venerdì 30 luglio 2010

Quello che perde i pezzi (E pensare che c'era il pensiero '94-'95) G. Ga...



[parlato]: Il polpaccio nella mia vita non è determinante. Ne posso benissimo fare a meno. Quando m’è caduto non me ne sono neanche accorto.

Ahi, ahi, ahi, ahi!

Perdo i pezzi ma non è per colpa mia
se una cosa non la usi non funziona
ma che vuoto se un ginocchio ti va via
che tristezza se un’ascella ti abbandona.

Che rimpianto per quel femore stupendo
ero lì che lo cercavo mogio mogio
poi dal treno ho perso un braccio salutando
mi dispiace che c’avevo l’orologio.

Ahi, ahi, ahi!
[parlato]: Che distratto, perdo sempre tutto!

Passeggiavo senza stinchi col mio amore
ho intravisto nei suoi occhi un po’ d’angoscia
io l’amavo tanto e c’ho lasciato il cuore
c’ho lasciato già che c’ero anche una coscia.

A una festa con gli amici ho perso un dito
"Ve l’ho detto di non stringermi la mano!".
Son rimasto un po’ confuso e amareggiato
quando ho visto le mie chiappe sul divano.

Ahi, ahi, ahi!
[parlato]: Che routine. Così uno si smonta. Guarda quello lì, c’ha ancora una tibia. Che invidia.

C’è qualcuno che comincia a lamentarsi
"Che disordine in città", io lo capisco
tutto pieno di malleoli e metatarsi
a momenti scivolavo su un menisco.

Oramai io camminavo con il petto
c’era uno senza pancia, un po’ robusto
era fermo e mi guardava con sospetto
solidale c’ho lasciato mezzo busto.

Ahi, ahi, ahi!
[parlato]: C’era lì anche un mendicante, senza gambe e senza braccia. Non lo cagava nessuno!

Con quel poco che c’ho ancora me la cavo
non mi muovo ma ragiono molto bene
ora c’ho praticamente un gran testone
e un testicolo per la riproduzione.

Ahi!
[parlato]: Va be’, vorrà dire che non farò sport.
Ahi!
[parlato]: Però mi vengono bene le parole crociate.

Ahi, ahi, ahi!

venerdì 23 luglio 2010

Facebook e il nuovo ballo dell'estate


Lo ammetto: sono sempre stato refrattario ai cambiamenti e quando l'ho affrontati li ho quasi sempre subiti.
Non e stato così con Facebook.
Dal primo momento che l'ho incontrato mi è sembrato mi aspettasse pronto a catturarmi nella sua rete di amicizie, tag e foto improbabili.
Io a tutto questo ho cercato d'oppore la mia naturale propensione al racconto e un pizzico di narcisismo messianico.
E così commento dopo commento, connessione dopo connessione, link dopo link, nascono curiose dipendenze da cui spero di salvarmi con questo pezzo - confessione che, (giova ricordarlo), è il risultato di una breve (in)esperienza.
Mi scuserete quindi se troverete tutto questo trito e ritrito o comunque già detto.
Non posso comunque non dirlo quindi lo dico: sono finito anch'io nel branco di quelli che leggono 10 mail, ne scrivono venti, poi controllano le risposte accogliendo con larghi smile quelle positive ed eliminando quelle negative.
Per non parlare del telefono che squilla, dei bambini che reclamano, le mamme che , implorano, lo stomaco che borbotta e ti distrae....
In mezzo a questi puntini sospensivi ed esigenze altrui uno dovrebbe studiare o comunque dedicarsi un pò a se stesso nellla speranza di riscoprire l'otium oraziano ma a quel punto di solito è già notte fonda e bisogna andare a dormire.
Questo penoso stato di cose si può spiegare così: l'entusiasmo per il nuovo mezzo conduce all'abuso. Accade così anche ai quattordicenni con il motorino: sono così contenti d'averlo che continuano a girare per l'isolato fino a che non fondono il motore.
Ma i quattordicenni non lavorano; io dovrei farlo invece.
Non sono un sociologo, ma credo che tutto questo si riassuma in quattro parole che poi possono diventare (e statene certi lo diventano ), quattro passi base di un nuovo ballo che voi avete sempre danzato senza rendervene conto:il SU- SU - SI - SA.
Volete conoscerlo? Sì? Bene: state pronti e seguite con attenzione.
Primo passo.
SUBITO; La rapidità ci ha schiavizzato obbligandoci ad avere fretta anche quando non c'è ne alcun bisogno.
Secondo passo.
SUPERFLUO; Al tempo in cui comunicavamo ancora con il telefono se ricevevamo dieci telefonate ci sentivamo accerchiati: ora se non parliamo con almeno cinquanta amici ci sentiamo soli.
Terzo passo.
SINISTRO; Siamo legati da uno squillo e ci vediamo attraverso una fotina è la questione non è simpatica.
Quarto passo.
SALATO Sommando tutti i soldi che abbiamo speso in ricariche e rinnovi di promozioni e offerte e chiavette Internet avremmo potuto fare un milione di cose bellissime invece di star li a schiacciare pulsanti.
Guardare il cielo ad esempio.
Non c'è digitale terrestre che tenga. Oltre la finestra poi, è ancora più bello.

mercoledì 14 luglio 2010

Pagellone dei Mondiali di calcio: quando Publilio Siro può essere più stimolante di Kakà...


“Vento d’estate. Noi andiamo al mare, andiamo al mare”.
Così cantava nel 1998 Niccolò Fabi insieme ad un (sempre) zazzeruto Max Gazzè.
Probabilmente anche voi per sfuggire alla calura estiva, avete fatto questa scelta e ora mentre io scrivo queste note, sorridete spaparanzati su un’amaca sorseggiando non so qual multicolore intruglio alcolico. Ma l’estate (per fortuna o purtroppo), è anche altro.
Tempo di risultati voti, responsi.
Numeri da cui dipendono vita, futuro e carriera di tutti voi cari lettori /lettrici, e condizioneranno per sempre la vostra esistenza.
Chi è già in vacanza, (anche se per poco), invece sono i protagonisti di questo brutto, opaco, trasparente Mondiale cui dedichiamo una pagella speciale. Forse l’unica che compilerò in vita mia e per la quale ringrazio tutti quelli che mi hanno raccontato le loro emozioni mondiali supplendo alle mie frequenti pennichelle con robusti e adeguati resoconti.
Lo ammetto: questo Mondiale non sarà mai in testa alla mia personale classifica di gradimento mondiale e anche se faticherete a crederlo le amare Sententiae di Publilio Siro mi hanno emozionato di più dei numeri convenzionali di un Kakà come mai fedele al suo latrinesco soprannome.
Ma dopo un mese di calcio e con la promessa di non occuparmene più per un pezzo passiamo ai voti che non sono giova ricordarlo, inappuntabili come quelli religiosi né dopotutto vogliono esserlo.
Indi per cui, qualora vogliate sono disponibile a qualsiasi dibattito in merito.

10 – Spagna
Obbligatorio, doveroso, automatico.
Non si può ignorare il risultato del campo. La Spagna ha vinto con un pizzico di fortuna, ma sfido chiunque a non trovare una vincitrice che non abbia sfruttato i favori della Dea Bendata. Dalla loro le Furie Rosse hanno avuto il collettivo. Il miglior portiere del torneo, forse il migliore al mondo. Una difesa solida (solo due reti prese, come l'Italia quattro anni fa). Un centrocampo bello da morire, con Del Bosque che si è potuto godere la compagnia di Fabregas in panchina. Un Villa fenomenale uomo-gol, anche se nelle ultime due gare ha pagato una posizione a lui non congeniale. E appunto Del Bosque, che ha avuto il merito maggiore nel non voler snaturare la squadra che due anni fa si era issata meritatamente sul trono d'Europa. L'ha ammesso candidamente che questa vittoria era il frutto del lavoro del suo predecessore, Aragones. Un tocco di modestia tipico di un sapiente gestore di uomini che a Madrid ancora rimpiangono.

9 – Diego Forlan
Votato a sorpresa miglior giocatore del torneo. Per una volta il premio della Fifa non guarda all'appeal pubblicitario dei candidati, ma all'effettiva influenza sulle sorti della squadra. Certo, l'Uruguay di Forlan è arrivato "soltanto" quarto e l'attaccante dell'Atletico Madrid ha fatto meno assist del bravissimo Muller vedendosi così sfuggire il titolo di capocannoniere, ma nessuno può mettere in dubbio la sua figura di vero e proprio uomo-squadra. Si è saputo sacrificare in posizione arretrata per favorire gli inserimenti di Cavani e Suarez, che partivano larghi. A chi è amante di storia del calcio, viene in mente Nandor Hidegkuti, rivoluzionario centravanti arretrato della grand’Ungheria degli anni Cinquanta. Nel calcio ormai non s’inventa nulla, ma Tabarez da buon maestro ha saputo far retto uso degli insegnamenti del passato.

8 – Sudafrica
Nei mesi che hanno preceduto l'inizio del mondiale i mezzi d’informazione dipingevano il Paese quasi in stato di guerra, con tanto di rivolte della popolazione nera quasi inevitabili. Non è successo nulla di tutto ciò. Organizzazione perfetta, stadi eccellenti e avveniristici. Clima di festa sugli spalti anche se per la prima volta la nazionale di casa ha lasciato il palcoscenico al primo turno. Bellissima la cerimonia inaugurale e simbolica quella di chiusura, prima della finale, con tanto di passerella di Madiba, al secolo Nelson Mandela, che per motivi di salute non ha potuto assistere alla gara. Unica pecca, non so quanto imputabile all'organizzazione e quanto alla Fifa, la scelta della premiazione sul palco. Avrei personalmente preferito vederla sul terreno di gioco, come quattro anni fa.

7 – Ghana
Ha tenuto alto l'onore del calcio africano e l'ha fatto alla grande. Mai nessuna squadra del Continente Nero era arrivata tanto vicina alla semifinale. Vicina pochi centimetri, quelli che potevano trasformare il rigore di Asamoah Gyan da incubo a sogno. Al di là della gara contro l'Uruguay, comunque, le Black Stars hanno mostrato nel corso del torneo di meritare il titolo di reginetta d'Africa. Un calcio totale reinventato assecondando l'istintività dei calciatori, con tanti giovani messi in mostra e pronti per farsi onore in Europa. Da Kevin Prince Boateng ad André Ayew, da Jonathan Mensah a Samuel Inkoom. Complimenti al C.T. serbo Milovan Rajevac, ennesimo tecnico straniero andato ad insegnare calcio nella speranza che un giorno anche un'africana riesca a sedersi al tavolo dei grandi.

6 – Le Vuvuzelas
Sulla bocca di tutti, metaforicamente e non, nella prima parte del torneo. Il suo impatto sui timpani degli spettatori è andato calando a mano a mano che ci si avvicinava all'atto conclusivo, tanto da guadagnarsi la sufficienza. Alla fine il mondiale si ricorda anche per queste cose e se pensiamo che quattro anni fa le vuvuzelas avrebbero potuto annullare il Popopopopopo non ci sentiamo di condannarle senza attenuanti. Un 6 anche al polpo Paul. Lui merita un bel 9, ma va fatta la media col 3 ai giornalisti che non hanno trovato di meglio che trasformarlo nel protagonista dell'ultima fase del torneo con tanto di ormai abusato: "C'è un pizzico di Italia, ancora, in questo mondiale".

5 – Diego Armando Maradona
Fino ai quarti è stato il protagonista principe. Più dei calciatori, tra i quali si comincia a capire che non è così semplice trovarne uno al suo livello. Ci ha provato, fallendo, Messi, alla fine consolato dal suo idolo nonché allenatore. Proprio da allenatore, però, Diego ha rovinato tutto. Certo, l'Argentina non era una squadra all'altezza delle migliori, nonostante il super reparto d'attacco, basta ricordare che al suo arrivo, a qualificazioni in corso, l'Albiceleste non era certo sicura del posto in Sudafrica. El Pibe ha pagato la scelta di trascurare completamente la fase difensiva e, visto anche il successo finale della Spagna, si è visto come le vittorie nascano ormai dal prendere un gol meno dell'avversario.

4 – Felipe Melo
Simbolo di un Brasile poco amato dai Brasiliani perché impostato più per non prenderle che per darle. Alla fine, forse non casualmente, è proprio lui a far naufragare il progetto di Dunga. Già nelle gare precedenti era parso nervoso, complice anche la stagione disastrosa alla Juventus, ma contro l'Olanda compie il capolavoro al contrario. Devia nella propria porta il tiro-cross di Sneijder, si dimentica l'interista in piena area di porta nell'azione del 2-1 e lascia i suoi compagni in inferiorità numerica con un intervento brutale e gratuito su Robben. Al ritorno in patria ha bisogno della scorta per lasciare l'aeroporto. Rivederlo in maglia auriverde sarà molto difficile.

3 – Inghilterra
Mai come quest'anno l'Inghilterra era sbarcata alla fase finale convinta di poter quantomeno accomodarsi tra le prime quattro. I proclami di un Capello solitamente attento ad evitare facili entusiasmi avevano fatto salire alle stelle l'ottimismo sull'isola. E avevano ingannato anche me, che come ben sanno i frequentatori di questo posto avevo inserito l’Inghilterra tra le mie favorite alla vittoria finale (l’altra era la Spagna).Ottimismo presto crollato di fronte a prestazioni scialbe, con portieri non all'altezza, difensori in bambola, centrocampisti fisicamente a terra e ad un Rooney irriconoscibile. Alla fine il tecnico friulano ha conservato il posto, non si sa se per sincera fiducia nei suoi mezzi o per il peso del suo ingaggio.

2 – Jabulani
Ad ogni mondiale il pallone ufficiale tocca sempre livelli estremi in fatto di imprevedibilità nelle traiettorie rendendolo odioso ai portieri. Lo Jabulani, ultimo "gioiello" dell'Adidas ha stupito tutti e messo d'accordo portieri ed attaccanti. Ingestibile per chiunque tentasse un controllo o una presa. Sensibile al minimo soffio di vento. Unici in grado di controllarlo sulle punizioni sono stati i giapponesi e Forlan, che dunque si merita ancor più il Pallone d'Oro del torneo.

1 – Italia
Anche la Francia ha lasciato il Sudafrica con le ossa rotte e dilaniata da lotte intestine. Ma anche se il mal comune è un mezzo gaudio non si può non assegnare le orecchie d'asino alla nostra spedizione. Sbarcati da campioni del mondo, abbiamo lasciato la scena da ultimi nel girone più agevole della prima fase. Battuti dalla modesta Slovacchia e incapaci di superare i carneadi neozelandesi, gli azzurri si sono lasciati alle spalle un'immagine di decadenza che ora sarà difficile da cancellare. Una squadra vecchiotta, ringiovanita da elementi di scarso spessore tecnico e priva di un minimo barlume di fantasia. L'attaccante più in forma lasciato in panchina fino all'ultima mezzora e una difesa che ha fatto acqua da tutte le parti con Cannavaro che da "Muro di Berlino" si è presto trasformato in comoda via di transito aperta a tutti. Le colpe maggiori sono di Lippi e di chi l'ha scelto, ma anche in questa occasione il "chi è senza peccato scagli la prima pietra" resta valido.
0 –Alle “spalle” dei telecronisti RAI
Ovvero: quando aver giocato a calcio non significa saperne più di un qualsiasi telespettatore.
Loro dovrebbero spiegarci la “testa” degli allenatori. Spesso invece, gemono come ragazze frigide e insoddisfatte. E mentre loro aspettano il loro orgasmo io mi chiedo quale mulo si ostini a farli andare in onda.
Forse un asino?
Potrebbe essere: non ci crederete ma ogni volta che vedo Salvatore Bagni non posso fare a meno di notare che si sta trasformando in un cavallo.
Sbuffano allo stesso modo infatti.
Chissà, forse la biada che gli forniscono alla mensa Rai non è di suo gradimento, o forse Marco Civol.i (gran collezionista di Tex), lo obbliga ad imitare Dinamite (il destriero di Tex(),prima delle partite.
E si sa, certi passatempi a una certa età, fanno male alla salute.

domenica 11 luglio 2010

Breve storia personale dei Mondiali di calcio:quando esser vecchi non significa esser rincoglioniti


Non sono un polpo. E non sono così fortunato da poter indicare con certezza chi vincerà stasera.
Ma sono anziano. Non anagraficamente intendo. Ma quando ti rendi conto che le cose che ricordi sono di più di quelle che vivi, allora significa che sei invecchiato.
Quello che si concluderà tra poche ore è il mio ottavo Mondiale.
Non tanti per descrivere l'umanità intera ma la storia di una singola persona quella sì. Meglio ancora se singola per davvero. Il calcio infatti, è un rito maschile e le intromissioni femminili sono come lo zampone a Natale: necesssario ma non fondamentale (a me ad esempio, non piace).
Il calcio mi ha salvato la vita e mi ha insegnato che lo spettacolo non lo fanno i colpi di tacco, i tiri ad effetto, le punizioni a giro, le rovesciate, ma il pallone e i ricordi che puoi attaccarci addosso.
Va da se, che sono molti i ricordi che potrei attaccare sul pallone della mia vita che ve l'assicuro non è stata una palla ma una mongolfiera di emozioni e sentimenti tali che a volte mi meraviglio l'abbia potuta vivere proprio io.
Sono nato con la camicia io. Primavera 1982. Mercoledi. Il giorno prediletto della Nazionale che infatti quella sera e giocava e pareggiava (0 a 0) con la Grecia. Neanche il tempo di abbracciare la vita che la vita abbracciava me con le mani di mia cugina che dondolandomi come uno jo -jò mi insegnava a dire "Campioni del mondo!, Campioni del mondo!!, Campioni del mondo|||||||| come aveva fatto qualche mese prima, il mitico Nando Martellini.
Dalle foto dell'epoca, però intuisco che la questione non mi attirava molto. Sembravo anzi più interessato a guardare i tedeschi. Uno in particolare. Il barbuto e ipertricotico Paul Breitner. Segno del destino? Boh! Mistero glorioso.
Messico 1986. Avevo 4 anni è come tutti guardavo ipnotizzato Diego Armando Maradona chiedendomi se ci fosse qualcuno in grado di fermarlo. Non lo sapevo ma una cosa era certa: a messa la domenica, non avrei dovuto pettinarmi a quel modo.
Italia 1990. Avevo 8 anni e il carrozzone mondiale sbarcò a casa nostra che lo accogliemmo con tanto di bandierone fuori dal balcone.
L'atmosfera che si respirava a casa mia, era pari a quella che si sentiva in tutto il Paese e si guardava attraverso "I ragazzi della III C". Una marea di aspiranti "Cumenda" pullulava boriosetta e ipereccitata per le strade del mondo gridando "ci siamo anche noi" e pretendendo un posto al sole (sarebbe arrivato sei anni dopo), mondano.
Ma erano solo intrusi e basta. Come Totò Schillaci capocannoniere di quel mondiale.
Non era bello e la sua testa era già devastata da una tremenda calvizie, ma la sua faccia era incredibile: lo specchio fedele di una generazione. Ogni volta che segnava (lo fece sei volte),sembrava dire "non so come ho fatto e non chiedetemelo".
Usa 1994. Avevo 12 anni e di quel Mondiale ricordo tutto. Fu l'unico visto insieme a mio padre che si deve essere annoiato molto perchè poi non l'ho più visto.
Apparte questo, ricordo di aver aspettato molto quel mondiale di cui sapevo tutto e ho visto tutto: la cerimonia d'apertura con il concerto di Diana Ross, il pubblico festante, entustiasta ed incompetente, la traversa colpita e sfasciata da Marcelino Bernal, le foreste tropicali di Valderrama, l'uccisione di Escobar,il bomber russo Oleg Salenko che fece 5 gol in una sola partita, il vecchio Roger Milla capace a 42 anni di segnare ancora, l'espulsione di Zola, Signori che faceva il terzino, l'infortunio di Baresi e il suo recupero lampo, e sopratutto Roberto Baggio, i suoi dolori, le sue riprese, le sue magie, e il rigore sbagliato...
Ma fui contento lo stesso perchè un Mondiale si vince con la squadra non con unsolo fantastico giocatore. Ed il Brasile era meglio ed ebbe la meglio seppur ai rigori.
Francia 1998. Avevo 16 anni e l'amore s'abbattè su di me più o meno col fragore del tiro sulla traversa di Di Biagio contro la Francia. Noi eravamo migliori ma ce ne accorgemmo tardi. Proprio come me: mi ero innamorato ma non me ne resi conto. Succede.
Giapporea (Giappone e Corea 2002. Avevo ventanni e quel 18 giugno 2002 mentre l'Italia naufragava sotto i fischi di Moreno io scrivevo il mio primo pezzo per una testata vera e propria. Un emozione straordinaria vissuta in una camera oscura in compagnia di nove mele verdi e una ragazza straordinaria e ho detto tutto.
Potrei dirvi del folcloristico Senegal e del peluche Ronaldo ma mi fermo qui.
Austria - germania 2006. Avevo 24 anni e da due avevo iniziato l'università. Quell'anno 12 esami superati a pieni voti un'atmosfera da spalle al muro e una serie di facce. Quella faccia rassicurante di Guido Rossi, il piangente Moggi, il dramma Pessotto, il disastro Juve il mitico Del Piero (di cui contavo anche le palle toccate), il salvifico Totti, l'arrembante Grosso, il granitico Materazzi, il duro Lippi, lo svitato Zidane, il flemmatico Pirlo e Cannavaro in trionfo....
Serve altro?
Sud Africa 2010. Ho 28 anni e ho imparato un sacco di cose: ne cito qualcuna in ordine sparso.
So suonare la vuvuzela, sono sbarcato su facebook e sono incisivo anche lì. Non avrò mai moltissimi amici, ma sono felice lo stesso e forse la cosa importante alla fine della fiera e di questo piccolo calderone di palloni e di ricordi è proprio questo: esser contenti lo stesso. Che vinca Olanda o Spagna, che il polpo Paolo azzecchi o meno il risultato di stasera.
Io mi divertivo con Piolo (alias Paolo Bonolis) e gli octopodi a quanto ne so, lasciano brutte escoriazioni sulla pelle quindi si salvi chi può... e vinca il migliore.

giovedì 8 luglio 2010

Olanda - Spagna :Quando gli scarti diventano primiizie


Quand'ero piccolo mi hanno sempre insegnato ad accontentarmi. Per cui ne sono certo: non mi strapperò i capelli ( non ne ho) guardando la prossima finale dei Mondiali. Una finale inedita per un campionato che non ha detto nulla di nuovo sul piano tattico ne sul piano dei nomi da spendere con gli amici sotto l'ombrellone sognando un giorno di poterli ammirare nel nostro mediocre campionato.
Tralasciando commenti sulla nostra nazionale nella quale ( è vero Biagio?), non avevo mai creduto, ci si aspettava qualcosa di più dall'Africa e dalle sue numerose rapperesentanti. Ma ogni attesa è rimasta delusa. Ci si aspettava tantissimo dalla Costa D'Avorio di Didier Drogba ma Sven Goran Eriksson non è Carlo Ancelotti è la frittata è fatta. Purtroppo il flemmatico svedese era andato lì solo per soldi, senza integrarsi mai nel complesso mosaico africano. E' così la Costa D'Avorio ha recitato la parte di spettatrice non pagante. Stesso dicasi per il Camerun cui non è bastato un Etoo' versione pater familias per passare un girone che con più calma era abbordabile. Ma Paul le Guen non è Josè Mourinho e i risultati si sono visti. Le faide interne non aiutano le famiglie figurarsi le squadre di calcio.
Non è un caso che l'unica africana rimasta in gara fin quasi l'apoteosi della semifinale è stato il Ghana di Rajevac da più tempo in Africa che ha saputo proporre un calcio vibrante a tratti anche divertente con un Gyan Asamoah passato pressochè inosservato in Italia con le maglie di Udinese e Modena e che io riprenderei al volo per la sua capacità di svariare su tutto il fronte d'attacco (Napoli fatti furbo).
Detto del continente africano passiamo al Sudamerica.
Il Brasile è molto diverso dall'Italia. Per sua sfortuna è stata guidata da uno (Dunga) che di attacare non ne voleva proprio sapere e tradita da un'altro (Melo) che in questo Mondiale non doveva proprio starci. Al Sudamerica sono mancati i piedi buoni e quelli che ci sono stati (Kakà, Ronaldp Cristiano) non si sono visti.
Il primo, conferma l'anatema per cui chi va lontano da Milano poi non ne imbrocca più una (Schevchenko docet). Un paio d'accelerazioni e poco più e tanti pensieri per Mourinho il quale, comunque non avrà problemi a rigenerarlo. Di Ronaldo neanche l'ombra. Chissà, forse pensava già ai dodici milioni che deve dare alla madre in affitto di suo figlio. Non avrà problemi neppure lui.
Chi questo Mondiale doveva vincerlo senza problemi era l'Argentina del Pibe De oro Diego Armando Maradona. Ma quando rinunci a Samuel per far spazio a Burdisso, quando lasci a casa a Javier Zanetti per Otamendi senza parlare di Cambiassso (per Rodriguez) e releghi Milito in panchina non sei sfortunato: te la sei cercata e basta. C'era pur sempre Messi direte voi. C'èra? rispondo io perchè io non l'ho visto.
Rimane quindi la concretezza europea al comando di questo Mondiale. Rimane il fulgido esempio tedesco i quali canzonette furbette a parte, hanno saputo immettere forze fresche in una squadra che dieci annni fa sembrava finita.
Rimane l'organizzazione tattica e il possesso di palla spagnolo. La nouvelle vague olandese guidata da quel Re Mida di Wesley Snejder. Anche lui rivitalizzato da quel Red - Bull deambulante di Mourinho. A non dire di quel satanasso di Arjen Robben. Uno che a 26 anni sembra mio nonno a 70.
Una doverosa parola per l'Uruguay di Oscar Washington Tabarez. Anche lui meteora in Italia sulle panchine di Cagliari e Milan.
Lui ha mostrato quel coraggio che i suoi colleghi su panchine più rinomate non hanno avuto dimostrando ancora di più che non bisogna essere presuntuosi nella vita ma disponibili e aperti al confronto. Con tutti. Senza farsi prendere da manie integraliste. Così vengono le guerre. Così si perdono i campionati mondiali. Così ci si deve accontentare. Come da bambini quando al posto della torta di compleanno ci si doveva accontentare del tronchetto di cioccolata. Non era proprio uguale alla torta ma ci si doveva accomtemtare. Come Spagna - Olanda. Non è proprio Italia - Brasile, ma ci si deve accontentare.
Perchè chi si accontenta gode. E forse, a volte e pure più felice