giovedì 12 febbraio 2015

La seconda serata del Festival di Sanremo e l'ossessiva incombenza di una pruriginosa musichetta



Sandra Mondaini aveva ragione. La noia non fa dormire e la vita diventa una naia difficile da sopportare se protratta verso l’infinito e oltre. Come il Festival di Sanremo iersera.

Travolti dalla barba, i giovani non possono stare. Corretto farli esibire prima che la noia vera montasse a dismisura e travolgesse anche chi peli non ne ha  e brava lo è davvero come Nina Zilli sempre in bilico tra  una versione 2. 0 di Mina e una cantante con le palle vere.

C’è ne son volute parecchie ieri per sostenere una nottata, che ha tradito le promettenti rotondità della prima serata consegnandoci all’oscurità d’anonimi destini (quella dei giovani appunto), e alla triste macchietta di quelli che giovani non lo son più da un pezzo, ma il marketing impone lo siano o almeno lo appaiano.

Neanche a dirlo il restauro è stato pessimo a tratti allucinante. Il primo a provarci è stato Marco Masini con una canzone piena di speranza e buone intenzioni. Ma ammettiamolo : se Masini non fulmina  la telecamera a suon di parolacce e improperi  rimane un Marco qualunque con un microfono in mano  e un sopracciglio in autostrada.

Dove forse è stato raccolto un irriconoscibile e cadaverico Raf. La sua canzone non ha un buon riff ma potrebbe farcela. Lui no.

Nella categoria “Piccoli già grandi” al primo posto schizza di diritto Anna  Tatangelo che dal basso dei suoi ventotto anni potrebbe regalarci quel brio che a questo scuro Festival sembra scarseggiare ma si presenta con un vestito così lungo che pare una MILF di 128 anni cui forse non basta un D’Alessio per sentirsi donna e si propone a un pubblico di vecchi incanutiti e casalinghe disperate.

Queste sole, credo, possano considerare lo scalzinato Biagio Antonacci di iersera un super.

Ma se gli altri son piombi il motore boccheggia e la macchina neuronale si spegne.

Accade così che più che al Festival di Sanremo 2015, sembri d’assistere a quei vecchi varietà in bianco e nero degli anni Settanta qualche fotogramma prima dell’avvento del mondo a colori.

Solo così si spiegano e in qualche modo tollerano I Soliti Idioti.  Stolti al punto da tentare palesemente di riproporre la Canzone Intelligente di Cochi e Renato del 1974. Solo che al posto  del brillante raziocinio proposto quarantuno
anni or sono, dal duo padano Biggio e Mandelli iniettano interminabili minuti di cialtroneria e maleducazione da Italiano Medio restituendoci in un’esibizione quello che il cauto Conti ha tentato inutilmente di nascondere nella luccicante epifania dell’intera manifestazione: un universo bloccato da antiche inquietudini, abile ad autocelebrare il traffico interno, ma quando si apre al mondo di fuori lo fa con le solite innate ritrosie e intime perplessità.

Così si possono classificare le beceraggini sui francesi berciate a un certo punto, da tale Angelo Pintus non salvate dal sermone finale sulla necessità d’esser tutti fratelli e amici.

Quello degli Amici ormai è un programma di Maria De Filippi basato sull’aspra competizione e l’eliminazione dell’altro.

L’Italia è un popolo suddito. Di ricordi e sottane, Martini e filati ammiccanti prima che di dittature  e slogan audaci. Solo così si spiega e tollera l’imbarazzante “intervista” del cauto Conti a una bellissima  Charlize Theron incalzata più che dalle soporose interpellanze del Conti, dall’ossessiva incombenza di una pruriginosa musichetta.



Uno jingle maldestro che ci racconta più di quanto, le canzoni ci stornellano.

Perché l’Italia è un popolo interrotto, ipnotizzato dalla curiosità di quello che non può sentire e si accontenta di vedere. Meglio ancora se già visto da qualche altra parte .

E’ allora vai di brutto calderone con la versione mignon del trio Pavarotti – Domingo - Carreras . Si chiamano Il Volo e probabilmente vinceranno loro a me non fanno impennare però . Ma vieni con il rapper Moreno che dovrebbe andarci giù duro è invece eccolo lì sorridente in smoking pronto per una riedizione aggiornata di Piccoli fans di Sandra Milo anno astrale 1984 -  1989.

Son passati venticinque anni un muro è caduto ma le fondamenta di quest’Italia non son cambiate.

Sanremo ne è l’onesta fotografia. Il presentatore presenta, le vallette sorridono ma non parlano, una donna con la barba incuriosisce, un balletto con lacrime finte annesse intristisce (Rocio che volteggia mascara sulla memoria di Mango è da manicomio), e fa adirare è uno jingle ammiccante attizza più di tutti gli spenti cantanti.

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