sabato 28 gennaio 2017

Ora che tutto è finito

Ora che tutto è finito, e la folla s’è diradata, resta solo lo sgomento acconciato ad indice d’ascolto. Una perizia bisognosa di senso quando non supportata da un’adeguata direzione: pencolante salotto a rischio sbando nell’abisso di una circostanza rovinosa la quale occorre dirlo, non ha levigato sensibilità imbastardendo altresì ottusa convenzione e ineluttabile accettazione.
Perché è così che s’è avanzato in questi giorni tra crepe di stile e burroni di concetto cercando di rinvenire tra la necessità di informare e la vanità (e forse l’abitudine), di ronzare attorno l’alveare dell’inutile pure se accorato.
Tutto già visto e tastato in forza dì immagini antiche che all’atto dissesto diventano fradicio presente e formano cinico e morboso crocicchio deludente, sbiadito, contraddittorio quando non sorretto da nulla di necessario.
Solo facce assecondanti interventi macerati d’ovvio perché tuttavia distanti dal cuore del problema che al momento del bisogno resta comunque privato.
Perché come scriveva Hermann Hesse nella sua poesia “Nella nebbia “ pubblicata nel 1953 in una raccolta dal titolo “Poesie”:

Vivere è solitudine. 
Nessun essere conosce l'altro 
ognuno è solo.

E il voyeurismo con cui gli organi d’informazione continuano e seguiteranno a circolare a guisa di schiumosi ovini tra gli sfollati del sisma e i primi segnali di ripresa, indicano soltanto la difficoltà unanime di ribaltare schemi consunti.

domenica 15 gennaio 2017

La De Filippia Sanremo: Che barba che noia

Gli ascolti dicono, non son tutto . eppure a quanto sembra in fin dei conti, paiono l’unica cosa che conti.
Eppure chissà perché a me i conti non tornano.
Spiego.
Un servizio pubblico solido mentalmente e artisticamente mai avrebbe consegnato il cinquanta per cento della conduzione del prossimo Festival di Sanremo a Maria De Filippi.
Piuttosto avrebbe affrontato con decoro i ris
chi impliciti nella terza conduzione consecutiva di Carlo Conti, affidando a questa macchina umana di ascolti la nuova sfida (che comunque avrebbe vinto in scioltezza, almeno sul fronte della quantità di ascolti).
Invece no.
Al posto di sforzarsi di trovare un’idea brillante, identitaria e popolare assieme, i dirigenti di viale Mazzini hanno optato per l’esatto opposto:
la scorciatoia ammiccante.
Ossia il ricorso a uno dei baluardi commerciali Mediaset (l’altro è Barbara Trash D’Urso) per attirare pubblico, attenzione e conseguenti urrà! al termine delle cinque serate.
Circostanza che oltre a deludere getta ancora più sconcerto sulle supposte e a questo punto, solo presunte innovazioni prospettate a inizio mandato da Campo Dall’Orto. Nelle prime uscite da capoccia Rai, tra cortesie eleganti e panorami di una Roma bella e sprecata, aveva più volte parlato dell’importanza secondaria dei numeri, appannaggio di chi al posto di una vera rivoluzione catodica antepone la miopia del business.
Eppure ora, assieme all’imberbe Fabiano e l’oscuro capostazione Conti da sempre bravo nell’intercettare i gusti del popolo legittima il trionfo in scena della sensale di “Uomini e donne”;
non più presenza spaiante e dissacrante sul palco del Festival, come già accaduto in passato, ma protagonista assoluta a colpi di evviva .
Che delusione.
Che barba . che noia.
Il rimando alle baruffe serali Mondaini – Vianello son la cosa più sana e rasserenante cui riesco a pensare nel momento in cui la progettazione di una Tv di Stato si contamina con l’amaro becerume della tv commerciale.
Ne vien fuori un ibrido che anche solo per curiosità vedrete, produrrà gli effetti sperati conclamando altresì che anche la Rai da sempre farfugliante novità e innovazione si campa solo di capro cinismo.