Allo sfregio occorre rispondere con
altrettanto smacco. Quello generante al
solito,sconcerto e sorpresa.
Solo così ci si riprende dall'’insulto e
si procede all’ossequio di Gianni Boncompagni, che a dispetto del seguito e
quasi boccaccesco cognome di compari ne ha avuti pochi, pochissimi.
A dirla tutta poi, sempre di quelli si
parla e si è spettegolato in queste ore di universale congedo.
Arbore innanzitutto. Senza calcolare
la debita differenza, esistente tra loro, spesso i due si son confusi, mescolati,
ammassati in un amplesso non sempre docile ed efficace rappresentando
comunque il dualismo alacre e laborioso dell’intestino del Paese uno (Arbore), l'elegia
del conformismo , lo stereotipo tradizionalista, l'approccio borghese di
"Quelli della notte" – riluttante l’aggressione sarcastica al contemporaneo, ma racconto
intelligente del reale-, senza dimenticare l'invecchiamento apatico di chi, dai
lussi di "Alto gradimento", è scivolato ai ranci dell'Orchestra
italiana, vera e propria spanciata di pomposità vesuviana.
Boncompagni, invece, ha
coraggiosamente e inevitabilmente -visto il soggetto- battuto nel tempo la
decadenza dell'essere, la pochezza delle nostre presunte qualità nazionali
-svendute tutte e subito al primo offerente-, incorniciando anno dopo anno il
tema più contemporaneo e dolente che
possa essere rappresentato: quello del vuoto, del nulla. Della danza attorno a
un baratro sempre più ampio e fondo.
Questo, e nient’altro, spettri
del nostro cataclisma, sono stati Ambra e le bamboline di "Non è la
Rai", la Raffaella Carrà che contava i fagioli all'ora di pranzo, la
Parietti del non obliabile "Macao" -vera e propria chiavica
postmoderna-; e anche Piero Chiambretti, che con la regia di Boncompagni ha rivelato la sua vera anima: non certo pestifera e canaglia, com'era apparso da principio, ma mite
e massificante come s'è visto poi.
Avrebbero dovuto premiare
il soldato Gianni, con una medaglia d'oro, per l'assoluto onere dolo- nel documentare
l’indigenza italica. E, affidargli, magari, un ultimo e folle programma, dove raccontare
in vecchiaia anche lo strazio corrente.
Avrebbe potuto, e lo
avrebbe fatto benissimo.
La morte è giunta prima
però, a cavare ogni scialo.;
siamo in Italia comunque
e va bene che non tutto sia opportuno.
Pure questo in fondo.
(Forse).
Nessun commento:
Posta un commento