venerdì 30 dicembre 2016

L'abbaglio dell'illuso

Uno stormire d’ali sulla punta della lingua.
Con impertinenza impone sfizio.
Quanti anni, più svagati d’una foglia,ratti e smarriti. Di là dalla cinta difforme, dove mi saldo, filano ristrette, sprezzanti insidie. Sul fondo un ‘ombra s’affanna a sottrarsi:
ma non diserta, dente dal ciglio  edile – è un rodimento di schizzi, l’abbaglio dell’ illuso  che nello sgabuzzino linea acuto, e scaltro, situando tremiti  anni .



venerdì 23 dicembre 2016

L'atmosfera natalizia ? Una merda

Buonasera.  Il mio nome è Gaetano. Ariete ascendente Cancro. Ho appena pestato una cacca ma fa niente.

Perché esprime necessario sinonimo, la mia opinione sul Natale e l’atmosfera natalizia ad essa purtroppo congiunta.
L’atmosfera natalizia è una merda, almeno per me, in particolare a due giorni dal Natale. Sarà che devo fare ancora tutti i regali. Ma non avendone mai ricevuto uno non sapendo bene cosa sono mi rifugio nel solito pacco e ci faccio un fiocco che a ben pensarci a Natale una croce non conviene .
Come non conviene niente. Nulla che davvero ti appartenga perché a Natale tutti bisogna, esser buoni e tutto è degli altri. Anche di chi non hai mai visto e rapido s’infratta dalla parte  giusta del fritto. Te stesso . Distrutto, incazzato e triste  scivolato sotto il tavolo come un pesce lesso dall’occhio smorto .
Perché l’atmosfera natalizia è una titanica trincea di brindisi e ipocrisia. Con le forbici del parentado  a radere al suolo qualsiasi buon auspicio.
E tu zitto che è meglio a incarognir rotule e gambaletti estranei perché è così e basta.
L’atmosfera natalizia è quella cosa che se anche sei imbestialito non lo puoi far vedere, perché altrimenti non sei sintonizzato con “l’atmosfera natalizia” e la gente pensa e i parenti grufolano “ma che stronzo deve essere questo che non ride neanche a Natale?”. Il risultato è che implodi sazio, se possibile, stai peggio del solito, ma col sorriso.
L’atmosfera natalizia è quella cosa per cui tu hai sempre le solite 996624 cose da fare come nei giorni inutili tipo il 28 agosto, ma le devi sommare a quelle del Natale (“organizzare la Vigilia”, "organizzare la tombolata", "organizzare la bicchierata"), il ché rende la tua vita impossibile.
Ci sarebbe anche la scopata ma alla fine di tutto questo organizzare ti senti sfasato come un cubo di Rubik tutto da incubare e magari accudire come da bambino quando avevi la febbre, ma al posto del brodino ricostituente e il Mangia e bevi alla pera rincuorante c’è all’angolo del camino  una ramazza befana e arcigna che il pene si flagella automatico, masochista e  silenzioso. Perché la castità fa buona famiglia ma se a trentaquattro anni non sei sposato o non hai una separazione in corso, non sei in pace con la vita e adombri sinistro ragnatele in salone.
Che per l’occasione mutano in centritavola ottocenteschi e vanitosi. Ma nessuno se ne accorge di solito.
Tutto fa tovaglia quando l’importante è arrivare vivi al capitone. Apparte le tradizioni.
Loro, si rispettano e basta. Senza esclusioni di portate.  Nel caso le portate sian di meno, perché sei a dieta da quasi due anni e tutto non puoi mangiare, devi comunque contribuire.
Contribuire alle tradizioni. Ancora solo e sempre loro a Natale . La più importante è quella dei regali, nata 2016 anni fa grazie ad alcuni astuti negozianti di Gerusalemme che avevano rogne con i fondi di magazzino (“Sfruttiamo la nascita del Bambinello per far girare l’economia, altrimenti sono cazzi ed Erode spiana pure noi”).
 Divagazioni bibliche a parte, fare i regali è una delle cose più difficili in natura. Lo pensano tutti, anche quelli che ti dicono “che bello fare i regali” o quelli ancora più infami del “io preferisco farli che riceverli”. Questi ultimi di solito sono anche quelli che ti dicono “non voglio nessun regalo, mi basta il tuo sorriso”, ma se poi gli regali un panettone riciclato non ti parlano più fino alla pentecoste e vanno in giro a dire che sei un barbone. Ché se hai la barba come nel mio caso, alla fine, ci sta pure, ma quando discendono al pezzente non sta bene e allora anche se non ti va vai a comprare regali. Ché io non ne ho mai ricevuto uno ma dice che a Natale si usa.
Quando vai a comprare i regali vorresti incazzarti molto perché i prezzi sono altissimi e i negozi sono pieni di gente furibonda come te che però fa finta di niente perché “è Natale”. Il risultato è che paghi tutto più del dovuto e ti girano molto, ma non puoi farci nulla. Alcune commesse lo sanno e provocano: “Se trova il prezzo eccessivo torni pure a gennaio che ci sono i saldi”. E tu: “Eh ma io ho bisogno un regalo per il 25 dicembre, funziona così di solito”. E lei: “Il 25? Ma pensa. E allora sono cazzi suoi”.
La tradizione dei regali dopo i trenta anni diventa ancora più una merda. Prima dei trenta fare i regali è sempre un rogna, ma almeno li fai quasi spontaneamente. Dopo i trenta, invece, la gran parte dei regali sono vergognosi “atti dovuti” a gente che non te ne frega una minchia: la cravatta da dare al padrone di casa, la confettura comprata al mercatino da dare alla nonna , il pandoro mandorlato da spedire all’amministratore di condominio per boicottare la votazione sull’installazione del climatizzatore centralizzato, la bottiglia di prosecco “da portare alla cena”.
Tra tutti i ricicli peggiori, quello del prosecco o finto champagne da portare alla cena è nettamente il peggiore. Seguitemi: vai alla cena dell’ingegner Rutti, porti in omaggio la bottiglia di prosecco che ti ha portato tuo cugino alla cena del giorno prima, Rutti ti dice “graaaaazieee, buona questaaaa!”. E mentre la porta in cucina pensa “col mazzo beviamo la tua brodaglia, ho comprato le mie e beviamo quelle”. Il giorno dopo l’ingegner Rutti va a un’altra cena e mentre pensa “cosa porto a casa di quello stronzo di Scognamiglio?”, vede il tuo prosecco abbandonato e così via. Il risultato è che alcune bottiglie girano indisturbate per le case degli italiani anche da venticinque o trenta anni. Anche con i panettoni funziona bene, ma questi ultimi non superano mai i cinque o sei anni per questioni di muffe sospette che bloccano alcuni ospiti con ancora barlumi di coscienza (“Che facciamo, portiamo il panettone dai  Tafani anche se ha la macchia di muffa?”. “No dai, la signora Tafani ha l’occhio clinico e se ne accorge, rischiamo la figura di merda…”. “E allora che gli portiamo a quello stron…”. E lì di solito appare il prosecco.) Uno e trino. Come Dio ma con meno illusione.

Vorrei proseguire parlando dei presepi che al posto delle statuine originali hanno le sorprese dell’ovetto Kinder o quelle dell’IPERSTANDA (ho visto degli “Happy Hippo” al posto del bue e dell’asinello, ma anche truppe di Dart Fener al posto dei Re Magi), vorrei parlarvi della crudeltà di certi centri commerciali che obbligano fior di padri separati alla caccia di alimenti a vestirsi da Babbo Natale per 7 euro all’ora, vorrei parlarvi di quanto sono stronzi i bambini che non si sa come, ma a Natale attivano la modalità “rottura di coglioni costante”, ma purtroppo abbiamo già perso troppo tempo. Sappiate solo che per andare a comprare “un giochino per il nipote dei Fiaschi Non puoi andare a casa loro senza un giochino per il piccino…”, oggi ho pestato una cacca. Con una mossa da contorsionista ho frugato nel cappotto un fazzoletto di carta. Niente.  Alzando gli occhi ho sperato nella mano benevola di un passante. Il passante è passato impassibile. Sacramento non cacato ho evacuato un ulteriore: “Mi scusi, ma è Natale…”. E lui: “E a me che cazzo frega?”. Duro ma sincero. Almeno lui perché il resto, Natale, Stefano e Silvestro è tutta una truffa. Anzi no… Una merda come quella attaccata forte alla suola delle mie scarpe… piuttosto: siccome dovrei tornare a casa e non vorrei sporcare lo zerbino c’avete mica un fazzolettino di carta?

domenica 11 dicembre 2016

Bim Bum Bam: un manifesto politico più che un programma d'intrattenimento

Spesso la Tv dei ragazzi è stata catalogata, sul fronte della potenza creativa, come un fratello minore della Tv.
«Buona eh, anzi brava a congegnare prodotti d’intrattenimento catodico», era ed è il ritornello in circolo, «ma non sempre in grado d’'interpretare i sismi dell'Italia tardo novecentesca».
Parole con un fondamento reale, nel senso che alla distanza ha vinto l’asprezza quotidiana scaltra a fornire depressione e crudezza.
E questo è banale, comune, frequente.
Però poi c'è l’altra faccia della medaglia da considerare, cioè  la capacità di alcuni programmi nel prevedere - e incarnare, pure, con esattezza feroce - la decadenza della dignità italiana.
Un'operazione tanto  eclatante nella sua video-essenza, quanto verificabile oggi a partire dalle dieci e trenta grazie a Mediaset Extra, che a trentacinque anni dalla nascita di "Bim Bum Bam " ne ripropone le imprese.
Non materiale sbiadito dall'archivio, ma la conferma della sintonia tra quel programma e l'epica berlusconide.
Altro che la malinconia attuale in vendita a cinesi dilazionati;
altro che la costante accusa rivolta a  Mediaset di alimentare una tv del nulla, tra canzoncine madri di gran diritti d'autore e impianti scenici che inumidiscono  gli occhi.
No.
" Bim Bum Bam”  era molto di più, a partire dal titolo che in automatico si discostava da un universo intero (quello del servizio pubblico, appunto) per rimarcare il liberismo di una terra sgombra da morali e vincoli disposta a scommettere sui più piccoli.
Un ipermarket del disimpegno destinato  ad accompagnare miriadi di bambini canticchianti dalle quattro del pomeriggio hit su hit come analgesico collettivo contro le inquietudini, le paure e la tentazione di ribellarsi al demone della superficialità.
Un manifesto politico, più che uno spazio d'intrattenimento.
Un avamposto dove l'ipocrisia trovava ampia accoglienza alternando il virus di consumismi infanti e di piagnistei adulti a surreali slogan contro la dittatura dell'effimero (vedi Bonolis ripudiante pietoso.la nauseabonda Caciotta Fetecchia)
Lo stesso mix di vero (poco, pochissimo) e falso (tanto, tantissimo) adottato dopo Tangentopoli dai leader post ideologici.
Lo stesso spirito creativo e (auto) distruttivo che ha reso Bim Bum Bam unico:
passando dal trasformismo cigliato di Cristina D’Avena – vero nume tutelare della trasmissione  - ai dischi venduti dai Bee – Hive fino alla manipolazione della già blanda volontà popolare .
Arresa quest’ultima a Uan pupazzo animato di peluche rosa con il ciuffetto fucsia dalle sembianze di un cane pestifero e irridente a iosa ma serbante fiero e intero dell’essenza stessa dell’infanzia quella dolcezza fragile che induce a una carezza, a un tono di voce morbido e comprensivo delle ingenuità implicite in quella condizione anagrafica.
E poco importa e nulla vale lagnarsi severi se s’ingozzava di cremini.
Dietro quell’involucro zuccherino c’era la rivendicazione di un donarsi autentico invalidato dalle altezze adulte.
Una domanda aperta che chiede ancora riscontro nonostante i tentativi di Maria De Filippi di  anestetizzarla  in sabati fragili e lagnosi.

 Bim Bum Bam è arrivato prima. Tutti i pomeriggi per vent’anni a proporre lo scontro tra adolescenti e adulti. Uan e poi Ambrogio son stati questo.  Bambini prima, adolescenti poi, con il privilegio di poter sfidare - nonostante il loro fisico villoso - le autorità ostili dell'era contemporanea.
Quanto basta perché i piccoli spettatori, a casa, potessero immedesimarsi nelle loro gesta e assorbire il primo insegnamento della loro vita:
quello che tutto, un giorno, sarebbe potuto diventare possibile, e rinunciare a sognare le più mirabolanti imprese un delitto.

Sempre.

sabato 3 dicembre 2016

Domopak C'Urso

Non m’interessa il referendum.
Il fatto non serva raggiungere il canonico cinquanta per cento per renderlo effettivo, determina già un alone di resa e sfiducia sulla questione.
Affrontata inoltre dai contendenti in modo  non soltanto consunto, ma anche profondamente vecchio.
Logico, in questo  senile contesto, correre ai ripari e servirsi di una badante.
Barbara D'Urso.
Non una guardia qualunque, ma l’adunata somma della tv corrente:
Quella in cui la brutalità equanime del mezzo non trova opposizioni nella carcassa di chi la accoglie, fluendo anzi paciosa negli intelletti meno informati.
Una furfanteria d’insigne livello.
Ma anche l' espediente bramato dai prepotenti della politica, che attraverso poppute ospitalità giungono a grandi platee, larghi seguiti, e ovviamente ampie lusinghe di affermazione finale.
Ecco dunque che a dominare, a poche ore dal voto, è la nuvola di  fumo
in cui Renzi e Berlusconi e i loro rispettivi seguaci si sono inabissati, lasciando che a scandire i tempi e i modi della loro contesa sia il riso ciarlatano di un’ex attrice, garrulo, contrappunto tra la confusione in testa di molti e il tacco rialzato ai piedi di qualcuno che a far caos e funambolismi, vari e meschini si diverte tantissimo.
Matteo Renzi e Silvio Berlusconi appunto.
Patriarchi  dell'ultra-pop, in fin dei conti.
Con Barbara D’Urso in mezzo.
Domopak dentro cui le solite parole, e le altrettanto consuete frottole promozionali, acquisiscono l’effluvio di quegli  elisir in palio al tiro a segno dei luna Park:
stucchevoli , mediocri, ma accattivanti in quel sfavillio di gradazioni e boati.
Tantissimi in questo 2016.
Il voto non potrà accendere la viola, nella crepa di un muro inaridito. Il verbo della politica è spoglio di senso. Il paese è spaccato e non  sarà l’ennesima croce ad aggiustarlo
E resta sola la malinconia popolare.
In attesa del prossimo raccolto abbaglio:
Dove?

Sul sofà della D’Urso, ovvio.

martedì 8 novembre 2016

Mirabolanti acquisizioni novembrine

Son contento.  Non accade spesso. Rimarcarlo più che un dovere di cronaca, è un prodigio. Inevitabile quindi condividerlo con tutti voi. 

lunedì 17 ottobre 2016

Scatole

 Scatole.  Scatole di cellulosa. Che dire cartone fa barbone . Anche trascurando la deriva comune, squadrante zavorra stipata di fretta, sono davvero curiosi i diversi fati che interessano ogni più piccola parte di esse.
A volte queste nascono come parte di un filo d’erba. E durano  il tempo di una stagione.
Altre volte nascono albero e finiscono per restare imprigionate decenni nello stesso posto. Poi l’albero cade nel bosco e ogni sua particella torna alla terra i suoi elementi. Oppure no, è tagliato dal boscaiolo. Allora l’albero diventa trave di una chiesetta e la scatola scruta millenaria pii seguaci un dio smorfioso.
Oppure diventa cassetta per la frutta. Scossa, celere, pressata, coperta, posta, respinta.
O può diventare fascina da incenerire. Il calore dilata e con letizia la particella è annientata nella vampa seducente di un caminetto.
Altre volte la scatola diventa mucchio di fogli e finisce in imballi di quotidiani, libri o quaderni.
Non so cosa pensino di preciso le singole parti di una scatola di questa piccola  rifrazione scritta. Ma so per certo che alcune di loro possono essere molto fiere del loro ruolo.
Alcune di loro sono diventate carta di block notes, su cui ho scritto una lettera anni fa, dal cuore di una mancanza. A una lei che tornava in autobus, mentre il mio tempo scarpinava vuoto. Una nuova amica che non era una conquista. Era un’amica destinata a restare amica a lungo. E queste precisazioni sono fuori luogo, davvero in fondo. Una armonia fatta di imbecillità e intelligenza, di svago e responsabilità, di serenità e pasticcini.
Non c’era infatuazione, no. E quella non è  e non sarebbe giunta neanche dopo. Ma c’era una lettera che  raccontava di questa disponibilità nuova. E tanto basta a fare tratti e memoria quando è  la barra metallica di una tastiera a orientare una vita. Ora di nuovo zeppa in una  particella di cellulosa.
Quelle particelle di cellulosa hanno resistito agli anni e alla noia, finendo in fondo a una scatola di scarpe pronta al trasloco. E poi, d’improvviso hanno rivisto la luce e hanno riportato a lei i ricordi e il calore di quel giugno.
E ora?
Leggo nelle striature del crepuscolo il futuro, chiedo di lei, e di me e della nostra zuccherosa solidarietà . Lo domando a questa luce che non vuol finire e sembra finalmente voglia dirmi qualche cosa, rivelarmi un segreto.
« Sai quel luogo che sta tra il sonno e la veglia, dove ti ricordi ancora che stavi sognando?" Quello è il luogo dove io ti amerò sempre... Peter Pan! » dice Trilli al giovane innamorato
Ed io resto aruspice del giorno perso a rimirare il cielo verso ovest.


domenica 9 ottobre 2016

Maria De Filippi:: Comunque vada, c'èntra sempre lei

No, non è possibile. Comunque vada, c’entra sempre lei.
La guardi in faccia in TV, oltrepassando la sua asperità  vocale e il contegno glaciale da pavese in rotta, e moli al volto di una donna capace, scaltra nel governare il mezzo catodico.
Dopodiché però inventari l’apporto che davvero accorda ai media italiani, e registri con orrore quanto sadica sia nell'animo:
ovvero quanto sia rivolta alla confezione -o confettura- di strazi, mantenendo al tempo stesso l'aria immune da doli che le consente di muoversi incolume.
Basta d'altronde un veloce elenco, per sprofondare nel Mar dei Disagi:
dalle pop lacrime di "C'è posta per te", alle pop e basta dei rintroni unisex, snonnati  e gay   pomeridiani, fino alla  pezzenteria traboccante che produce ad "Amici" e l'ultimo gioiello titolato "Tu si que Vales” la solerte copia di "Italia's got talent", passato nel frattempo dalle parti di Sky.
In apparenza, l'upload della "Corrida" di Corrado, ma giusto in apparenza.
Perché mentre il signor Mantoni s’innalzava a mallevadore del pubblico, fronteggiando l'imperizia anche rude di certi concorrenti con il suo candore, Lady Maria e complici (Gerry Stacanovista Scotti, Rudy Ignoto Zerbi e Teo Disperso Mammuccari) puntano all'esatto opposto:
ovvero esaltare nei
panni dei critici il lato oscuro d’ Italia celandosi frattanto dietro il sacro status di VIP.
Iersera, ad esempio, il peggio di "TU sì e sorvoliamo sul talento" non son stati tali Selfiesti Anonimi che sciamano la vita a elemosinare click con VIP, e nemmeno il fondo si è raggiunto quando un ciccione agile e analfabeta salticchiava sulle note di Bailando .
Niente affatto.
La discesa agli inferi ha avuto ancora una volta per Caronte Maria De Filippi, nell'occasione accanitasi contro una ragazza, colpevole non tanto di voler lanciare (e questo è bene) un messaggio contro la violenza sulle donne quanto di aver confidato a Maria e soci i suoi problemi familiari.
L’incentivo ideale perché Lady Mary tentasse di detergere l’atmosfera posticcia e pregiudizievole del suo show con quel nero che fina e sta bene su tutto. Una posa questa, che avrebbe dovuto   garantirle una salva di fischi e strombazzamenti seriali come avveniva proprio alla “Corrida” , e invece è stata gratificata dai soliti ascolti.
Segno che gli italiani, in questa fase, hanno molto da piangere, ma preferiscono quando possibile farlo sulle disgrazie altrui.
Salvo sorridere, pochi minuti dopo a "Tu si que vales ", con il milionesimo illusionista che alberga in questi show.
Quello che serve a mascherare la molestia subliminale dell’ennesimo strazio artificiale cui il telecomando ha dato riverbero.
Senza illuminare, risolvere, sanare.  Gemme che sanguinano repenti . Una ogni tre giorni. Ricordatelo.

sabato 1 ottobre 2016

C'è un delta anche per l'ipocrisia

Che nulla accada e niente si dica  e’ una magagna per differire l’inverno.
Da lontano si battono i denti comunque come si disponessero a un permanere migrante. Abituati alla resa, non spregiano squilibrio. C’è un delta anche per l’ipocrisia. E noi?
Ci stiamo dentro giocando alla vita.


giovedì 29 settembre 2016

Gli ottanta anni di Silvio Berlusconi e il modo in cui Mediaset ha deciso di onorarli

La notizia bomba è che oggi, dal teatrino biscione di Mediaset, è uscito un pensiero potente, e definitivo anche, che in quanto tale -come a volte capita, anche nelle migliori famiglie- non ha ottenuto il giusto riscontro.
Opportuno quindi, riproporlo in serie per confondere il peccato e mutarlo in gratitudine e innocenza.
Il riferimento e il caso son gli ottanta anni di Silvio Berlusconi e il modo in cui Mediaset ha deciso di onorarli. Dentature efficienti e ossessive floride di aneddoti e antenne. Di una supremazia traditrice e corrente.
Il tema, attenzione, non è da rubrica di Luciano Onder, bensì da fenomenologia della politica, ormai sempre più slegata da una fisicità effettiva, e trasfigurata in un tortino di auguri, sorrisi grati, trasposizioni televisive e suggestioni virtuali in salsa varia e avariata.
Il corpo vero, più o meno flaccido, più o meno sudato, più o meno impresentabile, quello di qualche deputato o sottosegretario che incroci per strada o sul sedile accanto del treno, è soltanto una protesi, un impiccio, uno strumento antico con cui fare i conti in vista del tracollo. E questi conti, è palese, non importano più a nessuno. Perché la vecchiaia assolve e un compleanno rabbonisce e guasta il flusso spazio temporale annichilendo gioioso tutto. Quello che si dovrebbe dire e genuflesso in un riverente inchino, pur sofferto improvviso soggiace al gaudio generale.
Per questo, il popolo più o meno della libertà non ha ancora mandato a casa il suo esausto leader, fragile contenitore di acciacchi e follie. E sempre per questo, è ostico per l'opposizione sostituirlo con un altro capo altrettanto evocativo. La potenza di Berlusconi, il suo sulfureo totem, è, infatti, estraneo al corpo: lo respiri nell'aria, nell'etere e nelle cose come un vizio da cui è difficile guarire. Anche il rottamatore Renzi non  ne è stato immune e i grillini l’han in qualche modo subito pur a distanza.
Merito o demerito, fate voi, della televisione e del suo figlioccio web, insuperabili nell'esibire il falso.


giovedì 22 settembre 2016

La tristezza

Aspetto sconvolto da decrepite faglie. Spurgo infinito crepuscolo,nel sogno di un graffito infante prospiciente il concreto di una casa.
L’istante  invece convoglia un groviglio di visi cerei mentre piomba l’autunno sul patio di una sprovvista evacuazione. Sconvolto da imposta caligine, seguito ad aspettare:
La tristezza è vivere svezzandosi a silenzio e riso scotto.

domenica 4 settembre 2016

Brani

Brani a supplire l’incuria di un’inesattezza congenita.  Quasi un segno del destino se non si fosse realmente verificato.
Nel mezzo di un  “ salva con nome” che non arriva discese troppo corte per sciogliere l’affanno assorbendo fetori di acredine e oblio.
C’è sempre una parola che respira in tutte le altre e non compitarla per intero trancia di netto un sonno snannato di carezze  vispe sazianti notte.
C’è sempre un segno verso la fine una ruga profonda che ieri non c’era una rondine che si appresta a partire nell’accorciarsi di luce di una stagione finita.
Che sia nella densità di una diffusa sottrazione l’incanto vero della vita?
L’orizzonte prossimo a incupirsi fa da albero maestro.

E quasi autunno è un po’ me ne spiaccio come chi ricorda una perduta giovinezza spalle incurvate sotto un peso involuto attaccabile  frattaglia di una fortezza
 mancata.

mercoledì 24 agosto 2016

Trema

 Trema. È una piena
di collassi
di ruspe o gridi d’infanti.
Trema
un cielo carico di
nuvole.
Trema
sulle braccia ciondoloni

in queste ore di tregua
collettiva.

Trema tra Lazio, Marche e Umbria trema
sfacciato
dissesto.
Trema
sulla novella diva
di aliene fasi,
introiettate in un baleno in un bilancio provvisorio.
Trema sui resti dei corpi inchiostrati 
di retorica statale.
Trema la Settimana Enigmistica
Sul sofà mangiucchiato ai bordi ,

Trema l’aquila laziale,
 trema la Via Salaria,
Trema la pigrizia
burocratica .
Trema
sul trionfo del Caos
che Gaia concede,

Trema sulle insufficienze
unanimi
 e farlo presente  davanti a tutti
e metterlo in chiaro una volta per sempre.
Trema sui paffuti ideologismi
di primati dirozzati,
nasi sospesi nelle orbite oculari ,
 sul grugno
dei politici sereni
o ingenui,
trema la  rotta
del dissenso,
trema “ la ripresa è vicina”,
trema
sugli olivi  sofferenti  e millenari , sciagura
per duraturo sbadiglio.
Trema,  trema tutto, ma dove siamo presenti
non è rovina né frangente,
trema perché se non siamo
è solo  Colpa e può schiacciare .


sabato 20 agosto 2016

Buon campionato a tutti!!!

Il mercato è una landa di sogni incontaminata dal misfatto dello sbadiglio cui solo la prova del campo offre l’esattezza delle sue chimere.

Meno lontane a giudicare dal flusso di denaro circolato in questi mesi. Tanto, troppo, esorbitante.

Appare quasi naturale a poche ore dall’inizio del campionato  di calcio, accamparsi languidi sull’amaca del vaticinio immaginando esiti, classifiche, posizioni. Perché l’immaginazione è il kamasutra dello spirito e lo spirito in tanta uggiosa e ottusa materialità aiuta.

Sorreggete anche voi quindi quanto state per leggere, e perdonate se nell’impeto della discesa, qualcosa, sarà sfuggita .

 Il primo settembre a contrattazioni chiuse, la riprenderò.

Atalanta 6 Dopo anni di salvezze scorbutiche e sparagnine targate Reja, Percassi prova la svolta spettacolo optando per Gian Piero Gasperini  chiamato a esportare il suo credo calcistico tutto sprint e attacco oltre l’amata Liguria.
Dovrà farlo con una squadra al momento incompleta e digiuna di difesa a 3, priva a centrocampo ,delle geometrie e il fosforo di Cigarini e De Roon . Sulle fasce occhio a D’Alessandro e spazio davanti al rientrante Paloschi uno dei tanti italiani che fuori  dai propri confini di pertinenza ha fallito. Basteranno per centrare l’ennesima salvezza? Certo che sì ma ci sarà da soffrire.

Bologna 5,5 .   L’autoesclusione di Diawara e il mancato riscatto di Giaccherini costringeranno Donadoni all’ennesima impresa . Nagy e Krejci per quanto promettenti pagheranno qualcosa in termini d’ambientamento e non assicurano immediati risultati. Ottimo in tal senso l’innesto in mediana di Dzemaili .  Da tenere assolutamente il francese Mounier appetito dal Crotone . Verdi infatti, ha una brio incredibile e numeri da campione ma è troppo discontinuo e fragile per supportare adeguatamente il vorace Destro.  Da ultimo se n’è andato anche Rossettini direzione Torino sponda granata.
In mezzo a tanti cambiamenti l’unica garanzia è Roberto Donadoni. Più di altri meriterebbe grano e prestigio. Sta signorile e silente a sbuffar polvere e smussar granito.  Tranquillo. Sarà premiato anche stavolta.

Cagliari 6, 5 Tommaso Giulini patron del Cagliari è cresciuto alla corte di Massimo Moratti respirando a pieni polmoni l’eccitazione di grandi vittorie. Come il suo mentore, il numero uno sardo non ha badato a spese per costruire una squadra competitiva e assolutamente in grado di ben figurare nel calcio che conta.  Uomini come il campione d’Europa  Bruno Alves ,  Isla , Padoin ,Ionita son innesti preziosissimi nella corsa salvezza. Integrati a meraviglia in un centrocampo arricchito dalle incursioni rapinose e testarde del moldavo Ionita e dalle invenzioni di João Pedro c’è tutto e anche di più per stupire e sognare traguardi più ambiti di una semplice salvezza. In avanti Borriello e Sau , tra un selfie e belle donne sorridono felici. Quest’anno sull’isola ci si divertirà da matti. Speriamo Rastelli sappia godere di tanto ben di dio.  Fallire sarebbe criminoso.

Chievo 6 . Nel piccolo quartiere veronese nulla è cambiato. Se non il portiere. Via il grande Bizzarri è arrivato il magnifico Sorrentino.  Non l’acclamato regista.  Ma quello che serve comunque  per salvarsi. Sarebbe stata utile altresì un pizzico di imprevedibilità in più ma s’è evitato il tifone Balotelli e tanto basta a esser felici . Perché allora un voto così cauto? Perché tanta immobilità potrebbe generare nella squadra false sicurezze e morbide motivazioni. Tutte da verificare quelle di Maran che a giugno voleva andar via.
Spiace infine,che in una squadra tanto esperta, non sia stato confermato Simone Pepe. Le sue bollicine seppur falcidiate da mille infortuni, avrebbero fatto comodo a una squadra mogia. Forse troppo.

Crotone 4 Il diesse Ursino ha deluso. Chiamato a rinforzare la squadra in sede di mercato con quegli elementi atti a conferire esperienza a una squadra giovane, l’ha infarcita di stranieri e scelte incomprensibili. Ad iniziare dalla panchina dove è stato chiamato Davide Nicola uno che è famoso per aver dato un bacio a una poliziotta dopo aver segnato  un  gol in un derby e poi basta.
Perché una volta diventato allenatore non ha mai colto risultati di rilievo. Quali meriti lo abbiano portato sulla panchina pitagorica è un mistero. Come oscuro pare tutto il mercato crotonese.
Viepiù orientato a giocare con le tre punte, non pare avere gli uomini giusti per interpretarlo.  Simy in avanti è una scommessa e Tonev a Frosinone oltre a tiri sballati non ne ha mai imbroccata una.
Ergo forse Budimir andava trattenuto e per il volenteroso Palladino sarà durissima.

Empoli 6 . A dieci giorni dalla fine del mercato la sufficienza la merita tutta. Al netto delle partenze di Tonelli, Mario Rui e Paredes, Cosic , Pasqual e Maiello non son proprio da censurare. Se poi restano Saponara e Pucciarelli, la salvezza è ampiamente possibile.  Per non parlare dell’inossidabile Gilardino cui toccherà giocarsela davanti con l’altro vecchietto terribile Maccarone.  Non proprio pochissimo sul treno salvezza. Unica incognita Giovanni Martusciello in panchina. Grintoso ed essenziale, in campo è alla primissima esperienza da allenatore. Tuttavia aver avuto maestri come Sarri e Giampaolo, gli avrà giovato e non potrà non far bene.

Fiorentina 6, 5  Silenzio parla Corvino. Restaurare in tal sede il popolare motto corredante la pubblicità della rinomata pasta non è peregrino. Il povero Pantaleo di ritorno da Bologna , non ha potuto contare su un budget all'altezza facendo incetta di giovani di belle speranze e grandi sogni. Aver trattenuto Tello è un preziosismo notevole. Occhio inoltre al figlio d’arte suprema Hagi. De Maio in difesa è innesto di carattere ed esperienza. Tanta roba per il fascinoso Sousa che quest’anno potrà contare anche sul ristabilito Rossi.  Gran coppia con Kalinic e divertimento assicurato per i tifosi gigliati.

Genoa 6, 5 . Abituato a rivoluzioni forzate e spesso capricciose Preziosi stavolta se ne è stato quieto limitandosi allo stretto indispensabile consegnando al nuovo tecnico Juric una squadra solida con licenza di stupire. Gentiletti, Veloso, (marito della figlia del presidente), Ocampos promettono tanto e bene. Pavoletti, forse consapevole dei suoi limiti (perché ne ha) è rimasto e può sorridere. E con lui tutto il popolo genoano. Il giovane Simeone infine, è proprio una chicca.


Inter 7, 5. No distinti lettori non son impazzito. La vera anti – Juve è qui. Ok il teatrino Mancini sarebbe da 4 ma non è colpa dei cinesi se Roberto era stanco e demotivato. Anzi cosi com’è, l’Inter è da primi tre assolutamente. Banega e Candreva son due valori assoluti. Qualcosa da rivedere sulle fasce dove Ansaldi e soprattutto Erkin non convincono . I cinesi interisti voglion giocarsela e vincere De Boer è uomo pragmatico e offensivo e spegnerà qualsiasi scetticismo. Ali come Candreva e Perisic posson far volare chiunque. Anche l’Icardi capriccioso dell’ultimo periodo.

Juventus 9.  Potrebbe sembrare antisportivo col braciere d’Olimpia ancora acceso, ma non si può non esorbitare altrimenti.  La Juve merita tutti i favori del pronostico. Non solo perché era già forte. Ma perché così come è adesso è fortissima. Benatia. Pjanic, Higuain son innesti con vista semifinale di Champions garantita. Certo manca la cresta di Pogba ma il mercato non è finito e per il campionato italiano e la sua scarsa qualità, Lemina e / o Asamoah basta e avanzano. Per la Champions servirebbero un Sissoko o un Matuidi ma Marotta e Paratici hanno già fatto tanto. Volete non sian attrezzati per il tantissimo? Applausi . Da quest’anno non più solo una canzone dei Camaleonti anno 1968.  Quelli sufficienti ad acclamare una squadra sontuosa.

Lazio 6. Nonostante una società a dir poco instabile ,la squadra c’è ancora e pare quasi un miracolo.
Tuttavia i malumori non sembrano sfumati e questo condizionerà il lavoro del pur bravo Simone Inzaghi.
Il sostituto di Candreva ancora non c’è. Affidarsi alla coppia Cerci - Immobile un azzardo che conviene, ma non basta. Il resto poi, son dimenticabili scommesse esterofile che non scaldano il tifoso e neppure il voto .

Milan 5 Per il momento a Milanello sorride solo Montella. Il resto è una squadra che viaggia a scartamento ridotto e motore in riserva. Nomi a parte se l’uomo della svolta si chiama Josè Ernesto Sosa giocatore che ha fatto dell’impalpabilità il suo credo e la sua carriera, significa che il cambiamento al Milan deve ancora portare i suoi frutti.
Peccato perché i nomi pur ci sarebbero . manca il resto però . ed è fondamentale.
Così com’è il Milan farà fatica a guadagnarsi un posto Uefa.


Napoli 7. La partenza di Higuain toglie tanto alla squadra partenopea. Non son i gol ma i movimenti e l’incisività che l’argentino garantiva a mancare: Gabbiadini nonostante la sua testardaggine non è una prima punta, e Milik dovrà ambientarsi. Tuttavia a gioco lungo la qualità e la bravura della squadra verrà fuori e dopo i piagnistei estivi, i tifosi azzurri potranno ancora sorridere. Anche perché pur senza fuochi d’artificio Giuntoli s’è mosso bene allungando la panchina e le risorse a disposizione di Sarri che per me è pure più bravo di Sacchi e stupirà insegnando calcio e divertendo il mondo.
Giaccherini e Zielinski son rinforzi maestosi e Diawara e Rog puntelli eccellenti.   Qualche sceneggiata in meno di De Laurentiis è questo Napoli è da primi tre posti comunque.
Palermo 4. Diciamolo chiaramente: se il Palermo vuol retrocedere ci riuscirà sicuramente. Troppa spavalderia è presentarsi ai blocchi di partenza di Serie A con una pletora di esordienti.
Forse Ballardini doveva andarsene. Forse ci penserà tra poche partite lo stesso Zamparini . forse è proprio lo stesso Zamparini a non poterne più e si è condannato da solo prima del via sta di fatto che per il Palermo stavolta salvarsi sarà difficilissimo.

Pescara 6. Al contrario del suo collega palermitano il massimo dirigente abruzzese c’è l’ha messa tutta per non sfigurare. Bizzarri,Campagnaro, Aquilani, Cristante son rinforzi concreti e sfiziosi. Manca una punta all’altezza ma negli ultimi giorni di mercato può succedere di tutto. Per ora, è importante non partire battuti . l’entusiasmo di Oddo sarà fondamentale in questo. Aver trattenuto Caprari e Verre ancora di più.

Roma 7. Pjanic mancherà alla Roma più di quanto Higuain mancherà al Napoli. Strootman in mezzo al campo è un gran recupero ma Jesus e Vermaelen non paiono proprio il ritratto dell’impermeabilità . poi Spalletti è un valore aggiunto e l’attacco un portento.
Tuttavia sarà ancora Totti il centro di tutto. E’ questo per la Roma non è un vantaggio.

Sampdoria 6 Povero Giampaolo.  Voleva il Milan gli è capitata la Sampdoria è non è detto sia un male. La squadra c’è tutta. La società forse no ma se Giampaolo sarà indifferente agli istrionismi di Ferrero Muriel e Quagliarella promettono faville. Praet poi è un colpo da applausi.

Sassuolo 6, 5 Ammettiamolo: il Sassuolo vale di più. Ma la cessione di Sansone è stata sconcertante. Politano come sostituto va bene ma a gioco lungo ci vorrà qualcosa di più.
Matri in certe partite “sporche” sarà utilissimo ma Defrel gli sta ancora davanti dove Berardi e garanzia di gol e spettacolo.
Sarà ancora Uefa? Sì . Mica si sogna solo con i cinesi.

Torino 6, 5 Mihajlovic storcerà il naso ne son convinto.  Ma sostituire Glik con Rossettini è una bella impresa e Castan è tutto da verificare.
Tuttavia se c’è una squadra dove il serbo può fare la differenza è proprio il Torino  con quel centrocampo muscolare e quell’attacco favoloso . Sì perché il trio Ljajc – Belotti – Iago e proprio fantastico. Ad altezza Uefa oggi e dell’immensa storia del Toro domani .Scommettiamo?

Udinese 6 Senza Di Natale difficile qualsiasi previsione sul fato friulano. Iachini è chiamato a dimostrare di essere un tecnico abile non solo a governar situazioni difficili.
Anche perché l’Udinese è una squadra e società futurista e al passo con i tempi. Quella che serve a dimenticare Totò e abbracciare questa stagione al via.
De Paul poi, è un gioiello inestimabile.
Come voi tutti per me.

Buon campionato a tutti!

martedì 9 agosto 2016

L'ultima maschera di Silvio Berlusconi

Non è stato un passaggio di consegne qualunque, quello con cui si è dileguato nel trascorso Silvio Berlusconi. Non è stata la semplice fine di un imprenditore anticonformista che ha messo lo smoking alle nostre vite meste e smanicate.
Il quadro dolente di Silvio Berlusconi, non il birbante cui si è voluto bene, l’elegante signore che schiariva amabili orizzonti , ma un anziano pietrificato dal dolore stretto nelle maglie dei suoi problemi di salute, con un velo corsaro agli occhi, che  gli offendeva il viso, questo quadro insomma con al centro  un uomo al limite del dolore  è la sintesi di una morte sintetica  prima che terrena: la fine di una gloriosa stagione imprenditoriale e sportiva, quella appunto vissuta dalla coppia Berlusconi - Galliani, fatta di eccitamenti e sfacciataggini,  smisuratezza e genialità sofisticata.
Un mondo che fu, e che più
non è, violentato definitivamente dall'avvento di cinesi, uomini della riservatezza sempre e dei bilanci prima di tutto. Un contrappasso epocale da vivere recluso, meglio ancora se addebitato ad altri . Con l'intelligenza, anzi il fiuto che non gli difetta, ha intuito la portata dell'evento edificando così la sua ultima maschera. La terminalità innegabile di una stagione italiana che si è espressa e riconosciuta anche attraverso le imprese e il potere della sua creatura calcistica.
Tutto porta  via il tempo, avrà pensato con terrore il presidente del Consiglio mentre sanciva di suo pugno l’addio alla sua burla più riuscita e costruiva il suo personale reality.
Anche il suo Canale 5, la sua Italia uno il suo Retequattro, schiantati dalla banalità dell'offerta e dalla bomba tecnologica, stanno arrivando alla fine.
E così pure, clamorosamente, la sua giustificazione politica, fatta di un tutto e niente che si equivalgono e sopravvalutano. Su un orizzonte ora completamente nero. Non (solo) di rabbia.




venerdì 5 agosto 2016

Come tirare i dadi e puntare su otto

La perfezione non è permanente,
dura solo un attimo.
(Nadia Comaneci)


Vivevano a pochi chilometri di distanza. E i loro nomi, tutto sommato, non contano ma se proprio li volete e non riuscite a farne a meno lui chiamatelo G. lei M. perché in vita mia non ho mai conosciuto un G. che non abbia avuto a che fare con una M. e  perché dentro una G c’è sempre una M. Fidatevi, io lo so.
Questa comunque se volete, a prescindere dai vostri nomi e cognomi, è la loro storia.
 Quando era stato il momento di decidere per le loro vite  un po’ per dubbie credenze e un po’ per accidente,  G. e M. si erano ritrovati a fare scelte discordanti.
Ma non differenti o poco attigue. Proprio del tutto divergenti. Contrarie.
Lui amava alzarsi la mattina presto, anche se non aveva niente d’immediato da fare. Gli pareva di perdersi il meglio della giornata, restando a letto quando era già ben riposato e quando, d’inverno, la notte ci metteva di più a districarsi in dì poco brillanti.
Lei diceva che le trapunte erano il suo eccesso. E stava attenta a non dire lenzuola, per non essere travisata e apparire di colpo oziosa o peggio lussuriosa. Perché M. non disdegnava la comitiva, ma stare a letto le piaceva come un bicchiere di grappa davanti al camino. Una letizia da godere. Meglio da soli, se nessuno ne comprende il significato. Che da lussuriosa ad alcolizzata ai tempi d’oggi come cantava Anna Oxa nel 1986, è tutto un attimo.
Lui la sera leggeva molto retinando parole nella speranza di trovarne una che potesse sintetizzare quella bassa statura che mal si combinava col suo sguardo drammatico e intenso. Le parole gli erano sempre piaciute. Gli sembravano infinite possibilità di una vita diversa. Ciottoli levigati dal mare dell’esperienza, sempre pronti a lanciarsi in una nuova avventura, a volte le parole parevano scorrere pallide nell’ingorgo della saliva eppure si sorprendeva ancora quando ne trovava una brillante in mezzo alle altre come uno zaffiro in un frantume di bottiglia e in quel brivido da arcigno  conquistatore  s’addormentava morbido. Indefinitamente pago di quel letargo meditabondo. In fondo tutto quell’indagare era la sua corazza. Ci si contrava dentro fitto come per ricevere una spinta verso la mattina dopo.
Lei la sera aveva sempre mille cose da fare. Spettacoli, concerti, vedere uno. Ma anche quando aveva un compagno quel “vedere uno” era rimasto un atto indeterminativo e non si era mai legata a nessun uomo degno di un articolo determinativo perché pur slanciata e bella, non faceva mai il passo più lungo della gamba. Non per discrezione e sagacia.  Ma perché i toni sfumati tutto sommato le  stavano bene e soprattutto non destavano preoccupazioni. Andava sempre a letto presto, a volte senza neanche cenare, per non avere scrupoli l’indomani e mantenere la linea.
Una mattina di fine novembre G. e M. s’incontrarono a casa di amici comuni, nel campo neutro dei loro personali dilemmi. Parlarono con gentilezza e si guardarono adagio, come se ci fosse una diversità da salvaguardare. Istintivamente si riconoscevano. Razionalmente erano due assoluti estranei. Non una situazione, un posto, un appuntamento, un evento che li cogliesse insieme e maturasse futuro.
Ma la  loro indole indicava ad ognuno di loro che quella assoluta diversità era come l’amore. Un’impossibile e fatata coincidenza di totale - assoluta profetica affinità.
Come tirare i dadi e puntare su otto. E vedere saltare fuori per venti volte di fila otto, in uno stupore che aumenta di un soffio ogni lancio. Solo che nel loro caso era come fare  venti volte quattro, avendo puntato su otto. Come amarsi per intero per una serie di combinazioni smarrite, ma smarrite con compiutezza aritmetica. Per nove mesi interi. Senza mai oltrepassare il confine perfetto di quella disfatta intesa. Poi venne l’estate e benché  il testosterone assaltasse le reciproche diligenze epidermiche chiedendo perentoria definizione il sacro senso del pudore non calò mai la sua severa attenzione. Mai. Fino alla fine quando un gesto qualunque può consegnarti al paradiso  degli intrepidi o condannarti all’inferno dei vili .  Intrappolati in un eterno istante, s’accontentarono di un sorridente purgatorio.
Distolsero lo sguardo dopo un numero infinito d’istanti e non ci pensarono più. Quasi più.