mercoledì 1 giugno 2016

"Il mostro" Monroe

A volte accade. Succede d’imbattersi in qualcosa di  così abbagliante da sembrare sfuggente .
 Be, in questi casi,  pazienti lettori, care lettrici, per quanto arduo sia il percorso, sottile l'indagine: occorre districarsi tra le ombre, farsi largo tra ingannevoli specchi e distinguere dal falso il vero mentre i pensieri corrono e s’intersecano, mentre mutano forma i sentimenti. 
Quello che resta è la verità. Quello che resta, infine, è la poesia.



 La poesia scolpita da Marilyn Monroe nella sua breve ma sfolgorante parabola esistenziale,  non sfugge a questo   pensoso indugiare rinnovandosi perpetua infischiandosene di grati lunari e nonagenarie ricorrenze.
Una fascinazione dietro la quale si nasconde molto di ciò che vediamo -nostro malgrado- tutti i giorni, giungendo a vo
mitare davanti alle igieniste sedute in Parlamento in certi casi ornate del titolo di ministre.
Marilyn, val la pena ricordare, era il nome di facciata di Norma Jean Baker; una ragazza povera, orfana di padre e quasi di madre (schizofrenica), che della sua maschera bionda e carica di rossetto diceva:
«È una sorta di mostro, di Frankenstein...», sottintendendo con ciò la sua assoluta sudditanza al personaggio.
Quello che Norma non poteva sapere, allora, era quanto la sua irrefrenabile smania di fama, e fortuna, sarebbe circolata decennio dopo decennio fino a diventare uno stereotipo, una preghiera laica recitata da tutti coloro che inseguono considerazione e grana a qualunque costo.
In questo senso, i suoi tre matrimoni falliti, le sue sbornie di sesso in compagnia dei potenti e il ricovero a inizio anni Sessanta in una clinica psichiatrica newyorkese, sono la sintesi di un suicidio umano, e professionale, che ancora oggi tiene banco per la sua contemporaneità.
Come altrettanto attuale, nella storia della triste Marilyn, è il trattamento ricevuto dalla famiglia Kennedy, che dopo averne apprezzato le qualità carnali ha fatto il possibile per rimuovere questo capitolo.
Certo, potrebbe dire qualcuno, il recente esempio berlusconide è di tutt'altra pasta, nel senso che nonno Silvio ha speso di tasca sua per stuzzicare i fuochi d'artificio che l’hanno strinato di notte.
Ma sarebbe un passo falso, puntare su questo distinguo: perché se un punto esiste, nella vicenda Marilyn, ancora carico di attualità, è proprio il modo in cui ha umiliato buona parte di sé concedendosi per sete di successo.
Non conta, in fondo, come l'uomo di turno abbia reagito o reagisca a tanta generosità, ricambiandola magari con una pioggia di monete, o assai meno generosamente con l'invito a levare il disturbo.
Alla fine trionfa  l'epica  del  “ mostro  Monroe ": quello, cioè, che  divora  un essere umano tenue e disinvolto,  (Norma Jean Baker per l’appunto ),e  consapevole si deforma condannandosi in automatico al  lento ma inesorabile disfacimento di qualunque sogno.


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