sabato 31 dicembre 2016
venerdì 30 dicembre 2016
L'abbaglio dell'illuso
Uno stormire d’ali sulla punta della lingua.
Con impertinenza impone sfizio.
Quanti anni, più svagati d’una foglia,ratti e smarriti. Di là dalla cinta difforme, dove mi saldo, filano ristrette, sprezzanti insidie. Sul fondo un ‘ombra s’affanna a sottrarsi:
ma non diserta, dente dal ciglio edile – è un rodimento di schizzi, l’abbaglio dell’ illuso che nello sgabuzzino linea acuto, e scaltro, situando tremiti anni .
Con impertinenza impone sfizio.
Quanti anni, più svagati d’una foglia,ratti e smarriti. Di là dalla cinta difforme, dove mi saldo, filano ristrette, sprezzanti insidie. Sul fondo un ‘ombra s’affanna a sottrarsi:
ma non diserta, dente dal ciglio edile – è un rodimento di schizzi, l’abbaglio dell’ illuso che nello sgabuzzino linea acuto, e scaltro, situando tremiti anni .
domenica 25 dicembre 2016
venerdì 23 dicembre 2016
L'atmosfera natalizia ? Una merda
Buonasera.
Il mio nome è Gaetano. Ariete ascendente Cancro. Ho appena pestato una
cacca ma fa niente.
Perché esprime necessario sinonimo, la mia
opinione sul Natale e l’atmosfera natalizia ad essa purtroppo congiunta.
L’atmosfera natalizia è una merda, almeno
per me, in particolare a due giorni dal Natale. Sarà che devo fare ancora tutti
i regali. Ma non avendone mai ricevuto uno non sapendo bene cosa sono mi
rifugio nel solito pacco e ci faccio un fiocco che a ben pensarci a Natale una
croce non conviene .
Come non conviene niente. Nulla che
davvero ti appartenga perché a Natale tutti bisogna, esser buoni e tutto è
degli altri. Anche di chi non hai mai visto e rapido s’infratta dalla
parte giusta del fritto. Te stesso . Distrutto,
incazzato e triste scivolato sotto il
tavolo come un pesce lesso dall’occhio smorto .
Perché l’atmosfera natalizia è una
titanica trincea di brindisi e ipocrisia. Con le forbici del parentado a radere al suolo qualsiasi buon auspicio.
E tu zitto che è meglio a incarognir
rotule e gambaletti estranei perché è così e basta.
L’atmosfera natalizia è quella cosa che se
anche sei imbestialito non lo puoi far vedere, perché altrimenti non sei
sintonizzato con “l’atmosfera natalizia” e la gente pensa e i parenti grufolano
“ma che stronzo deve essere questo che non ride neanche a Natale?”. Il
risultato è che implodi sazio, se possibile, stai peggio del solito, ma col
sorriso.
L’atmosfera natalizia è quella cosa per
cui tu hai sempre le solite 996624 cose da fare come nei giorni inutili tipo il
28 agosto, ma le devi sommare a quelle del Natale (“organizzare la Vigilia”,
"organizzare la tombolata", "organizzare la bicchierata"),
il ché rende la tua vita impossibile.
Ci sarebbe anche la scopata ma alla fine
di tutto questo organizzare ti senti sfasato come un cubo di Rubik tutto da
incubare e magari accudire come da bambino quando avevi la febbre, ma al posto
del brodino ricostituente e il Mangia e
bevi alla pera rincuorante c’è all’angolo del camino una ramazza befana e arcigna che il pene si
flagella automatico, masochista e silenzioso.
Perché la castità fa buona famiglia ma se a trentaquattro anni non sei sposato
o non hai una separazione in corso, non sei in pace con la vita e adombri
sinistro ragnatele in salone.
Che per l’occasione mutano in centritavola
ottocenteschi e vanitosi. Ma nessuno se ne accorge di solito.
Tutto fa tovaglia quando l’importante è arrivare
vivi al capitone. Apparte le tradizioni.
Loro, si rispettano e basta. Senza
esclusioni di portate. Nel caso le
portate sian di meno, perché sei a dieta da quasi due anni e tutto non puoi
mangiare, devi comunque contribuire.
Contribuire alle tradizioni. Ancora solo e
sempre loro a Natale . La più importante è quella dei regali, nata 2016 anni fa
grazie ad alcuni astuti negozianti di Gerusalemme che avevano rogne con i fondi
di magazzino (“Sfruttiamo la nascita del Bambinello per far girare l’economia,
altrimenti sono cazzi ed Erode spiana pure noi”).
Divagazioni bibliche a parte, fare i regali è
una delle cose più difficili in natura. Lo pensano tutti, anche quelli che ti
dicono “che bello fare i regali” o quelli ancora più infami del “io preferisco
farli che riceverli”. Questi ultimi di solito sono anche quelli che ti dicono
“non voglio nessun regalo, mi basta il tuo sorriso”, ma se poi gli regali un
panettone riciclato non ti parlano più fino alla pentecoste e vanno in giro a
dire che sei un barbone. Ché se hai la barba come nel mio caso, alla fine, ci
sta pure, ma quando discendono al pezzente non sta bene e allora anche se non
ti va vai a comprare regali. Ché io non ne ho mai ricevuto uno ma dice che a
Natale si usa.
Quando vai a comprare i regali vorresti
incazzarti molto perché i prezzi sono altissimi e i negozi sono pieni di gente
furibonda come te che però fa finta di niente perché “è Natale”. Il risultato è
che paghi tutto più del dovuto e ti girano molto, ma non puoi farci nulla.
Alcune commesse lo sanno e provocano: “Se trova il prezzo eccessivo torni pure
a gennaio che ci sono i saldi”. E tu: “Eh ma io ho bisogno un regalo per il 25
dicembre, funziona così di solito”. E lei: “Il 25? Ma pensa. E allora sono
cazzi suoi”.
La tradizione dei regali dopo i trenta
anni diventa ancora più una merda. Prima dei trenta fare i regali è sempre un
rogna, ma almeno li fai quasi spontaneamente. Dopo i trenta, invece, la gran
parte dei regali sono vergognosi “atti dovuti” a gente che non te ne frega una
minchia: la cravatta da dare al padrone di casa, la confettura comprata al
mercatino da dare alla nonna , il pandoro mandorlato da spedire
all’amministratore di condominio per boicottare la votazione sull’installazione
del climatizzatore centralizzato, la bottiglia di prosecco “da portare alla
cena”.
Tra tutti i ricicli peggiori, quello del
prosecco o finto champagne da portare alla cena è nettamente il peggiore.
Seguitemi: vai alla cena dell’ingegner Rutti, porti in omaggio la bottiglia di
prosecco che ti ha portato tuo cugino alla cena del giorno prima, Rutti ti dice
“graaaaazieee, buona questaaaa!”. E mentre la porta in cucina pensa “col mazzo beviamo
la tua brodaglia, ho comprato le mie e beviamo quelle”. Il giorno dopo l’ingegner
Rutti va a un’altra cena e mentre pensa “cosa porto a casa di quello stronzo di
Scognamiglio?”, vede il tuo prosecco abbandonato e così via. Il risultato è che
alcune bottiglie girano indisturbate per le case degli italiani anche da venticinque
o trenta anni. Anche con i panettoni funziona bene, ma questi ultimi non
superano mai i cinque o sei anni per questioni di muffe sospette che bloccano
alcuni ospiti con ancora barlumi di coscienza (“Che facciamo, portiamo il
panettone dai Tafani anche se ha la
macchia di muffa?”. “No dai, la signora Tafani ha l’occhio clinico e se ne
accorge, rischiamo la figura di merda…”. “E allora che gli portiamo a quello
stron…”. E lì di solito appare il prosecco.) Uno e trino. Come Dio ma con meno illusione.
Vorrei proseguire parlando dei presepi che
al posto delle statuine originali hanno le sorprese dell’ovetto Kinder o quelle
dell’IPERSTANDA (ho visto degli “Happy Hippo” al posto del bue e dell’asinello,
ma anche truppe di Dart Fener al posto dei Re Magi), vorrei parlarvi della
crudeltà di certi centri commerciali che obbligano fior di padri separati alla
caccia di alimenti a vestirsi da Babbo Natale per 7 euro all’ora, vorrei
parlarvi di quanto sono stronzi i bambini che non si sa come, ma a Natale
attivano la modalità “rottura di coglioni costante”, ma purtroppo abbiamo già
perso troppo tempo. Sappiate solo che per andare a comprare “un giochino per il
nipote dei Fiaschi Non puoi andare a casa loro senza un giochino per il
piccino…”, oggi ho pestato una cacca. Con una mossa da contorsionista ho
frugato nel cappotto un fazzoletto di carta. Niente. Alzando gli occhi ho sperato nella mano
benevola di un passante. Il passante è passato impassibile. Sacramento non
cacato ho evacuato un ulteriore: “Mi scusi, ma è Natale…”. E lui: “E a me che
cazzo frega?”. Duro ma sincero. Almeno lui perché il resto, Natale, Stefano e
Silvestro è tutta una truffa. Anzi no… Una merda come quella attaccata forte
alla suola delle mie scarpe… piuttosto: siccome dovrei tornare a casa e non
vorrei sporcare lo zerbino c’avete mica un fazzolettino di carta?
domenica 11 dicembre 2016
Bim Bum Bam: un manifesto politico più che un programma d'intrattenimento
Spesso la Tv dei ragazzi è stata catalogata,
sul fronte della potenza creativa, come un fratello minore della Tv.
«Buona eh, anzi brava a congegnare
prodotti d’intrattenimento catodico», era ed è il ritornello in circolo, «ma
non sempre in grado d’'interpretare i sismi dell'Italia tardo novecentesca».
Parole con un fondamento reale, nel
senso che alla distanza ha vinto l’asprezza quotidiana scaltra a fornire
depressione e crudezza.
E questo è banale, comune, frequente.
Però poi c'è l’altra faccia della
medaglia da considerare, cioè la capacità
di alcuni programmi nel prevedere - e incarnare, pure, con esattezza feroce -
la decadenza della dignità italiana.
Un'operazione tanto eclatante nella sua video-essenza, quanto
verificabile oggi a partire dalle dieci e trenta grazie a Mediaset Extra, che a
trentacinque anni dalla nascita di "Bim Bum Bam " ne ripropone le
imprese.
Non materiale sbiadito dall'archivio, ma
la conferma della sintonia tra quel programma e l'epica berlusconide.
Altro che la malinconia attuale in
vendita a cinesi dilazionati;
altro che la costante accusa rivolta a Mediaset di alimentare una tv del nulla, tra
canzoncine madri di gran diritti d'autore e impianti scenici che inumidiscono gli occhi.
No.
" Bim Bum Bam” era molto di più, a partire dal titolo che in
automatico si discostava da un universo intero (quello del servizio pubblico,
appunto) per rimarcare il liberismo di una terra sgombra da morali e vincoli
disposta a scommettere sui più piccoli.
Un ipermarket del disimpegno destinato ad accompagnare miriadi di bambini canticchianti
dalle quattro del pomeriggio hit su hit come analgesico collettivo contro le
inquietudini, le paure e la tentazione di ribellarsi al demone della
superficialità.
Un manifesto politico, più che uno
spazio d'intrattenimento.
Un avamposto dove l'ipocrisia trovava
ampia accoglienza alternando il virus di consumismi infanti e di piagnistei
adulti a surreali slogan contro la dittatura dell'effimero (vedi Bonolis
ripudiante pietoso.la nauseabonda Caciotta Fetecchia)
Lo stesso mix di vero (poco, pochissimo)
e falso (tanto, tantissimo) adottato dopo Tangentopoli dai leader post
ideologici.
Lo stesso spirito creativo e (auto) distruttivo
che ha reso Bim Bum Bam unico:
passando dal trasformismo cigliato di
Cristina D’Avena – vero nume tutelare della trasmissione - ai dischi venduti dai Bee – Hive fino alla
manipolazione della già blanda volontà popolare .
Arresa quest’ultima a Uan pupazzo animato di
peluche rosa con il ciuffetto fucsia dalle
sembianze di un cane pestifero e irridente a
iosa ma serbante fiero e intero dell’essenza stessa dell’infanzia quella dolcezza fragile che induce a una carezza, a
un tono di voce morbido e comprensivo delle ingenuità implicite in quella
condizione anagrafica.
E poco importa e nulla
vale lagnarsi severi se s’ingozzava di cremini.
Dietro quell’involucro zuccherino
c’era la rivendicazione di un donarsi autentico invalidato dalle altezze
adulte.
Una domanda aperta che
chiede ancora riscontro
nonostante i tentativi di Maria De Filippi di anestetizzarla
in sabati fragili e lagnosi.
Bim Bum Bam
è arrivato prima. Tutti i pomeriggi per vent’anni a proporre lo scontro tra
adolescenti e adulti. Uan e poi Ambrogio son stati questo. Bambini prima, adolescenti poi, con il
privilegio di poter sfidare - nonostante il loro fisico villoso - le autorità ostili
dell'era contemporanea.
Quanto basta perché i piccoli spettatori, a casa, potessero
immedesimarsi nelle loro gesta e assorbire il primo insegnamento della loro
vita:
quello che tutto, un giorno, sarebbe potuto diventare
possibile, e rinunciare a sognare le più mirabolanti imprese un delitto.
Sempre.
sabato 3 dicembre 2016
Domopak C'Urso
Non m’interessa
il referendum.
Il fatto non
serva raggiungere il canonico cinquanta per cento per renderlo effettivo,
determina già un alone di resa e sfiducia sulla questione.
Affrontata
inoltre dai contendenti in modo non
soltanto consunto, ma anche profondamente vecchio.
Logico, in
questo senile contesto, correre ai
ripari e servirsi di una badante.
Barbara D'Urso.
Non una guardia qualunque,
ma l’adunata somma della tv corrente:
Quella in cui la
brutalità equanime del mezzo non trova opposizioni nella carcassa di chi la accoglie,
fluendo anzi paciosa negli intelletti meno informati.
Una furfanteria d’insigne
livello.
Ma anche l' espediente
bramato dai prepotenti della politica, che attraverso poppute ospitalità giungono
a grandi platee, larghi seguiti, e ovviamente ampie lusinghe di affermazione finale.
Ecco dunque che
a dominare, a poche ore dal voto, è la nuvola di fumo
in cui Renzi e
Berlusconi e i loro rispettivi seguaci si sono inabissati, lasciando che a
scandire i tempi e i modi della loro contesa sia il riso ciarlatano di un’ex
attrice, garrulo, contrappunto tra la confusione in testa di molti e il tacco
rialzato ai piedi di qualcuno che a far caos e funambolismi, vari e meschini si
diverte tantissimo.
Matteo Renzi e
Silvio Berlusconi appunto.
Patriarchi dell'ultra-pop, in fin dei conti.
Con Barbara
D’Urso in mezzo.
Domopak dentro cui
le solite parole, e le altrettanto consuete frottole promozionali, acquisiscono
l’effluvio di quegli elisir in palio al
tiro a segno dei luna Park:
stucchevoli , mediocri,
ma accattivanti in quel sfavillio di gradazioni e boati.
Tantissimi in
questo 2016.
Il voto non
potrà accendere la viola, nella crepa di un muro inaridito. Il verbo della
politica è spoglio di senso. Il paese è spaccato e non sarà l’ennesima croce ad aggiustarlo
E resta sola la
malinconia popolare.
In attesa del
prossimo raccolto abbaglio:
Dove?
Sul sofà della
D’Urso, ovvio.
martedì 8 novembre 2016
Mirabolanti acquisizioni novembrine
Son contento. Non accade spesso. Rimarcarlo più che un dovere di cronaca, è un prodigio. Inevitabile quindi condividerlo con tutti voi.
lunedì 17 ottobre 2016
Scatole
Scatole. Scatole di cellulosa. Che dire cartone fa barbone . Anche trascurando la deriva
comune, squadrante zavorra stipata di fretta, sono davvero curiosi i diversi
fati che interessano ogni più piccola parte di esse.
A volte queste nascono come parte di un filo d’erba. E durano il tempo di una stagione.
Altre volte nascono albero e finiscono per restare imprigionate decenni
nello stesso posto. Poi l’albero cade nel bosco e ogni sua particella torna alla
terra i suoi elementi. Oppure no, è tagliato dal boscaiolo. Allora l’albero
diventa trave di una chiesetta e la scatola scruta millenaria pii seguaci un
dio smorfioso.
Oppure diventa cassetta per la frutta. Scossa, celere, pressata, coperta, posta, respinta.
O può diventare fascina da incenerire. Il calore dilata e con letizia la particella è annientata nella vampa seducente di un caminetto.
Oppure diventa cassetta per la frutta. Scossa, celere, pressata, coperta, posta, respinta.
O può diventare fascina da incenerire. Il calore dilata e con letizia la particella è annientata nella vampa seducente di un caminetto.
Altre volte la scatola diventa mucchio di fogli e finisce in imballi
di quotidiani, libri o quaderni.
Non so cosa pensino di preciso le singole parti di una scatola di
questa piccola rifrazione scritta. Ma so
per certo che alcune di loro possono essere molto fiere del loro ruolo.
Alcune di loro sono diventate carta di block notes, su cui ho scritto una lettera anni fa, dal cuore di una mancanza. A una lei che tornava in autobus, mentre il mio tempo scarpinava vuoto. Una nuova amica che non era una conquista. Era un’amica destinata a restare amica a lungo. E queste precisazioni sono fuori luogo, davvero in fondo. Una armonia fatta di imbecillità e intelligenza, di svago e responsabilità, di serenità e pasticcini.
Non c’era infatuazione, no. E quella non è e non sarebbe giunta neanche dopo. Ma c’era una lettera che raccontava di questa disponibilità nuova. E tanto basta a fare tratti e memoria quando è la barra metallica di una tastiera a orientare una vita. Ora di nuovo zeppa in una particella di cellulosa.
Alcune di loro sono diventate carta di block notes, su cui ho scritto una lettera anni fa, dal cuore di una mancanza. A una lei che tornava in autobus, mentre il mio tempo scarpinava vuoto. Una nuova amica che non era una conquista. Era un’amica destinata a restare amica a lungo. E queste precisazioni sono fuori luogo, davvero in fondo. Una armonia fatta di imbecillità e intelligenza, di svago e responsabilità, di serenità e pasticcini.
Non c’era infatuazione, no. E quella non è e non sarebbe giunta neanche dopo. Ma c’era una lettera che raccontava di questa disponibilità nuova. E tanto basta a fare tratti e memoria quando è la barra metallica di una tastiera a orientare una vita. Ora di nuovo zeppa in una particella di cellulosa.
Quelle particelle di cellulosa hanno resistito agli anni e alla
noia, finendo in fondo a una scatola di scarpe pronta al trasloco. E poi, d’improvviso
hanno rivisto la luce e hanno riportato a lei i ricordi e il calore di quel
giugno.
E ora?
Leggo nelle striature del crepuscolo il futuro, chiedo di lei, e di me e della nostra zuccherosa solidarietà . Lo domando a questa luce che non vuol finire e sembra finalmente voglia dirmi qualche cosa, rivelarmi un segreto.
Leggo nelle striature del crepuscolo il futuro, chiedo di lei, e di me e della nostra zuccherosa solidarietà . Lo domando a questa luce che non vuol finire e sembra finalmente voglia dirmi qualche cosa, rivelarmi un segreto.
« Sai
quel luogo che sta tra il sonno e la veglia, dove ti ricordi ancora che stavi
sognando?" Quello è il luogo dove io ti amerò sempre... Peter Pan! » dice Trilli al giovane innamorato
Ed io resto aruspice del giorno perso a rimirare
il cielo verso ovest.
domenica 9 ottobre 2016
Maria De Filippi:: Comunque vada, c'èntra sempre lei
No, non è possibile. Comunque
vada, c’entra sempre lei.
La guardi in faccia in
TV, oltrepassando la sua asperità vocale
e il contegno glaciale da pavese in rotta, e moli al volto di una donna capace,
scaltra nel governare il mezzo catodico.
Dopodiché però inventari
l’apporto che davvero accorda ai media italiani, e registri con orrore quanto sadica
sia nell'animo:
ovvero quanto sia rivolta
alla confezione -o confettura- di strazi, mantenendo al tempo stesso l'aria immune
da doli che le consente di muoversi incolume.
Basta d'altronde un
veloce elenco, per sprofondare nel Mar dei Disagi:
dalle pop lacrime di
"C'è posta per te", alle pop e basta dei rintroni unisex,
snonnati e gay pomeridiani, fino alla pezzenteria traboccante che produce ad "Amici"
e l'ultimo gioiello titolato "Tu si que Vales” la solerte copia di "Italia's got talent", passato nel
frattempo dalle parti di Sky.
In apparenza, l'upload
della "Corrida" di Corrado, ma giusto in apparenza.
Perché mentre il signor
Mantoni s’innalzava a mallevadore del pubblico, fronteggiando l'imperizia anche
rude di certi concorrenti con il suo candore, Lady Maria e complici (Gerry
Stacanovista Scotti, Rudy Ignoto Zerbi e Teo Disperso Mammuccari) puntano
all'esatto opposto:
ovvero esaltare nei
panni
dei critici il lato oscuro d’ Italia celandosi frattanto dietro il sacro status
di VIP.
Iersera, ad esempio, il
peggio di "TU sì e sorvoliamo sul talento" non son stati tali Selfiesti
Anonimi che sciamano la vita a elemosinare click con VIP, e nemmeno il fondo si
è raggiunto quando un ciccione agile e analfabeta salticchiava sulle note di
Bailando .
Niente affatto.
La discesa agli inferi
ha avuto ancora una volta per Caronte Maria De Filippi, nell'occasione accanitasi
contro una ragazza, colpevole non tanto di voler lanciare (e questo è bene) un
messaggio contro la violenza sulle donne quanto di aver confidato a Maria e
soci i suoi problemi familiari.
L’incentivo ideale
perché Lady Mary tentasse di detergere l’atmosfera posticcia e pregiudizievole del
suo show con quel nero che fina e sta bene su tutto. Una posa questa, che
avrebbe dovuto garantirle una salva di fischi e
strombazzamenti seriali come avveniva proprio alla “Corrida” , e invece è stata
gratificata dai soliti ascolti.
Segno che gli italiani,
in questa fase, hanno molto da piangere, ma preferiscono quando possibile farlo
sulle disgrazie altrui.
Salvo sorridere, pochi
minuti dopo a "Tu si que vales ", con il milionesimo illusionista che
alberga in questi show.
Quello che serve a
mascherare la molestia subliminale dell’ennesimo strazio artificiale cui il
telecomando ha dato riverbero.
Senza illuminare,
risolvere, sanare. Gemme che sanguinano
repenti . Una ogni tre giorni. Ricordatelo.
sabato 1 ottobre 2016
C'è un delta anche per l'ipocrisia
Che nulla accada e niente si dica e’ una magagna per differire l’inverno.
Da lontano si battono i denti comunque come si
disponessero a un permanere migrante. Abituati alla
resa, non spregiano squilibrio. C’è un delta anche per l’ipocrisia. E noi?
Ci stiamo dentro giocando alla vita.
Ci stiamo dentro giocando alla vita.
giovedì 29 settembre 2016
Gli ottanta anni di Silvio Berlusconi e il modo in cui Mediaset ha deciso di onorarli
La notizia bomba è che oggi,
dal teatrino biscione di Mediaset, è uscito un pensiero potente, e definitivo
anche, che in quanto tale -come a volte capita, anche nelle migliori famiglie-
non ha ottenuto il giusto riscontro.
Opportuno quindi,
riproporlo in serie per confondere il peccato e mutarlo in gratitudine e
innocenza.
Il riferimento e il caso
son gli ottanta anni di Silvio Berlusconi e il modo in cui Mediaset ha deciso
di onorarli. Dentature efficienti e ossessive floride di aneddoti e antenne. Di
una supremazia traditrice e corrente.
Il tema,
attenzione, non è da rubrica di Luciano Onder, bensì da fenomenologia della
politica, ormai sempre più slegata da una fisicità effettiva, e trasfigurata in
un tortino di auguri, sorrisi grati, trasposizioni televisive e suggestioni
virtuali in salsa varia e avariata.
Il corpo vero,
più o meno flaccido, più o meno sudato, più o meno impresentabile, quello di
qualche deputato o sottosegretario che incroci per strada o sul sedile accanto
del treno, è soltanto una protesi, un impiccio, uno strumento antico con cui
fare i conti in vista del tracollo. E questi conti, è palese, non importano più
a nessuno. Perché la vecchiaia assolve e un compleanno rabbonisce e guasta il
flusso spazio temporale annichilendo gioioso tutto. Quello che si dovrebbe dire
e genuflesso in un riverente inchino, pur sofferto improvviso soggiace al
gaudio generale.
Per questo, il
popolo più o meno della libertà non ha ancora mandato a casa il suo esausto
leader, fragile contenitore di acciacchi e follie. E sempre per questo, è
ostico per l'opposizione sostituirlo con un altro capo altrettanto evocativo.
La potenza di Berlusconi, il suo sulfureo totem, è, infatti, estraneo al corpo:
lo respiri nell'aria, nell'etere e nelle cose come un vizio da cui è difficile
guarire. Anche il rottamatore Renzi non ne è stato immune e i grillini l’han in
qualche modo subito pur a distanza.
Merito o
demerito, fate voi, della televisione e del suo figlioccio web, insuperabili
nell'esibire il falso.
giovedì 22 settembre 2016
La tristezza
Aspetto sconvolto da decrepite faglie. Spurgo infinito
crepuscolo,nel sogno di un graffito infante prospiciente il concreto di una
casa.
L’istante invece convoglia un groviglio di visi cerei mentre piomba l’autunno sul patio di una sprovvista evacuazione. Sconvolto da imposta caligine, seguito ad aspettare:
La tristezza è vivere svezzandosi a silenzio e riso scotto.
L’istante invece convoglia un groviglio di visi cerei mentre piomba l’autunno sul patio di una sprovvista evacuazione. Sconvolto da imposta caligine, seguito ad aspettare:
La tristezza è vivere svezzandosi a silenzio e riso scotto.
domenica 4 settembre 2016
Brani
Brani a supplire l’incuria di un’inesattezza
congenita. Quasi un segno del destino se
non si fosse realmente verificato.
Nel mezzo di un “ salva
con nome” che non arriva discese troppo corte per sciogliere l’affanno
assorbendo fetori di acredine e oblio.
C’è sempre una parola che respira in
tutte le altre e non compitarla per intero trancia di netto un sonno snannato
di carezze vispe sazianti notte.
C’è sempre un segno verso la fine una
ruga profonda che ieri non c’era una rondine che si appresta a partire
nell’accorciarsi di luce di una stagione finita.
Che sia nella densità di una diffusa
sottrazione l’incanto vero della vita?
L’orizzonte prossimo a incupirsi fa da
albero maestro.
E quasi autunno è un po’ me ne spiaccio
come chi ricorda una perduta giovinezza spalle incurvate sotto un peso involuto attaccabile frattaglia di una fortezza
mancata.mercoledì 24 agosto 2016
Trema
Trema.
È una piena
di collassi
di ruspe o gridi d’infanti.
di collassi
di ruspe o gridi d’infanti.
Trema
un cielo carico di
nuvole.
Trema
sulle braccia ciondoloni
un cielo carico di
nuvole.
Trema
sulle braccia ciondoloni
in queste ore di tregua
collettiva.
Trema tra Lazio, Marche
e Umbria trema
sfacciato
sfacciato
dissesto.
Trema
sulla novella diva
di aliene fasi,
introiettate in un baleno in un bilancio provvisorio.
Trema sui resti dei corpi inchiostrati
di retorica statale.
sulla novella diva
di aliene fasi,
introiettate in un baleno in un bilancio provvisorio.
Trema sui resti dei corpi inchiostrati
di retorica statale.
Trema la Settimana
Enigmistica
Sul sofà mangiucchiato
ai bordi ,
Trema l’aquila laziale,
trema la Via
Salaria,
Trema la pigrizia
Trema la pigrizia
burocratica .
Trema
sul trionfo del Caos
sul trionfo del Caos
che Gaia concede,
Trema sulle insufficienze
unanimi
e farlo presente davanti a tutti
e metterlo in chiaro una volta per sempre.
unanimi
e farlo presente davanti a tutti
e metterlo in chiaro una volta per sempre.
Trema sui paffuti
ideologismi
di primati dirozzati,
nasi sospesi nelle orbite oculari ,
sul grugno
dei politici sereni
o ingenui,
trema la rotta
del dissenso,
trema “ la ripresa è vicina”,
trema
sugli olivi sofferenti e millenari , sciagura
per duraturo sbadiglio.
di primati dirozzati,
nasi sospesi nelle orbite oculari ,
sul grugno
dei politici sereni
o ingenui,
trema la rotta
del dissenso,
trema “ la ripresa è vicina”,
trema
sugli olivi sofferenti e millenari , sciagura
per duraturo sbadiglio.
Trema, trema tutto, ma dove siamo presenti
non è rovina né frangente,
trema perché se non siamo
è solo Colpa e può schiacciare .
non è rovina né frangente,
trema perché se non siamo
è solo Colpa e può schiacciare .
sabato 20 agosto 2016
Buon campionato a tutti!!!
Il
mercato è una landa di sogni incontaminata dal misfatto dello sbadiglio cui
solo la prova del campo offre l’esattezza delle sue chimere.
Meno
lontane a giudicare dal flusso di denaro circolato in questi mesi. Tanto,
troppo, esorbitante.
Appare
quasi naturale a poche ore dall’inizio del campionato di calcio,
accamparsi languidi sull’amaca del vaticinio immaginando esiti, classifiche,
posizioni. Perché l’immaginazione è il kamasutra dello spirito e lo spirito in
tanta uggiosa e ottusa materialità aiuta.
Sorreggete
anche voi quindi quanto state per leggere, e perdonate se nell’impeto della
discesa, qualcosa, sarà sfuggita .
Il
primo settembre a contrattazioni chiuse, la riprenderò.
Atalanta 6 Dopo anni di salvezze scorbutiche e sparagnine targate Reja, Percassi prova la svolta spettacolo optando per Gian Piero Gasperini chiamato a esportare il suo credo calcistico tutto sprint e attacco oltre l’amata Liguria.
Dovrà
farlo con una squadra al momento incompleta e digiuna di difesa a 3, priva a
centrocampo ,delle geometrie e il fosforo di Cigarini e De Roon . Sulle fasce
occhio a D’Alessandro e spazio davanti al rientrante Paloschi uno dei tanti
italiani che fuori dai propri confini di
pertinenza ha fallito. Basteranno per centrare l’ennesima salvezza? Certo che
sì ma ci sarà da soffrire.
Bologna
5,5 . L’autoesclusione di Diawara e il mancato riscatto
di Giaccherini costringeranno Donadoni all’ennesima impresa . Nagy e Krejci per
quanto promettenti pagheranno qualcosa in termini d’ambientamento e non assicurano
immediati risultati. Ottimo in tal senso l’innesto in mediana di Dzemaili
. Da tenere assolutamente il francese
Mounier appetito dal Crotone . Verdi infatti, ha una brio incredibile e numeri
da campione ma è troppo discontinuo e fragile per supportare adeguatamente il vorace
Destro. Da ultimo se n’è andato anche
Rossettini direzione Torino sponda granata.
In
mezzo a tanti cambiamenti l’unica garanzia è Roberto Donadoni. Più di altri
meriterebbe grano e prestigio. Sta signorile e silente a sbuffar polvere e smussar
granito. Tranquillo. Sarà premiato anche
stavolta.
Cagliari
6, 5 Tommaso Giulini patron del Cagliari è cresciuto alla corte di Massimo
Moratti respirando a pieni polmoni l’eccitazione di grandi vittorie. Come il
suo mentore, il numero uno sardo non ha badato a spese per costruire una
squadra competitiva e assolutamente in grado di ben figurare nel calcio che
conta. Uomini come il campione
d’Europa Bruno Alves , Isla , Padoin ,Ionita son innesti
preziosissimi nella corsa salvezza. Integrati a meraviglia in un centrocampo
arricchito dalle incursioni rapinose e testarde del moldavo Ionita e dalle
invenzioni di João Pedro c’è tutto e anche di più per stupire e sognare
traguardi più ambiti di una semplice salvezza. In avanti Borriello e Sau , tra
un selfie e belle donne sorridono felici. Quest’anno sull’isola ci si divertirà
da matti. Speriamo Rastelli sappia godere di tanto ben di dio. Fallire sarebbe criminoso.
Chievo
6 . Nel piccolo quartiere veronese nulla è cambiato. Se non il portiere. Via il
grande Bizzarri è arrivato il magnifico Sorrentino. Non l’acclamato regista. Ma quello che serve comunque per salvarsi. Sarebbe stata utile altresì un
pizzico di imprevedibilità in più ma s’è evitato il tifone Balotelli e tanto
basta a esser felici . Perché allora un voto così cauto? Perché tanta
immobilità potrebbe generare nella squadra false sicurezze e morbide
motivazioni. Tutte da verificare quelle di Maran che a giugno voleva andar via.
Spiace
infine,che in una squadra tanto esperta, non sia stato confermato Simone Pepe.
Le sue bollicine seppur falcidiate da mille infortuni, avrebbero fatto comodo a
una squadra mogia. Forse troppo.
Crotone
4 Il diesse Ursino ha deluso. Chiamato a rinforzare la squadra in sede di mercato
con quegli elementi atti a conferire esperienza a una squadra giovane, l’ha
infarcita di stranieri e scelte incomprensibili. Ad iniziare dalla panchina
dove è stato chiamato Davide Nicola uno che è famoso per aver dato un bacio a
una poliziotta dopo aver segnato un gol in un derby e poi basta.
Perché
una volta diventato allenatore non ha mai colto risultati di rilievo. Quali
meriti lo abbiano portato sulla panchina pitagorica è un mistero. Come oscuro
pare tutto il mercato crotonese.
Viepiù
orientato a giocare con le tre punte, non pare avere gli uomini giusti per
interpretarlo. Simy in avanti è una
scommessa e Tonev a Frosinone oltre a tiri sballati non ne ha mai imbroccata
una.
Ergo
forse Budimir andava trattenuto e per il volenteroso Palladino sarà durissima.
Empoli
6 . A dieci giorni dalla fine del mercato la sufficienza la merita tutta. Al
netto delle partenze di Tonelli, Mario Rui e Paredes, Cosic , Pasqual e Maiello
non son proprio da censurare. Se poi restano Saponara e Pucciarelli, la
salvezza è ampiamente possibile. Per non
parlare dell’inossidabile Gilardino cui toccherà giocarsela davanti con l’altro
vecchietto terribile Maccarone. Non
proprio pochissimo sul treno salvezza. Unica incognita Giovanni Martusciello in
panchina. Grintoso ed essenziale, in campo è alla primissima esperienza da
allenatore. Tuttavia aver avuto maestri come Sarri e Giampaolo, gli avrà
giovato e non potrà non far bene.
Fiorentina
6, 5 Silenzio parla Corvino. Restaurare
in tal sede il popolare motto corredante la pubblicità della rinomata pasta non
è peregrino. Il povero Pantaleo di ritorno da Bologna , non ha potuto contare
su un budget all'altezza facendo incetta di giovani di belle speranze e grandi sogni.
Aver trattenuto Tello è un preziosismo notevole. Occhio inoltre al figlio
d’arte suprema Hagi. De Maio in difesa è innesto di carattere ed esperienza.
Tanta roba per il fascinoso Sousa che quest’anno potrà contare anche sul
ristabilito Rossi. Gran coppia con Kalinic e
divertimento assicurato per i tifosi gigliati.
Genoa
6, 5 . Abituato a rivoluzioni forzate e spesso capricciose Preziosi stavolta se
ne è stato quieto limitandosi allo stretto indispensabile consegnando al nuovo
tecnico Juric una squadra solida con licenza di stupire. Gentiletti, Veloso,
(marito della figlia del presidente), Ocampos promettono tanto e bene.
Pavoletti, forse consapevole dei suoi limiti (perché ne ha) è rimasto e può
sorridere. E con lui tutto il popolo genoano. Il giovane Simeone infine, è proprio
una chicca.
Inter
7, 5. No distinti lettori non son impazzito. La vera anti – Juve è qui. Ok il
teatrino Mancini sarebbe da 4 ma non è colpa dei cinesi se Roberto era stanco e
demotivato. Anzi cosi com’è, l’Inter è da primi tre assolutamente. Banega e
Candreva son due valori assoluti. Qualcosa da rivedere sulle fasce dove Ansaldi
e soprattutto Erkin non convincono . I cinesi interisti voglion giocarsela e
vincere De Boer è uomo pragmatico e offensivo e spegnerà qualsiasi scetticismo.
Ali come Candreva e Perisic posson far volare chiunque. Anche l’Icardi
capriccioso dell’ultimo periodo.
Juventus
9. Potrebbe sembrare antisportivo col
braciere d’Olimpia ancora acceso, ma non si può non esorbitare altrimenti. La Juve merita tutti i favori del pronostico.
Non solo perché era già forte. Ma perché così come è adesso è fortissima.
Benatia. Pjanic, Higuain son innesti con vista semifinale di Champions
garantita. Certo manca la cresta di Pogba ma il mercato non è finito e per il
campionato italiano e la sua scarsa qualità, Lemina e / o Asamoah basta e
avanzano. Per la Champions servirebbero un Sissoko o un Matuidi ma Marotta e
Paratici hanno già fatto tanto. Volete non sian attrezzati per il tantissimo?
Applausi . Da quest’anno non più solo una canzone dei Camaleonti anno
1968. Quelli sufficienti ad acclamare
una squadra sontuosa.
Lazio
6. Nonostante una società a dir poco instabile ,la squadra c’è ancora e pare
quasi un miracolo.
Tuttavia
i malumori non sembrano sfumati e questo condizionerà il lavoro del pur bravo
Simone Inzaghi.
Il
sostituto di Candreva ancora non c’è. Affidarsi alla coppia Cerci - Immobile un
azzardo che conviene, ma non basta. Il resto poi, son dimenticabili scommesse esterofile
che non scaldano il tifoso e neppure il voto .
Milan
5 Per il momento a Milanello sorride solo Montella. Il resto è una squadra che
viaggia a scartamento ridotto e motore in riserva. Nomi a parte se l’uomo della
svolta si chiama Josè Ernesto Sosa giocatore che ha fatto dell’impalpabilità il
suo credo e la sua carriera, significa che il cambiamento al Milan deve ancora
portare i suoi frutti.
Peccato
perché i nomi pur ci sarebbero . manca il resto però . ed è fondamentale.
Così
com’è il Milan farà fatica a guadagnarsi un posto Uefa.
Napoli
7. La partenza di Higuain toglie tanto alla squadra partenopea. Non son i gol
ma i movimenti e l’incisività che l’argentino garantiva a mancare: Gabbiadini
nonostante la sua testardaggine non è una prima punta, e Milik dovrà
ambientarsi. Tuttavia a gioco lungo la qualità e la bravura della squadra verrà
fuori e dopo i piagnistei estivi, i tifosi azzurri potranno ancora sorridere.
Anche perché pur senza fuochi d’artificio Giuntoli s’è mosso bene allungando la
panchina e le risorse a disposizione di Sarri che per me è pure più bravo di
Sacchi e stupirà insegnando calcio e divertendo il mondo.
Giaccherini
e Zielinski son rinforzi maestosi e Diawara e Rog puntelli eccellenti. Qualche sceneggiata in meno di De Laurentiis
è questo Napoli è da primi tre posti comunque.
Palermo
4. Diciamolo chiaramente: se il Palermo vuol retrocedere ci riuscirà
sicuramente. Troppa spavalderia è presentarsi ai blocchi di partenza di Serie A
con una pletora di esordienti.
Forse
Ballardini doveva andarsene. Forse ci penserà tra poche partite lo stesso
Zamparini . forse è proprio lo stesso Zamparini a non poterne più e si è
condannato da solo prima del via sta di fatto che per il Palermo stavolta
salvarsi sarà difficilissimo.
Pescara
6. Al contrario del suo collega palermitano il massimo dirigente abruzzese c’è
l’ha messa tutta per non sfigurare. Bizzarri,Campagnaro, Aquilani, Cristante
son rinforzi concreti e sfiziosi. Manca una punta all’altezza ma negli ultimi
giorni di mercato può succedere di tutto. Per ora, è importante non partire
battuti . l’entusiasmo di Oddo sarà fondamentale in questo. Aver trattenuto
Caprari e Verre ancora di più.
Roma
7. Pjanic mancherà alla Roma più di quanto Higuain mancherà al Napoli.
Strootman in mezzo al campo è un gran recupero ma Jesus e Vermaelen non paiono
proprio il ritratto dell’impermeabilità . poi Spalletti è un valore aggiunto e
l’attacco un portento.
Tuttavia
sarà ancora Totti il centro di tutto. E’ questo per la Roma non è un vantaggio.
Sampdoria
6 Povero Giampaolo. Voleva il Milan gli
è capitata la Sampdoria è non è detto sia un male. La squadra c’è tutta. La
società forse no ma se Giampaolo sarà indifferente agli istrionismi di Ferrero
Muriel e Quagliarella promettono faville. Praet poi è un colpo da applausi.
Sassuolo
6, 5 Ammettiamolo: il Sassuolo vale di più. Ma la cessione di Sansone è stata
sconcertante. Politano come sostituto va bene ma a gioco lungo ci vorrà qualcosa
di più.
Matri
in certe partite “sporche” sarà
utilissimo ma Defrel gli sta ancora davanti dove Berardi e garanzia di gol e
spettacolo.
Sarà
ancora Uefa? Sì . Mica si sogna solo con i cinesi.
Torino
6, 5 Mihajlovic storcerà il naso ne son convinto. Ma sostituire Glik con Rossettini è una bella
impresa e Castan è tutto da verificare.
Tuttavia
se c’è una squadra dove il serbo può fare la differenza è proprio il Torino con quel centrocampo muscolare e quell’attacco
favoloso . Sì perché il trio Ljajc – Belotti – Iago e proprio fantastico. Ad
altezza Uefa oggi e dell’immensa storia del Toro domani .Scommettiamo?
Udinese
6 Senza Di Natale difficile qualsiasi previsione sul fato friulano. Iachini è
chiamato a dimostrare di essere un tecnico abile non solo a governar situazioni
difficili.
Anche
perché l’Udinese è una squadra e società futurista e al passo con i tempi.
Quella che serve a dimenticare Totò e abbracciare questa stagione al via.
De
Paul poi, è un gioiello inestimabile.
Come
voi tutti per me.
Buon
campionato a tutti!
martedì 9 agosto 2016
L'ultima maschera di Silvio Berlusconi
Non è stato un passaggio di consegne qualunque,
quello con cui si è dileguato nel trascorso Silvio Berlusconi. Non è stata la
semplice fine di un imprenditore anticonformista che ha messo lo smoking alle nostre
vite meste e smanicate.
Il quadro dolente di Silvio Berlusconi, non il
birbante cui si è voluto bene, l’elegante signore che schiariva amabili
orizzonti , ma un anziano pietrificato dal dolore stretto nelle maglie dei suoi
problemi di salute, con un velo corsaro agli occhi, che gli offendeva il viso, questo quadro insomma
con al centro un uomo al limite del
dolore è la sintesi di una morte
sintetica prima che terrena: la fine di
una gloriosa stagione imprenditoriale e sportiva, quella appunto vissuta dalla
coppia Berlusconi - Galliani, fatta di eccitamenti e sfacciataggini, smisuratezza e genialità sofisticata.
Un mondo che fu, e che più
non è, violentato
definitivamente dall'avvento di cinesi, uomini della riservatezza sempre e dei
bilanci prima di tutto. Un contrappasso epocale da vivere recluso, meglio
ancora se addebitato ad altri . Con l'intelligenza, anzi il fiuto che non gli
difetta, ha intuito la portata dell'evento edificando così la sua ultima
maschera. La terminalità innegabile di una stagione italiana che si è espressa
e riconosciuta anche attraverso le imprese e il potere della sua creatura
calcistica.
Tutto porta
via il tempo, avrà pensato con terrore il presidente del Consiglio
mentre sanciva di suo pugno l’addio alla sua burla più riuscita e costruiva il
suo personale reality.
Anche il suo Canale 5, la sua Italia uno il suo Retequattro, schiantati dalla banalità dell'offerta e dalla bomba tecnologica, stanno arrivando alla fine.
E così pure, clamorosamente, la sua giustificazione politica, fatta di un tutto e niente che si equivalgono e sopravvalutano. Su un orizzonte ora completamente nero. Non (solo) di rabbia.
Anche il suo Canale 5, la sua Italia uno il suo Retequattro, schiantati dalla banalità dell'offerta e dalla bomba tecnologica, stanno arrivando alla fine.
E così pure, clamorosamente, la sua giustificazione politica, fatta di un tutto e niente che si equivalgono e sopravvalutano. Su un orizzonte ora completamente nero. Non (solo) di rabbia.
venerdì 5 agosto 2016
Come tirare i dadi e puntare su otto
La
perfezione non è permanente,
dura
solo un attimo.
(Nadia
Comaneci)
Vivevano a pochi chilometri di distanza. E i loro nomi, tutto sommato, non contano ma se proprio li volete e non riuscite a farne a meno lui chiamatelo G. lei M. perché in vita mia non ho mai conosciuto un G. che non abbia avuto a che fare con una M. e perché dentro una G c’è sempre una M. Fidatevi, io lo so.
Questa comunque se volete, a prescindere
dai vostri nomi e cognomi, è la loro storia.
Quando era stato il momento di decidere per le
loro vite un po’ per dubbie credenze e
un po’ per accidente, G. e M. si erano ritrovati
a fare scelte discordanti.
Ma non differenti o poco attigue.
Proprio del tutto divergenti. Contrarie.
Lui amava alzarsi la mattina presto,
anche se non aveva niente d’immediato da fare. Gli pareva di perdersi il meglio
della giornata, restando a letto quando era già ben riposato e quando,
d’inverno, la notte ci metteva di più a districarsi in dì poco brillanti.
Lei diceva che le trapunte erano il suo eccesso.
E stava attenta a non dire lenzuola, per non essere travisata e apparire di
colpo oziosa o peggio lussuriosa. Perché M. non disdegnava la comitiva, ma
stare a letto le piaceva come un bicchiere di grappa davanti al camino. Una letizia
da godere. Meglio da soli, se nessuno ne comprende il significato. Che da
lussuriosa ad alcolizzata ai tempi d’oggi come cantava Anna Oxa nel 1986, è
tutto un attimo.
Lui la sera leggeva molto retinando
parole nella speranza di trovarne una che potesse sintetizzare quella bassa
statura che mal si combinava col suo sguardo drammatico e intenso. Le parole
gli erano sempre piaciute. Gli sembravano infinite possibilità di una vita
diversa. Ciottoli levigati dal mare dell’esperienza, sempre pronti a lanciarsi
in una nuova avventura, a volte le parole parevano scorrere pallide nell’ingorgo
della saliva eppure si sorprendeva ancora quando ne trovava una brillante in
mezzo alle altre come uno zaffiro in un frantume di bottiglia e in quel brivido
da arcigno conquistatore s’addormentava morbido. Indefinitamente pago
di quel letargo meditabondo. In fondo tutto quell’indagare era la sua corazza. Ci
si contrava dentro fitto come per ricevere una spinta verso la mattina dopo.
Lei la sera aveva sempre mille cose da
fare. Spettacoli, concerti, vedere uno. Ma anche quando aveva un compagno quel
“vedere uno” era rimasto un atto indeterminativo e non si era mai legata a
nessun uomo degno di un articolo determinativo perché pur slanciata e bella,
non faceva mai il passo più lungo della gamba. Non per discrezione e sagacia. Ma perché i toni sfumati tutto sommato le stavano bene e soprattutto non destavano
preoccupazioni. Andava sempre a letto presto, a volte senza neanche cenare, per
non avere scrupoli l’indomani e mantenere la linea.
Una mattina di fine novembre G. e M. s’incontrarono
a casa di amici comuni, nel campo neutro dei loro personali dilemmi. Parlarono
con gentilezza e si guardarono adagio, come se ci fosse una diversità da salvaguardare.
Istintivamente si riconoscevano. Razionalmente erano due assoluti estranei. Non
una situazione, un posto, un appuntamento, un evento che li cogliesse insieme e
maturasse futuro.
Ma la loro indole indicava ad ognuno di loro che
quella assoluta diversità era come l’amore. Un’impossibile e fatata coincidenza
di totale - assoluta profetica affinità.
Come tirare i dadi e puntare su otto.
E vedere saltare fuori per venti volte di fila otto, in uno stupore che aumenta
di un soffio ogni lancio. Solo che nel loro caso era come fare venti volte quattro, avendo puntato su otto.
Come amarsi per intero per una serie di combinazioni smarrite, ma smarrite con compiutezza
aritmetica. Per nove mesi interi. Senza mai oltrepassare il confine perfetto di
quella disfatta intesa. Poi venne l’estate e benché il testosterone assaltasse le reciproche
diligenze epidermiche chiedendo perentoria definizione il sacro senso del pudore
non calò mai la sua severa attenzione. Mai. Fino alla fine quando un gesto
qualunque può consegnarti al paradiso degli intrepidi o condannarti all’inferno dei
vili . Intrappolati in un eterno istante,
s’accontentarono di un sorridente purgatorio.
Distolsero lo sguardo dopo un numero
infinito d’istanti e non ci pensarono più. Quasi più.
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