceva una figura di merda era sicuro che sarebbe stata la figura di merda più bella del mondo.
Decise quindi di provarci ma non vi riusci. I due s'erano già allontanati nel buio della notte e neanche la stella più gentile gli avrebbe dato il loro indirizzo.
Non si riprese facilmente da quella figura di merda che non fu e restò per sempre convinto che quella sera pur di conoscere quell'anima, avrebbe rinunciato alle sue gambe per tutto il resto della sua vita. E se anche questo non fosse bastato si sarebbe infilato quel fottuto bastone di madreperla lì dove non batte il sole e così sarebbe vissuto per tutto il resto della sua vita: bastonato e contento. Che poi è sempre meglio che essere soli.

Musee des Beaux Arts

Sulla sofferenza non erano mai in torto,
i Vecchi Maestri: come capivano bene
la sua umana posizione; come essa si svolga
mentre qualcun’altro mangia o apre una finestra o cammina annoiato;
come, mentre i vecchi attendono rispettosi e appassionati
la nascita miracolosa, ci siano sempre
bambini a cui non importa niente che essa avvenga, e pattinano
su uno stagno al limite del bosco;
non dimenticavano mai
che anche il tremendo martirio deve avere il suo corso
in qualche modo in un angolo, in qualche squallido posto
dove i cani continuano a vivere da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente deretano contro un albero.
Nell’Icaro di Bruegel, per esempio: come ogni cosa si volge
del tutto tranquilla dal disastro; il contadino
può avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un problema importante; il sole splendeva
come doveva fare sulle bianche gambe che scompaiono nel verde
dell’acqua; e la nave lussuosa e snella che aveva pur visto
qualcosa di sorprendente, un ragazzo che cade dal cielo,
sapeva dove andare e calma continuava a navigare.

 ( Wystan Hugh Auden )