martedì 31 luglio 2018

CARA DAISY...


Cara Daisy,
Cauto m’accosto alla tua vicenda e m’accorgo ch’oggi ho aria a sufficienza per dubitare di tutto, per desiderare l’inutile, e rifiutare una nazione stando serrato tra le dita di un’omissione e inorridire dalla sponda di un’abiura.
Scatto da una sedia vuota d’aggettivi detestando le cose per la loro nudità, la controversia solita, per parole troppo scarne, d’acchito alla fine e’ un presente da confidare e un passato che rimorde.
L’arroganza dei luoghi comuni, infatti, aurora solo la ricerca spasmodica di un montante riparo, al tramonto di scongiuri elementari “nessuna aggravante razziale” come ingenuo rimedio al silenzio.
Un modo come un altro credo, per separarsi lentamente, scostandosi di lato, in una distanza che s’e’ già presa il cuore vorace aruspice d’altre tenebre .
Quasi subito la mente inventa scuse, reclama attenuanti, per non sentirsi sconfitta, e tra le sue pieghe, passeggia solitaria e ferita rincorrendo un pareggio che troppo in fretta diventa rimorso.
Nessun incanto potrà mai essere sincronia, empatica simbiosi;
Non v’e’ meraviglia se non nel distacco.
Ma dimmi un po’ a chi giova questo vivere sgarbato … e fingere ancora di non aver sentito.


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