giovedì 10 luglio 2014

Il tempo perfetto di Sergio Romero



Forse era tutto scritto in quel cognome.
Romero.
Forse solo lui poteva stappare il gorgo di ruggine stretto alla gola dei suoi compagni e condurli all’apoteosi della finale.
Con quei lineamenti indi  era prevedibile non preventivabile. Bollicine s’attendeva dalle contendenti.
Presto finite nella  precaria balbuzie della paura d’offendere e ferirsi con l’arpione dell’inatteso.
Cosi prigionieri di una ferruginosa recita, s’e’ andati avanti in una esosa partita a scacchi  interrotta da rapinose scosse d’argentina adrenalina dove e’ il portiere olandese a rischiar brutto.
Romero invece zitto. Ha parlato per lui Mascherano dandogli il mantello dell’eroe. Scaccia paure, pensieri, incubi.
Forse era tutto scritto in quel cognome.
Romero.
Forse lui solo per omonimo casato sapeva.
Sapeva il punto esatto in cui, il preciso momento, l'attimo, il tempo perfetto. Compreso nell’stante, il potere di cicatrizzare un frettoloso accantonamento nella stiva di Bogliasco e regalare ai suoi tifosi- una  gioiosa lacerazione,un piccolo intuito potente come una scossa, un gemito sommesso. Due volte raccolto allo zenit di una passione infinita quasi fosse rosa o nota persa in una sinfonia.
Sua soltanto.
Nostra per traslato incanto. Una lezione di vita.
Quell’hic et nunc che bussa alla porta della nostra coscienza esigendo irripetibile  soddisfazione. Immediato accoglimento.
La poesia  della vita e del calcio che ne e’ rotonda sintesi, è tutta in questa unicità.
Anche a onore e gloria di un Paese intero.






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