martedì 26 marzo 2013

La lezione di Prandelli



Cronaca di una settimana senza campionato. 
Preludio in Mi minore di Chopin, il vento arruffa le chiome dei tigli spettinati come guerrieri antichi.

il sole buca nuvole di pietra e disegna riflessi sugli ottoni.

Un tricolore ondeggia mollemente a una finestra del secondo piano, sembra un’attinia lungo la corrente.


Muoversi, esili figure del nulla,nel cielo cristallino della sera.
Rimpiangere il campionato  come un frutto maturo ormai buttato tra i rifiuti.

Sentire il calore della maglia azzurra, e pensare  che è soltanto il cuore che batte, mentre la luna si inerpica gialla avvoltoio notturno senza tempo.

E restare di sasso di fronte all’ennesimo portento della palla a scacchi capace di resuscitar campioni sbolognati  in panchina per mere questioni aziendali (De Rossi ) e bollati quali radici velenose di un allucinato sistema (Balotelli) immolarsi a cristallini iceberg di un’insperata resurrezione.
Fatale questa passi da De Rossi e Balotelli due ragazzi accomunati da un carattere fumantino ma capaci di una freddezza incredibile al cospetto delle blande sinuosità brasiliane oscurate dalla delicatezza del tocco,  il cadere morbido del colore, la perizia con cui Prandelli ha alternato le tinte, accostato gli opposti, sovrapposto gli interessi del singolo alle necessità della squadra.  
Confrontare quest'opera con altre simili non trova similitudini all’altezza.
Se non una:questa squadra aveva bisogno di Prandelli come la Chiesa Cattolica di Papa Francesco. Gente che ripulisse la stiva disordinata della nostra esistenza e ci costringesse a risalire a poppa  a contemplare meravigliati l'alba di un nuovo giorno.
Un giorno esemplare  caduto agli albori della primavera. Illuminato da una grande lezione. Quella di Prandelli. Non ai brasiliani. Ma a tutti noi.
Il tecnico di Orzinuovi ci ha insegnato che  la primavera ritorna - anche se hai l'inverno nel cuore e ha bisogno di tutti per prosperare.
 La lezione di Prandelli  si spiega dentro i prati, rompe l'asfalto, sovverte ogni dogma  e fiorisce di nuovo.
E le nuvole rosa tra i palazzi, le magnolie esplose nei giardini ci dicono che la vita continua, che il miracolo ancora si ripete restaurando gli animi .di tutti noi e lo spirito di un campionato che dopo la parentesi  infrasettimanale con i corti maltesi ricomincerà proprio nel segno di Balotelli e De Rossi colonne ritrovate delle rincorse di Milan e Roma.
Saranno loro le squadre a contendersi l’ultimo spicchio di sole agostano targato preliminari di Coppa dei Campioni.
Certo, c’è anche la flessuosa Fiorentina di Montella, l’alemanna Lazio di Petkovic, la suscettibile Inter di Stramaccioni.
Ma infortuni e isterismi non giovano a chi vuole primeggiare e si ritrova  frastornato a sgomitare per un posto al sole.
In questa risolta atmosfera,  già pasquale contano le umane troppo umane motivazioni di chi vuol stupire ancora (la Roma appunto), e il superomismo balotelliano che ha contagiato il Milan e l’Italia tutta sovrastando le titubanze di un Governo ramarro e  un campionato tapino.
Esso  tra l’altro, ha già partorito il suo topino. Sa di bagnacauda e gianduiotto piemontese . La pizza e il mandolino napoletano  non lo turberà.
Sembrano stralci di trita letteratura.  E la poesia del pallone che non smette di rimare le sue canzoni pure   in presenza della sua assenza .

giovedì 21 marzo 2013

Le vittorie di Pietro Mennea: allegorie lucenti di un amore che fuggirà l'oblio



Tragitti rimossi
sotto il cielo di un sostenuto Ariete
Accolgono amori mai sfioriti
 e nel vigore delicato del mattino,
gli universi si dilatano,
facendosi
ritagli più grandi nella memoria.
Pure il despota d’ogni giorno,
il tempo,
scioglie un poco le sue redini, 
e pare
frenare la sua corsa,
 non spossa  più
i cavalli
sulla strada 
velata
da un precorso rimpianto
Istoriando fettucce smarrite
nelle sabbie mobili del tempo
nelle quali  però
 come incise sul marmo
resteranno   immortali   le immagini  delle sue  vittorie
allegorie  lucenti di un amore che fuggirà l’oblio

martedì 19 marzo 2013

A me dei padri non me ne fotte un cazzo



A me dei padri non me ne fotte un cazzo. E’ per questo che oggi vi parlerò di figli.

Figli che sarebbero piaciuti un sacco all’Orazio delle Satire perché in loro risiede già la misura delle cose è una rigogliosa indipendenza.

Figli che si spingono da soli con le loro piccole mani aggrappate al ferro freddo di due ruote irregolari,  sostegni proscritti di deboli armature abitanti di manieri dalle tante stanze buie.
Sono i figli di nessuno sono uomini in boccio anime più grandi vincolate al loro orgoglio che vorrebbero cantare che vorrebbero ballare e ustionarsi sulla sabbia per gettarsi in mezzo al mare,  figli  dai cuori disarmati che  accettano la vita perchè  ne sono innamorati e se ne fregano dei gradini  e contano le stelle consci che solo nei loro  si possono ammirare  le più belle. 

figli di problemi che non hanno mai risposte ammassano paure che tengono nascoste con i sogni ipotecati da un presente che li azzera e  il bisogno di sognare quale ultima chimera.
 Questi figli spogli d 'occhi amorevoli   vestiti solo di uno sguardo  decorato di pietà,  barche senza porto ancorate ad un ormeggio sommerso, sanno vivere in salita sanno essere importanti sanno vivere i sentimenti, meglio di tutti i padrimuniti.

Questo non lo sa nessuno comunque e  mimetizzati in una proterva irrilevanza, essi sopravvivono monumenti mutilati di profili solo abbozzati e nascosti sotto il vetro di corpi impacciati che avrebbero solo bisogno d’essere irrorati  di dolcezza e invece l’opinione pubblica  etichetta distillando loro accartocciate promesse d’aiuto, protezione, ascolto, vendute al solo scopo di mascherare una malsana  inettitudine a procedere.
.

Figli inetti solo per chi non li ha accettati. Per me son piccoli fratelli dai destini delicati. Per questo oggi ve ne ho parlato. Perché  d'oggi in poi, un calore nuovo li investa e irrobustisca.

Non è infatti,  il canto solitario di un Grillo iroso a far la rivoluzione. Ma la  melodia collettiva  di suoni accantonati a poter disegnar meraviglie. Come le loro.

Pensateci.

 

sabato 16 marzo 2013

All you need is love 2. 0

Fb che si mette a fare il Davide Mengacci della situazione annunciandomi le unioni altrui risveglia il Lino Banfi che c'è in me.
All you need is love 2.0.

giovedì 14 marzo 2013

Papa Francesco I: un mantello di semplicità sulla Terra

L’umanità s’oblia di se stessa infagottata nell’egocentrismo esasperato di questi ultimi tempi.
Per questo stupisce la richiesta di vicinanza reciproca domandata ai suoi fedeli dal neo eletto Papa Francesco I.
La sua alba pontificia è una preghiera accesa nel cielo orizzontale dell’esistenza, un romanzo aperto sulla scena occidentale tra i roveti urticanti del mondo.
Il comignolo di San Pietro, ieri sera, ha tinto nuvole gassose, screziandole come lastre d'alabastro, definendo il presente, non dimenticando il passato.
Dove la sera è già caduta, splende  un mantello di semplicità sulla Terra.
Speriamo solo  resti immacolato.
D’altri escrementi celati a fatica nell’ignominia dell’aberrazione, l’umanità non ha bisogno.

martedì 12 marzo 2013

Il Milan in Barça

Il Milan in Barça imbarazzante. 
Tuttavia, se da noi un Grillo fa il Masaniello 2.0 ci sta che in Spagna una Pulce faccia il Matador e inciti al torello.
Il Milan ne ha affrontati 14 tutti insieme e ne è uscito scornato e mazziato.
I cornuti almeno stanotte, lascino pure il posto ai cornetti. Serviranno ad Ambrosini e compagni per evitare un'altra imbarçata.


lunedì 11 marzo 2013

Idealizzazioni remote



L’’inezia che in ogni dove mi ricorda
te, un fulmineo bagliore di reminiscenza
che roboante lacera i miei pensieri.



Lasciandomi faticosa eredità
l’inutile  scoria di

una parola che sapevo tua...

*

La luce che ti indovina  in una via,
che ti figura dentro una vetrina
o nello specchio precario di un autobus.

Come l’ abbaglio sorto nel deserto
al viandante ormai inaridito.
dalla mancanza dell’ acqua.



La tua ’acqua!

*

La pioggia scende pigra sulla mia vita,
 e per te che sei assente sembra frigni
anche il cielo,

o forse sono io...

il sentimento  viene giù con identico ritmo

a innaffiare i miei agri depressi,
e imperlare di te freschi boccioli.

*

I rimpianti non sono che macerie,
i vetusti avanzi di te e di me,
di quel che fummo, di quanto dicemmo.

Ed entrano prillando dalla porta
di queste mie liriche con passo delicato

a immagine di te, che sei me

*

Se cedo al sogno ancora torni,
non durano più tempo né spazio,

i giorni come cordelle si riavvolgono.


E ti adagi nella stanza infervorata,

dalla febbre della tua lontananza.

La tua lontananza!

*

La borsa in cui conservavi i tuoi immensi baci,
lasciati al loro destino,

l’isola che hai scoperto un’estate.

La borsa in cui ora ficco le mani
e non vi trovo altro che macinati granelli,
di vermigli pulviscoli che furono una rosa.

*

Il silenzio si colma del gorgheggio,
della voce che un giorno

mi giurò della sua immanenza

È dentro me quell’ alito nitido,
non ebbe bisogno neanche più di far ardere
il tizzone in cui lo incidesti.



*



Il passato è un rammarico che non conviene
a questo mio presente, a questo inverno
di temporali ferrigni e di grassi acquitrini.

Nonostante ciò come aureo lampo
l’ora si veste di te e di azzurri
cieli che su lungomari bluastri tramontano.


domenica 10 marzo 2013

Emanuele Giaccherini: manifesto ideale di una squadra dal cuore forte e le risorse infinite



Con grazia infinita il pomeriggio ha spento le sue braci spargendo acqua gelata sui piedi di chi ancora sperava in una chimerica rimonta. Ad essi la Juventus concede solo un orizzonte vago dove l'inverno continua a regnare grazie all’inopinato letargo di chi fino a poche settimane fa segnava ad occhi chiusi(Cavani), e le titubanze di chi insegue .
In queste lande illusorie, in questi fiocchi corallini sospesi nella luce che lentamente si sciolgono nel buio, si divina già il nome di fiori nuovi che  sanno ancora sempre e comunque di antico.
Sono quelli della Vecchia Signora che ancora una volta s’affida a un altro dei suoi piccoletti terribili per fare la storia ed entrare nella leggenda .
Emanuele Giaccherini: manifesto ideale di una squadra dal cuore forte e le risorse infinite.
È la sua voce che stanotte parla come in una leggenda antica. E' suo il canto dolce del fiume che mormora una suadente nenia alle sponde desolate di questo sbiadito campionato.
Sono i  suoi   piedi a popolare i sogni e le ambizioni di una squadra liberata in zona Cesarini  dalla gabbia di ferro della tattica  catanese pronta a librarsi verso l’apoteosi di un altro scudetto.
Doppio se anche l’altra bianconera , di lusso di questa povera serie A,  (il Siena),  riuscisse nell’impresa di salvarsi.
Ma una è tanta, l’altra è troppa e comunque la risposta  definitiva la sa  solo la luna piena.
Ella  tace ancora però, preferendo gingillarsi oziosamente lassù , giocando a fare la perla nel mattino dondolando lentamente  su un filo della luce.
Come tutti noi del resto   anime perennemente in bilico sul filo spinato dell’esistenza perplessi, aspettando albe nuove ed innocenti.


venerdì 8 marzo 2013

Donna



Donna

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni….
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è a colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un'altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però  non trattenerti mai!!!

Madre Teresa di Calcutta
 

mercoledì 6 marzo 2013

Desiderio serale



Stremato nel cuore

Vorrei  che

ora  

la mia  mano sussultasse  ripercorrendo una carezza.

Poi decisa nell’incerto dell’anima schiantasse

Sui brandelli di un desiderio inesausto

Ma gli spigoli son smussati

E gli angoli retti

Tacciono

Puniti

Dall’inseguire

Rette parallele

Che non s’incontreranno mai

martedì 5 marzo 2013

Gli utili dei vinti

Nell’ aridità
delle nostre pianure sassose
Assediati
Dalla connivenza del vuoto
Sbarriamo
Ogni via di salvezza
All’ipotesi
E consumati
Dalla spietatezza
Di un’usura
ridondante
Paghiamo
All’esistenza
Gli utili
Dei vinti

lunedì 4 marzo 2013

Appresso ad un incantesimo non ancora finito



E’ un territorio  ormai conquistato il campionato di calcio. Assoggettato al bianconero juventino.
Dominio confermato anche sabato sera da una roccaforte che s’è permessa il lusso d’avanzare il baricentro arretrato e mettere la parola fine ad un torneo che il Napoli però, tormentato dal peso di troppe aspettative,  non ha mai tentato di schiudere.
Illusorio il gol di Inler. Una dilazione di una sentenza già discussa in contumacia da Buffon e compagni.
Il colpevole di tutto questo è Giorgio Chiellini.
Il suo sigillo impresso a fuoco vivo sul campionato in qualche modo, fa male perchè spegne,  un desiderio che prude, un'ansia di pallone che grida misericordia che  vuole ancora  essere torturata dagli sgherri del suo regno, dalle streghe che porta  nel suo  arroventato seno, dentro il ventre di un pallone ormai sgonfio.
Sotto tuttavia il nulla appeso alle lune altalenanti di campioni periodici da rotocalchi ricorrenti. 
Inutile sogghignare entusiasti.
Il loro vuoto  ciondolare  è anche nostro.
Noi che ci perdiamo e cerchiamo per strade sconosciute di incontrarci e non lasciarci sviare, ci ritroviamo nel buio.

Un'oscurità totale, senza promesse, nè mutui soccorsi. 
Più facile per i ciechi orientarsi nel già noto, tastare appena sentimenti collaudati, sentirsi più sicuri.
 E così, brancolando, ci salviamo.  Almeno un po’. 
Appresso ad un  incantesimo non ancora finito.

domenica 3 marzo 2013

Tv lavacro pubblico di misfatti privati

La tv si conferma  ancora una volta lavacro pubblico di misfatti privati.
L'atroce riprova l'ho avuta poche ore fa, quando la mia domenica pomeriggio s'è tinta di fosco quando ho visto Michele Misseri balbettare  per l'ennesima volta la sua colpevolezza dalla D'Urso.
La cosa mi ha ricordato  moltissimo l'Herculens Furens di Seneca.
Nell'omonima tragedia Ercole per volontà di Giunone, colto da follia uccide la moglie e i figli. Rinsavito vorrebbe uccidersi, ma cambia idea e va a purificarsi ad Atene.
Anche Michele soggiogato da moglie e figlia ha collaborato ad un'omicidio e preso da rimorso vorrebbe uccidersi. Ma prima va a  mondarsi dalla D'Urso. Uscendone un pò montato a dir la verità. Gonfiato a dismisura dal frullino della telecamera che addomestica plurali fagocitando singoli.
  In questo melmoso turbine Seneca s'è suicidato ancora. Ed io con lui. 

Intanto, una ragazzina di quindici anni,  attende ancora  giustizia. 
Inascoltata Cassandra di una giovinezza depredata anzitempo da mani infingarde e assassine.

venerdì 1 marzo 2013

Serenata

Serenata

Lungo le rive del fiume
la notte si sta bagnando
e nei seni di Lolita
muoiono d'amore i rami.

Muoiono d'amore i rami.

La notta canta nuda
sopra i ponti di marzo.
Lolita si lava il corpo
con acqua salmastra e nardo.

Muoiono d'amore i rami.

La notte d'anice e argento
risplende sui tetti.
Argento di rivi e specchi,
anice delle tue cosce bianche.

Muoiono d'amore i rami.

Federico Garcia Lorca, Canciones (1921-1924)