mercoledì 25 agosto 2010

Il tempo di un post


"Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché?... Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me" (Sakineh, 43 anni, condannata a morte per adulterio).

Me lo chiedo anch'io Sakineh.
Me lo chiedo e maledico la mia inettitudine telematica che mi impedisce di inserire qui una tua foto.
Una foto che racconterebbe più di tutte le parole qui presenti le insensate contraddizioni del tuo mondo.
Ma siamo poi così diversi? E poi così diverso il tuo mondo dal nostro?
Non lo so.
E così di fronte a tanta ignoranza quando anche i gesti non servono più le parole cercano un dirupo dove buttarsi.
Il mio è questo blog.
Guardo fuori dalla finestra. C'è ancora il sole. Ma è un trucco. Penso a te Sakineh e il cielo mi sembra disabitato.
E penso a quelli che consumano cento anime al giorno, e prima che l'alba prenda il fucile si tolgono i segni difficili da spiegare. Perchè l'amore è soprattutto prendersi cura della sofferenza dell'altro. Quelli invece al massimo cambiano il Clinex e vanno di bacino.
E resto qui dove anche le bestie piangono e le cicale (quando ci sono), cantano per disperazione.
Vorrei disperdermi sul mio tutto che non è niente e barattarlo in cambio della tua vita.
Vorrei strapparti ai tuoi giustizieri e proporti un viaggio nel tempo. E giunger fin lì. Fino a quel tempo. Quel tempo quando (ne sono certo), il tuo cuore faceva le capriole con i sogni. I tuoi.
Ma non posso.
E così quando anche i gesti non servono più le parole cercano un dirupo da dove buttarsi.
Il mio è questo blog.
Vi sono posti dove il sole lo prendono e lo uccidono. Vi sono posti dove l'amore è vano.
Scrivo lento oggi. Ma non importa...
Me ne frego se la notte verrà a mordere e a divorare.di pensieri la mia testa; ora con il cuore messo a ferro e a fuoco da mille rimpianti, non posso che volerti bene per il tempo di un post.


Ps:
Prima di salutarti Sakineh, voglio dirti una cosa: se ti perderemo sulla parola umanità non indagherò più...

sabato 21 agosto 2010

Carta d'identità


Ci sono cose che non si possono dire. Nemmeno all'ufficio anagrafe.
Appartengo a una razza disgraziata, estinta, senza diritto di cittadinanza.
C'è solo un problema: non sono un panda,nè un koala quindi chiedere l'intervento del WWF per me risulterebbe superfluo e presuntuoso. Ridicolo persino.
Vivo in una galassia sconosciuta abitata da esseri armati fino ai denti, ossessionata dall'amore che non conosce e al massimo biascica, fino a rantolarlo disperata nell'ora della morte.
Non è bellissima ed è coperta costantemente da una nebbia sottile ma persistente che costringe chi ne è colpito ad occuparsi di tutto tranne che di quello che è davvero importante. Non offre molte opportunità ed è per questo che rivendico il diritto di sognare. Altro non so fare.
Oggi però nella disperazione dilagante il mio cuore s'appiccica su tutto quanto è buono.
E così di fronte ai raggiri altrui, la luce che mi sostanzia tuonando dal fondo del mio cuore si disperde cadendo come foglia morta.
Purtroppo i fagociti li ho visti solo in "Siamo fatti così" gli spazzini sono in sciopero permanente. Gli esseri umani? Cadaveri in permesso.