sabato 20 agosto 2011

"Tyson"


In paese tutti lo chiamavano "Tyson" perchè anche se era magro come un chiodo, con quel suo alito che sapeva del vino più scadente in circolazione, era capace di metterti kappaò.
Forse una volta un nome c'è l'aveva avuto pure lui, ma ora non contava più, e se pure in qualche modo sarebbe potuto servirgli, non se lo ricordava nemmeno.
Di "Tyson" si sapeva in giro solo quello che si poteva intuire da quel poco che era possibile chiedergli nei pochi momenti di lucidità che l'alcol gli concedeva.
"Tyson" era un quasi barbone ( le definizioni nette sono per quelli che hanno la coscienza sporca con la vita diceva), senegalese di quarantacinque anni che la vita tutto sommato aveva trattato bene.
Il Comune gli aveva regalato un tetto dove poter riposare e tutto il paese faceva il possibile per garantirgli un'esistenza dignitosa.
"Tyson" stava bene quindi e alla vita non aveva mai chiesto nulla. Neppure un lavoro.
Nonostante nella sua vita passata (come la chiamava lui), avesse conseguito un Master in Economia che gli aveva permesso d'occupare una posizione di rilievo all'ambasciata senegalese in Italia, ad un certo punto aveva detto basta preferendo i languidi marciapiedi del paese alle poltrone in similpelle del suo ufficio.
"Tyson" probabilmente non ne era perfettamente consapevole, ma era davvero simpatico.
Lo pensavano tutti in paese.
Anche Antonio che infatti lo preferiva di gran lunga alle schiocchezze con cui la madre si rimbambiva quotidianamente davanti alla tv.
Era un gran camminatore "Tyson".
Sei chilometri al giorno il suo allenamento quotidiano. Quelli che lo separavano dalla sua casa che stava alla periferia del paese. Era tutta buchi e ci pioveva sempre dentro.
Avrebbe potuto lamentarsi, inoltrare querele, fare ricorsi ma non fece mai nulla.
A chiunque gli domandasse il perchè di quel silenzio lui nel suo accento spiccatamente anglofono rispondeva: "Le gocce di pioggia? Le lacrime son peggiori". E dicendo questo regalava all' inquisitore di turno sempre un fazzoletto con un ricamo artigianale sopra.
Quei fazzoletti ricamati diventarono presto il marchio di fabbrica di "Tyson" che per quei piccoli capolavori chiedeva solo cinquanta centesimi.
Una cifra tutto sommato onesta rispetto a quelli che pretendevano quei poveri che s'attardavano pigri in piazza tutti i giorni e che gli consentiva d'infilarsi la sera nel discount del centro per comprarsi la sua quotidiana provvista d'alcol e illusioni.
Ma non è finita qui: "Tyson" era un'artista polivalente; oltre ad essere un'artista del taglia e cuci era anche un mago della nicotina.
Difatti era bravissimo nel raccattare tutte le cicche che trovava in terra e a fumarle fino all'ultima traccia di nicotina disponibile.
Tutte le volte che Antonio e "Tyson" s'incontravano era automatica la piccola transazione economica.
Non sapeva se tutte le storie che si raccontavano in giro su di lui fossero vere o solo un parto della mente pettegola della gente, ma in cuor suo sentiva di stimare davvero quell'uomo.
Qual'era in fondo, la reale differenza tra loro due? Nessuna.
Eppure che ci crediate o no, era lui a sentirsi inferiore ogni qualvolta il suo sguardo incrociava quello di "Tyson".
In lui vi era qualcosa che non aveva mai visto da nessun'altra parte e in nessun'altro essere umano.
Il peso di una libertà desiderata, afferrata e difesa contro tutto e tutti.
Il segno di questa conquista lo sbaragliava completamente facendolo a pezzi.
A pezzi.
In fondo la cosa non doveva disturbarlo troppo.
La sentiva ormai come la sua condizione naturale.
Era una vita che non faceva altro che dissiparsi qua e là senza ricomporsi mai del tutto.
Nell'altera fierezza di quell'uomo invece, vi era tutto quello che lui non era e solo per quella conferma quotidiana sentiva che valesse la pena darglieli quei soldi.
Questo tacito baratto continuò fino al giorno in cui lui disse "Non sai quanto rinuncerei a questa moneta in cambio di due parole".
Per Antonio fu una folgorazione.
Rimise subito in tasca il cinquantino e cominciò una chiacchierata infinita con quell'anima scordata e d'improvviso tutto gli parve più chiaro e la vita gli sembrò per una volta più bella.







2 commenti:

  1. bello bello bello... questo Tyson trasmette davvero l'idea della libertà assoluta,ed è quasi impossibile essere liberi in una società che ti incatena col consumismo e il materialismo sfrenato,con idee che non sempre sono nostre e con i mass media e la gente che con le loro parole rimbombanti nelle nostre orecchie ti dicono cosa fare e come comportarti... Un saluto :)
    DarkSide

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  2. Grazie DarkSide.........!!!!!!!!!
    In quanto esseri umani abbiamo il dovere d'esser liberi.........
    Fino a che saremo preda della competitività questa resterà solo un miraggio lontano........
    Impariamo quindi a cercare e a coltivare il Tyson che è dentro di noi...........
    Non vinceremo campionati mondiaki ma neanche saremo sconfitti dalla vita.............
    Che è il miglior /peggior avversario che ci potesse capitare........
    Buona serata!!!!!!!!!!! e un forte abbraccio!!!!!!!!!!
    Continua a seguirci e facci seguire!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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