sabato 22 maggio 2010

Facebook val bene un contratto


A volte le rivoluzioni non necessitano di morti e fanfare.
A volte basta un viaggio. Un viaggio - studio è il gioco è fatto. Uno stage. Per la precisione. Parola francese entrata nel nostro vocabolario negli anni Ottanta a dirci quello che noi meridionali sappiamo da sempre: si può lavorare, tanto e bene, venir riconosciuti abbastanza e spesso (solo i divi di Holliwood posssono vantare tanto) ma d'assunzione e retribuzione neanche a parlarne.
Ti rimane l'esperienza però. Non tutti hanno l'occasione di farla. E solo per il fatto d'averla fatta devi anche ringraziare. Anche questa non è una novità. Un contratto presuppone infatti, una serie incalcolabile di responsabilità che nessuno vuol prendersi. Nè tantomeno assumersi. E questa una delle ragioni del fallimento del matrimonio e di un sacco d'altri capisaldi su cui si basava l'Italia di tanto tempo fa. Di fronte a certe cose devi solo stringer le chiappe e abbozzar sorrisi.E quanto più o meno ha fatto mia sorella la quale reduce da uno stage in Salento dopo avermi raccontato queste e altre amenità è corsa al mio computer per contattare " "amici" su Facebook alla quale mia sorella si è iscritta proprio oggi.
Per consolarsi ha detto. Micidiale. Come Diego Milito in area di rigore. Ineccepibile.
E' proprio vero: la vita toglie, la vita da.
Mi chiedo se dovevo aspettare l'Inter in finale di Champions dopo trentotto anni per rendermi conto di questo. Banale. Ma l'Italia non è un paese banale? Eppoi non viviamo solo di contatti? Eppoi non siamo tutti mignotte in vacanza?

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