FrancescoTotti: una cantilena
da scrivere e pronunciare tutta attaccata come una preghiera laica e patronale
insieme perché inglobante l’anima di un popolo, una regione da sempre capitale
di una rivalsa altruista disposta com'è a farsi ammirare da secoli da chi,
inebriata dalla sua millenaria bellezza, ne oblia affrettata e indifferente le
cicatrici.
Una svista tutta umana come il frutto di
quest’amore fanciullo e testardo che il Pupone ha cullato fino all’ultimo pur ora che è marito e padre.
Perché è umano troppo umano sciogliersi
nelle lacrime di un popolo intero
rintracciando in quella universale aspersione
il mare di un amore smisurato;
iniziato vagito di bimbo nato incanto, e finito strazio sba
ttuto al tappeto di una
non più rinviabile presa d’atto che fa grande chi non s’è mai voluto elevare al
soglio dei grandissimi, e s’è involato
solo spinto dal vento di una verde speranza di gloria casalinga ruggente furore
di una rappresaglia atavica nei confronti di squadre più potenti e assistite;
Golpe riusciti solo a tratti perché
Juventus, Inter con i loro cicli (e il Milan con le sue Coppe), son state più
forti e aliene da quel bruciante candore che fa deboli le gambe nei momenti
meno opportuni, sfuggendo quanto forse FrancescoTotti e la Roma avrebbero
meritato.
Ora che tutto è finito, tra lettere
accorate e abbracci rubati alla grammatica di un inevitabile commiato, nessuno
potrà dimenticare quella folgore che appiccò il fuoco un giorno senza lampi
l’istante del sedicenne e marzolino debutto, nessuno potrà dimenticare come sembrò diverso
il cielo all’improvviso quel giorno di giugno scudetto, nessuno potrà
dimenticare il suo sorriso appiccicato al buio degli specchi di una vita tutta
da illuminare ora, senza più calzoncini
e maglietta .
Tutti vorrebbero affidare l’oblio al dispiacere,
quel lentissimo cadere nel vuoto, lacerante più dello stesso morire.
Tutti vorrebbero disfarsi di quel
dolore, passarlo ad altri, come FrancescoTotti
ad un certo punto ha fatto verso un bimbo undicenne diluendo così un
languore immortale.
Non possono, non potranno, perché
l’amore non è umano; viene dal tempo,
viene dagli dei, e ingloba in sé la tua vita, ogni vita come una finta in una
morsa inesplicabile e arresa ad un fluido che ipnotizza: questo amore bagliore violento e stordente.
E’ come il viaggiatore sente il mare,
nel sangue ancora prima di avvistarlo, tutti loro sentiranno ancora e sempre al
solo tottiano rammento una querula
agitazione.
Chiuderanno gli occhi e rivedranno le lacune,
sagome isolate prima del suo unificante avvento: e d’improvviso non vedranno
più quella nera poltiglia, quell’infinito vuoto come spazio.
Vedranno i suoi occhi, perché l’amore da
iersera ha il suo sguardo smarrito nel crepuscolo.
E la parentesi aperta venticinque anni
fa, brillerà ancora cifre, goal e record, e ancora assommerà e incoraggerà vita,
pur in questi tempi colmi di schemi instabili.
Non ha trovato eredi FrancescoTotti
nonostante l’auspicabile, rinnovato e ottimista Insigne.
E continuerà ad essere .
Da questo mastodontico strappo, prenderà
linfa nuova: fiume impetuoso e travolgente,
celebrata icona muta e incisiva.
Un giorno, sfiniti gli argini del
pianto, dovremo serrare le porte , o spalancarle di nuovo lasciandoci invadere:
Sarà tempo d’amore, sarà tempo di te, di
noi, di tutti, di Totti. Francesco per sempre CAPITANO delle nostre anime che
un giorno, osammo sfidare questa vita, che del sogno, purtroppo, è solo chetichella.
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