sabato 28 gennaio 2017

Ora che tutto è finito

Ora che tutto è finito, e la folla s’è diradata, resta solo lo sgomento acconciato ad indice d’ascolto. Una perizia bisognosa di senso quando non supportata da un’adeguata direzione: pencolante salotto a rischio sbando nell’abisso di una circostanza rovinosa la quale occorre dirlo, non ha levigato sensibilità imbastardendo altresì ottusa convenzione e ineluttabile accettazione.
Perché è così che s’è avanzato in questi giorni tra crepe di stile e burroni di concetto cercando di rinvenire tra la necessità di informare e la vanità (e forse l’abitudine), di ronzare attorno l’alveare dell’inutile pure se accorato.
Tutto già visto e tastato in forza dì immagini antiche che all’atto dissesto diventano fradicio presente e formano cinico e morboso crocicchio deludente, sbiadito, contraddittorio quando non sorretto da nulla di necessario.
Solo facce assecondanti interventi macerati d’ovvio perché tuttavia distanti dal cuore del problema che al momento del bisogno resta comunque privato.
Perché come scriveva Hermann Hesse nella sua poesia “Nella nebbia “ pubblicata nel 1953 in una raccolta dal titolo “Poesie”:

Vivere è solitudine. 
Nessun essere conosce l'altro 
ognuno è solo.

E il voyeurismo con cui gli organi d’informazione continuano e seguiteranno a circolare a guisa di schiumosi ovini tra gli sfollati del sisma e i primi segnali di ripresa, indicano soltanto la difficoltà unanime di ribaltare schemi consunti.

1 commento:

  1. gli organi d'informazione ...capre che circolano con capre... ciao

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