sabato 31 maggio 2014
martedì 27 maggio 2014
La poesia senza compromessi di Luca Rota
Quando il silenzio assordante sazio si dilegua tenace rimane l’ostinazione di chi vive nel sogno, e non rinuncia all’l'intenso esprimersi del sentimento.
Quando questo accade, la luce del giorno sale dalla terra e riaccende i colori inaugurando i voli dei gabbiani lungo il fiume della vita , e la malinconia della notte passa come un grumo disciolto tra le rapide.
È questa l'ora in cui nascono le speranze e il nuovo giorno è una pagina bianca sulla quale registrare freschi incanti.
Suggestioni impastate di concretezza che rimandano a
trascorse e attecchite radici che irrobustiscono la forma rendendo più sicuro
il canto, diretto il centro, allargando il raggio di quel tanto che basta a
chiudere il cerchio. Un cerchio impregnato, impegnato, vissuto.
Il tempo emotivo che
scandisce queste poesie è quest’umidore dell'aria che resta gagliardo appiccicato sulla pelle.
Non è ferita dell’anima come dicono quelli che hanno paura di osare e devono a tutti i costi etichettare, non è quel pugno duro che ti stringe alle corde assicurando inopinati kappaò.
È solo un cerchio e gira di continuo avvitandosi a spirale sui giorni.
Quando lo si intuisce ci si può dir guariti dalla malattia detta gioventù.
Non è ferita dell’anima come dicono quelli che hanno paura di osare e devono a tutti i costi etichettare, non è quel pugno duro che ti stringe alle corde assicurando inopinati kappaò.
È solo un cerchio e gira di continuo avvitandosi a spirale sui giorni.
Quando lo si intuisce ci si può dir guariti dalla malattia detta gioventù.
Ed è poesia matura quella che
emerge dall’ordine sparso di Luca Rota sguarnita dalla nebbia ottusa ed uniforme del
fatalismo giovanile che esige
fortificate immanenze aliene dal confronto.
Il silenzio assordante è
ormai lontano da qui
Il tempo ha sciolto le parole
e allungato i pensieri che talvolta si riassumono in pensosi e incalzanti mantra
che scandiscono il testo penetrando l’anima e incidendo la mente. Essi a
dispetto di una leggera melodia e asciutta resa non sono altro che il desiderio
di vita impresso sugli assi neurali della memoria.
Essi scendono veloci nella gola, miele
malinconico di una consapevole nostalgia e riattivano il corpo pronto a nuove
sfide.Incasella periodi per trovare l’adesso, l’hic et nunc, per riconoscersi intero in un orizzonte costantemente frammentato.
Rimane ancora il passato vaga nebbia dove si stagliano qua e là come alberi figure da cerchio del Purgatorio – egli come Dante risale dentro se, sicuro in nuove paradisiache zolle, con in mano il pugno di mosche del presente, ragno imprigionato nella sua tela.
Non si può dire allora se
dolore o gioia sia il suo sentire, se il tempo scorra o l'attimo si sia
congelato in quel per sempre luminoso della parola scritta che dona fiori duttili
alla nostalgia.
Egli scioglie il nastro rosa della sera e apre il sipario della balconata.
La sua borsa appoggiata tra le viole, i suoi occhi sorrisi nella luce.
Senza parlare, trangugiano l'oro di un presente riportato alla sua quotidianità in cui l’io del poeta cammina, si stanca e riposa, continuando il suo percorso, infilandosi nei giorni come mercurio in provetta, seguendone curioso le curve degli alambicchi.
Evaporando in un nuovo mattino e poi cadendo sotto un'altra forma, diventando pioggia, grandine o neve, nell’ eclettico tentativo d’impadronirsi del proprio presente.
In questa impresa il verso si fa ordine e concetto nelle colonne degli endecasillabi in cui l’autore, analizza il suo passato e il suo presente, accennando anche al futuro, con rinnovata speranza e un disperato desiderio di equilibrio .
Un 'ordine pacifico da dare alla sua vita, incasellandola in metri che sappiano descriverla e distinguerla dalle altre, per poi imbattersi - come chi si incontri per puro caso in una strada affollata - nella felicità.
Una speranza inseguita con allampanata, lusingatrice sfrontatezza che non lascia alle spalle alcun sgomento ma anzi caratterizza la lettura di queste gocce di tormentata sopravvivenza liberate dalla scura corteccia del rimpianto.
Bisogna leggerle senza compromessi queste nuove poesie di Luca Rota con l’arguta complicità che ella propone, con le albe, i mattini, i giorni, le notti, le pepite, i piombi, la fatica del vero, gli sbagli autentici, le mele rosse del cuore
Egli , rabdomante di parole, scava dove la voce si fa più profonda, e brilla la poesia di una terra dove innestare i riflessi concreti di una più consapevole arte poetica.
In quei raggi, in quello scorrere d'acque il suo mondo si manifesta com'è e nel suo caotico fluire, mirabilmente si riconosce.
(Postfazione al testo Dentro Nell'ordine Sparso di Luca Rota (Apollo Edizioni, 2014)
lunedì 26 maggio 2014
Matteo Renzi : un uomo solo al comando (per assenza di competitor)
E’ la barca torno' sola
cantava Gino Latilla al Festival di Sanremo nel 1954 e adesso al timone dell’Italia c’e’ un uomo solo al
comando.
Non si tratta di un emulo di Fausto Coppi al Giro D' Italia.
Non si tratta di un emulo di Fausto Coppi al Giro D' Italia.
E’ Matteo Renzi che vince le elezioni europee e
bene dirlo, solo per evidente assenza di seri competitor.
Non lo e’ stato l’autunnale
Berlusconi, non poteva esserlo il suo spettrale delfino Alfano spiaggiato mesto
sulla riva dei sogni infranti insieme al disfatto Monti .
Non c’erano cortesi caprette
lassu’.
Ma venti
troppo aggressivi per esser respirati a pieni polmoni dal popolo italiano che
ancora una volta ieri ha confermato d’esser quello che e’ : un popolo essenzialmente conservatore con vaghe
aspirazioni riformiste spaventato da precipitose rivoluzioni.
Non sostenute a dovere
neanche dal termos a cinque stelle di Beppe Grillo il quale ha avuto il merito nel corso della sua chiassosa ascesa
di evidenziare i contorni della ferita
italiana senza pero'trovare adeguate contromisure.
Un po' come avere tutto per far bene il compito in classe e dimenticare a casa la penna.
Un po' come avere tutto per far bene il compito in classe e dimenticare a casa la penna.
Non si puo’ curare un sordo
incendiandogli le orecchie. Cosi’ non si sente piu nulla e ci si perde per
strada.
Non solo per qualche allegra
dichiarazione sfuggita ai tuoi stessi seguaci piu’ per frustrazione interna che per una
reale intenzione programmatica.
L’Italia ha capito il rischio
ed e’ corsa ai ripari confermando lo status quo.
Se Renzi capira’ d’esser
stato votato solo perche’ non aveva nessuno contro e l’ Italia e’ stanca di
cambi in corsa e ammodernamenti fittizi siamo
a cavallo e per una volta avremo fatto meglio di inglesi e francesi.
giovedì 22 maggio 2014
Oggi
Oggi
Inscritto
in un assenso
ho visto
il mio verso futuro
.
E' uno sbrego
minimo.
Senza medicarlo,
l'ho raccolto
illustrandogli quel che resta
della primavera.
Inscritto
in un assenso
ho visto
il mio verso futuro
.
E' uno sbrego
minimo.
Senza medicarlo,
l'ho raccolto
illustrandogli quel che resta
della primavera.
domenica 18 maggio 2014
venerdì 16 maggio 2014
Lunatico mare
Stanotte un filo telefonico
Elettromagnetica conchiglia,
ti ha riportata a riva dei
miei pensieri.
Spuma irradiante di dolci
suoni,
E’ destino
Ancora un’onda di questo lunatico
mare
Pur in sogno
Ti appartenga.
domenica 11 maggio 2014
Javier Zanetti: un esempio di semplicita' tattica e fedelta' sportiva
Javier Zanetti e' piu' vecchio di Matteo Renzi di un anno e mezzo. Quarantuno anni ad agosto, una moglie bionda, tre figli, stessa squadra per diciannove anni e 857 partite. L'ultima ieri sera. Un secondo tempo che equivale ad un'altra vita in una partita quella contro la Lazio che e' stato il sunto ideale di una straordinaria cavalcata nella storia di un'anima quella nerazzurra che neanche Ambrogio Bazzero che pure una l'ha scritta (nel 1885), avrebbe potuto solo concepire.
Subito in svantaggio grazie ad un gol di un altro irriducibile del cuoio a scacchi, (Giuseppe Biava), l'Inter s'e' rianimata con il Cavani nerazzurro (Palacio), il Crespo del futuro (Icardi), il Profeta del presente (Hernanes).
Tanto spettacolo per agguantare un misero posto in Coppa Uefa. Il purgatorio d' Europa in attesa la grana indonesiana, schiuda altri paradisi.
Giusto lasciare da dove s'era iniziato. Zanetti era giunto all'ombra della Madunina, con una busta del supermercato in mano e due giornalisti al seguito. Poi s'e'piazzato sulla fascia e' non l'ha piu' lasciata diventando l'incubo delle aree avversarie e il terrore dei suoi possibili discendenti (Macellari, Milanese, Brechet, Gilberto). Alcuni di loro non si son piu' ripresi e han preferito dedicarsi ad altro (Centofanti a Striscia la notizia).
Alieno dallo psicodramma interista Zanetti, avrebbe potuto giocare altri dieci anni e' avrebbe fatto lo stesso la sua bella figura. Le sue gambe possenti han conosciuto pochi infortuni (due ) e stanno al campo da calcio come quelle di Bolt alla pista d'atletica. Ieri s'e l'e' fatta pure lui una pista. Quella di San Siro per andare a salutare i suoi tifosi in osannante delirio. Giusto farlo quando se ne va una pietra angolare del nostro pallone impegnato a diramare controversie, stabilire dinamiche, piantonare carogne.
Javier Zanetti non e' stata una bandiera. Quelle vanno dove spira il vento (Mancini alla Lazio), e spunta la grana (Batistuta all' Al Arabi ) tanto per far dei cognomi ed affermare che in mezzo alle treccine bicolori di West, gli eccessi alcolici di Adriano, e le equivoche tendenze di Vampeta, Zanetti e' stato un esempio di semplicita' tattica e fedelta' sportiva. Chiamato alla Pinetina per correre, ha corso per diciannove anni, nutrendo un trattore nei suoi quadricipiti. Un bel ritorno al passato per chi oggi promuove il cambiamento in autobus e redige leggi all'agriturismo. Scorciatoie che svelano la pigrizia di molti, ed evidenziano ancora di piu' la professionalita ' di Javier Zanetti. L'argentino, giunto alla Pinetina il 13 maggio del 1995 agli albori dell'era Moratti quando l'Inter perdeva piu' del dovuto, se ne va con la bacheca piena e gli occhi satolli di vittoria.
Per altri non e' stato e' non e' cosi'.
Prendete Del Piero. Mandato via dagli Agnelli solo perche' era il migliore e non faceva nulla per nasconderlo.
Guardate Totti. Il miglior giocatore degli ultimi vent'anni. Il primo falso nueve della storia del calcio italiano prima che Guardiola insegnasse a tutti noi e al mondo intero che si poteva far caterve di gol arrivando in porta col passo lento di un bradipo innamorato.
Ammettiamolo, in altre squadre e altri paesi il Pupone avrebbe guadagnato di piu' e sofferto molto meno. Il culto popolare, lo ha sorretto e intrappolato nelle spire suadenti di un amore cinematografico ma non gli ha dato la possibilita' di mostrarsi davvero se non per accecanti bagliori che fanno brillare l'argenteria in soggiorno la domenica, ma non lustrano i pavimenti e non puliscono la doccia il resto della settimana.
Cuore da macchina da presa, baci da Chi, nozze da SKy, un probabile futuro da prezzemolino televisivo, alle prese con un difficile ritiro, ha bisogno del campo per sentire il battito del suo cuore piu' che l'acclamazione dei tifosi. In queste condizioni complicato pensare al commiato, dire addio. Il rischio di deprimersi e' sempre in agguato e un'altro Di Bartolomei e ' assurdo concepirlo.
Eppure i campioni si valutano anche dal loro passo d'addio. Non puo' esser prematuro, (Van Basten), ma non puo' esser ritardato (Zanetti appunto). Dev'esser elegante ed epico, commovente ma non pietoso.
Ieri Zanetti ha lasciato la compagnia dopo averla staccata per 857 volte.
Totti e del Piero invece, stanno ancora li. Come vecchi alpinisti, incatenati alle loro magiche asperita' , chiudono gli occhi sognando altre vette.
Crono, per favore, non li svegli,
Subito in svantaggio grazie ad un gol di un altro irriducibile del cuoio a scacchi, (Giuseppe Biava), l'Inter s'e' rianimata con il Cavani nerazzurro (Palacio), il Crespo del futuro (Icardi), il Profeta del presente (Hernanes).
Tanto spettacolo per agguantare un misero posto in Coppa Uefa. Il purgatorio d' Europa in attesa la grana indonesiana, schiuda altri paradisi.
Giusto lasciare da dove s'era iniziato. Zanetti era giunto all'ombra della Madunina, con una busta del supermercato in mano e due giornalisti al seguito. Poi s'e'piazzato sulla fascia e' non l'ha piu' lasciata diventando l'incubo delle aree avversarie e il terrore dei suoi possibili discendenti (Macellari, Milanese, Brechet, Gilberto). Alcuni di loro non si son piu' ripresi e han preferito dedicarsi ad altro (Centofanti a Striscia la notizia).
Alieno dallo psicodramma interista Zanetti, avrebbe potuto giocare altri dieci anni e' avrebbe fatto lo stesso la sua bella figura. Le sue gambe possenti han conosciuto pochi infortuni (due ) e stanno al campo da calcio come quelle di Bolt alla pista d'atletica. Ieri s'e l'e' fatta pure lui una pista. Quella di San Siro per andare a salutare i suoi tifosi in osannante delirio. Giusto farlo quando se ne va una pietra angolare del nostro pallone impegnato a diramare controversie, stabilire dinamiche, piantonare carogne.
Javier Zanetti non e' stata una bandiera. Quelle vanno dove spira il vento (Mancini alla Lazio), e spunta la grana (Batistuta all' Al Arabi ) tanto per far dei cognomi ed affermare che in mezzo alle treccine bicolori di West, gli eccessi alcolici di Adriano, e le equivoche tendenze di Vampeta, Zanetti e' stato un esempio di semplicita' tattica e fedelta' sportiva. Chiamato alla Pinetina per correre, ha corso per diciannove anni, nutrendo un trattore nei suoi quadricipiti. Un bel ritorno al passato per chi oggi promuove il cambiamento in autobus e redige leggi all'agriturismo. Scorciatoie che svelano la pigrizia di molti, ed evidenziano ancora di piu' la professionalita ' di Javier Zanetti. L'argentino, giunto alla Pinetina il 13 maggio del 1995 agli albori dell'era Moratti quando l'Inter perdeva piu' del dovuto, se ne va con la bacheca piena e gli occhi satolli di vittoria.
Per altri non e' stato e' non e' cosi'.
Prendete Del Piero. Mandato via dagli Agnelli solo perche' era il migliore e non faceva nulla per nasconderlo.
Guardate Totti. Il miglior giocatore degli ultimi vent'anni. Il primo falso nueve della storia del calcio italiano prima che Guardiola insegnasse a tutti noi e al mondo intero che si poteva far caterve di gol arrivando in porta col passo lento di un bradipo innamorato.
Ammettiamolo, in altre squadre e altri paesi il Pupone avrebbe guadagnato di piu' e sofferto molto meno. Il culto popolare, lo ha sorretto e intrappolato nelle spire suadenti di un amore cinematografico ma non gli ha dato la possibilita' di mostrarsi davvero se non per accecanti bagliori che fanno brillare l'argenteria in soggiorno la domenica, ma non lustrano i pavimenti e non puliscono la doccia il resto della settimana.
Cuore da macchina da presa, baci da Chi, nozze da SKy, un probabile futuro da prezzemolino televisivo, alle prese con un difficile ritiro, ha bisogno del campo per sentire il battito del suo cuore piu' che l'acclamazione dei tifosi. In queste condizioni complicato pensare al commiato, dire addio. Il rischio di deprimersi e' sempre in agguato e un'altro Di Bartolomei e ' assurdo concepirlo.
Eppure i campioni si valutano anche dal loro passo d'addio. Non puo' esser prematuro, (Van Basten), ma non puo' esser ritardato (Zanetti appunto). Dev'esser elegante ed epico, commovente ma non pietoso.
Ieri Zanetti ha lasciato la compagnia dopo averla staccata per 857 volte.
Totti e del Piero invece, stanno ancora li. Come vecchi alpinisti, incatenati alle loro magiche asperita' , chiudono gli occhi sognando altre vette.
Crono, per favore, non li svegli,
giovedì 8 maggio 2014
In quella stretta
Incerto annodo
I capi del mio passato
Con la fune caparbia delle
parole.
In quella stretta
Il pianto di un bimbo
Lastrica il futuro
lunedì 5 maggio 2014
Trionfo Juve:quando una terza stella vale piu' di uno scudetto.
Anche se gli almanacchi non lo certificheranno mai, lo dico io e me ne assumo tutta la
responsabilita': ieri la Juventus ha pareggiato. Impattato i conti con le superflue furbate di alcuni suoi dirigenti (Moggi, Giraudo), e cucito una terza stella che si legge 30 ma vale molto di piu. Il riferimento non e' ai famosi 32, ma ad una passione che non e' venuta mai meno nemmeno quando arenarsi sarebbe stato legittimo. In mezzo, quest'anno ci son stati tantissimi alti (12 vittorie consecutive, record di punti, gol imbattibilita' e profondi bassi ( le quattro sberle di Firenze), ma capaci di adrenalicizzare chi della grinta e della rapidita' fa il suo pane e mortadella (Tevez), e leoni dormienti ( LLorente), santificare piedi (Pirlo, ilPapa Francesco di Vinovo), conclamare assi (Pogba) e spazzare via icone del recente glorioso passato (Trezeguet) e dinoccolati giocolieri incapaci del colpo grosso (Vucinic). Se poi sfogliassimo l'album degli orrori bianconeri troveremo anche Anelka e Bendtner, Elia e Osvaldo. Ma non e' il momento di perdersi in buchi neri. E' ora di celebrare la terza stella. Sperando Agnelli, Marotta e Paratici trattengano il Messia bianconero all'infinito e oltre. Antonio Conte non e' juventino e ' basta, e ' la Juventus punto. Il legame che il gianduiotto leccese e' riuscito a creare con il pianeta Juventus meriterebbe un approfondimento di Adam Kadmon. Egli e' buon senso ed equilibrio, ironia e passione allo stato puro.
Mentre il Charlie Brown che e' in ognuno di noi schiuma incertezza, lui filosofeggia sicuro guardando lontano. Con entusiasmo e pazienza allungando misteriose scie nell'aria. Rigorosamente a tinte bianconere. I colori migliori d' Italia.
responsabilita': ieri la Juventus ha pareggiato. Impattato i conti con le superflue furbate di alcuni suoi dirigenti (Moggi, Giraudo), e cucito una terza stella che si legge 30 ma vale molto di piu. Il riferimento non e' ai famosi 32, ma ad una passione che non e' venuta mai meno nemmeno quando arenarsi sarebbe stato legittimo. In mezzo, quest'anno ci son stati tantissimi alti (12 vittorie consecutive, record di punti, gol imbattibilita' e profondi bassi ( le quattro sberle di Firenze), ma capaci di adrenalicizzare chi della grinta e della rapidita' fa il suo pane e mortadella (Tevez), e leoni dormienti ( LLorente), santificare piedi (Pirlo, ilPapa Francesco di Vinovo), conclamare assi (Pogba) e spazzare via icone del recente glorioso passato (Trezeguet) e dinoccolati giocolieri incapaci del colpo grosso (Vucinic). Se poi sfogliassimo l'album degli orrori bianconeri troveremo anche Anelka e Bendtner, Elia e Osvaldo. Ma non e' il momento di perdersi in buchi neri. E' ora di celebrare la terza stella. Sperando Agnelli, Marotta e Paratici trattengano il Messia bianconero all'infinito e oltre. Antonio Conte non e' juventino e ' basta, e ' la Juventus punto. Il legame che il gianduiotto leccese e' riuscito a creare con il pianeta Juventus meriterebbe un approfondimento di Adam Kadmon. Egli e' buon senso ed equilibrio, ironia e passione allo stato puro.
Mentre il Charlie Brown che e' in ognuno di noi schiuma incertezza, lui filosofeggia sicuro guardando lontano. Con entusiasmo e pazienza allungando misteriose scie nell'aria. Rigorosamente a tinte bianconere. I colori migliori d' Italia.
domenica 4 maggio 2014
Pallone sgonfiato
Pare che ieri sera il Napoli abbia vinto la Coppa Italia. La quinta della sua storia.
Gli almanacchi puntellano i brividi di un bollettino di guerra. Sovrastano i dettagli di un corteggiamento elegante che finalmente da i suoi frutti. Benitez ha faticato non poco a dare un'identita alla sua squadra. Insigne quello che piu' ha sofferto la spagnola. calata sotto il Vesuvio . Metabolizzata al meglio solo da chi (Mertens), veniva da climi non infestati dalla principale malattia italiana: il tifo.
Non mi meraviglio poi si faccia figure da paria in campo europeo.
Non lo siamo. Europei intendo.
Matteo Renzi e i suoi munifici sberleffi si mettano l'animo in pace.
L'Europa richiede organizzazione e sangue freddo.
L'Italia invece, acconcia covi e coltiva serpi e finche' non le snidera' tutte, e'cosa buona e giusta, far la fine dei topi di cui come sapete i succitati rettili son ghiottissimi.
Urge quindi un disinfestatore. Prima che il gioco piu' bello del mondo si disintegri, e tutti si resti smoccolanti prigionieri di un pallone di cuoio sgonfiato sul piu bello.
Gli almanacchi puntellano i brividi di un bollettino di guerra. Sovrastano i dettagli di un corteggiamento elegante che finalmente da i suoi frutti. Benitez ha faticato non poco a dare un'identita alla sua squadra. Insigne quello che piu' ha sofferto la spagnola. calata sotto il Vesuvio . Metabolizzata al meglio solo da chi (Mertens), veniva da climi non infestati dalla principale malattia italiana: il tifo.
Non mi meraviglio poi si faccia figure da paria in campo europeo.
Non lo siamo. Europei intendo.
Matteo Renzi e i suoi munifici sberleffi si mettano l'animo in pace.
L'Europa richiede organizzazione e sangue freddo.
L'Italia invece, acconcia covi e coltiva serpi e finche' non le snidera' tutte, e'cosa buona e giusta, far la fine dei topi di cui come sapete i succitati rettili son ghiottissimi.
Urge quindi un disinfestatore. Prima che il gioco piu' bello del mondo si disintegri, e tutti si resti smoccolanti prigionieri di un pallone di cuoio sgonfiato sul piu bello.
sabato 3 maggio 2014
Piume d'angelo
Ogni rigo
E’ uno spillo
Ficcato nelle carni.
Fare il fachiro
Dei propri sensi
Non e’ cosa
Per chi ha
Piume d’angelo
nel cuore.
.
giovedì 1 maggio 2014
Maggio
GIORGIO CAPRONI
Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all'odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall'osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di magg
io.
da Finzioni, 1941
si fanno lunghe; e all'odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall'osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di magg
io.
da Finzioni, 1941
Iscriviti a:
Post (Atom)