domenica 13 novembre 2011

Tutto come prima




Oggi Facebook è pieno zeppo di punti esclamativi e faccine sorridenti.
Ieri ho visto in TV gente festeggiare e darsi il 5 come se d'improvviso avesse riscoperto di far parte di una Patria capace finalmente di autodeterminarsi.

Ma cosa s'è stabilito? Cosa abbiamo raggiunto? Per cosa s'è festeggiato?
Nulla, niente, nulla.
Il passaggio da un governo ad un'altro, non influenzerà affatto la vita quotidiana di nessuno. Fornirà soltanto una bolla dove nascondersi e leccarsi le ferite a quelli che avevano sperato e sono stati sparati via da un Governo metaforico e strafottente.
Le cose non cambieranno. L'Italia resterà il solito casermone disinvolto e caciarone.
Ci sarà solo qualche parrucchino in meno e tante rughe in più perchè con tutto il lavoro che ci sarà da fare chi avrà il tempo per un ritocchino?.
Nessuno spero.
Spazi per i giovani poi?
Nessuno temo.

Non possono garantirli gli occhiali di uno e la calvizie di un' altro e la partecipazione straordinaria ad una protesta nazionale.
Il cambiamento è stato imposto dall'Europa. Gli italiani lo hanno solo avallato con la speranza di non esserne travolti.
Per il resto sarà tutto come prima.
Gli uni, i poveracci quelli che s'alzano alle quattro del mattino e pagano le bollette un giorno prima del termine utile, continueranno ad agonizzare tra un lavoro saltuario e un cesto elemosinato al Banco Alimentare e l'unico cambiamento tangibile per tutti loro sarà quello determinato dal passaggio obbligatorio al digitale terrestre.

Gli altri, seguiteranno a vivere da re con stipendi da urlo e macchine rombanti perchè nessuno e tanto frullo da rinunciare all'indennità parlamentare (neppure quelli di Sinistra), e nessuno (tanto meno adesso, tanto meno quelli di Sinistra ), vi dirà d'abbracciare più forte i vostri cari perchè da questo momento penseranno a tutto loro e comunque ce la faremo ad uscire da questa dannata crisi.
Nessuno.

In qualche modo si farà come s'è sempre fatto solo che adesso, nel pieno della festa, vicini al Nirvana è impossibile rendersene conto.
Chi lavorava prima dovrà farlo anche ora se non di più. Chi rischiava prima rischierà pure adesso.
Perchè i Governi cambiano, le impalcature no, e l'espressione delle madri che piangono figli scippati alla vita nel pieno svolgimento del loro lavoro nemmeno perchè i giornali non se ne occupano i telegiornali li snobbano e queste righe vi sembreranno lo sfogo di un ragazzotto qualunque.
Dietro di me nessun esercito.
Solo parole e quelle di solito, purtroppo se le porta via il vento.

mercoledì 9 novembre 2011

La testa del Capitano


Buon compleanno Capitano !!!

37 anni di vita esemplare di cui 20 trascorsi sui campi di calcio tra il campo di casa a Padova e la magione di sempre : la Juventus.

Eppure oggi che i filmati delle sue imprese balistiche si sprecano, non è di quella che voglio parlarvi… bensì di testa. Che testa la sua testa! Non per i colpi di, pur trattandosi di uno che la sua l’ha usata sempre e bene.

Ma di quell’altra. Quella che si usa per pensare. Per cercare e trovare ragioni ed energie, motivazioni, lucidità.

Passa da lì nel caso di Del Piero che nonostante stia ormai percorrendo gli ultimi metri prima dell’addio continua a regalare al suo pubblico il fosforo del suo giocare concedendosi l’ultima ribalta utile per consumare una vendetta muta.

Le parole, nel calcio, contano pochissimo, sono troppe, e spesso leggere anche se pronunciate con gravità.

Le parole su questo ragazzo sono continue, sono state, per anni, sintonizzate su una sorta di inevitabile, inesorabile rimpianto. Del Piero? Perduto, satinato, infortunato. E’ ancora: irrecuperabile, tramontato finito.

Con indulgenza, intendiamoci, persino con affetto ma insomma, bollato come bollito.

Questo di lui si disse, si è detto, anche “se sono cose che si dicono”, anche se c’è stata fatica e ruggine, e in effetti un infortunio grave.

Gli esseri umani non considerano mai i danni delle loro leggerezze.

Mai.

Ma una persona basta guardarla, ascoltarla un po’, osservarla davvero per comprenderne la pasta, la materia prima. Per capire che la testa c’era, c’è. Qualcosa che fa da additivo, che spinge sempre, in campo, nella vita, come una benzina magica, senza prezzo. Soprattutto quando cala il sole, quando arriva il buio; è materia indispensabile per gente a posto, uomini integri, campioni fuori taglia, non solo nello sport; gente così è un piacere incontrarla, offre imprese e sorprese anche quando l’impresa non è prevista, non più. Dagli altri, ovviamente. Da chi, la testa usa poco, meno, e magari la perde.

Anche se oggi quella non serve affatto. Basta infatti,fare un po’ di silenzio per sentire un’ovazione. Una sola, di liberazione e d’augurio.

BUON COMPLEANNO CAPITANO!!!

venerdì 4 novembre 2011

Il ritorno di Santoro


Ieri è tornato Santoro in tv.
E' stato divertente sentire ancora una volta nella mia vita la parola rivoluzione.
Mi ha fatto pensare ai bollori pre- occupazione studentesca e un sorriso mi è venuto spontaneo.
Poi allargando il campo visivo mi sono accorto però che di rivoluzionario non c''era nulla.
Soliti ospiti, solite cravatte, soliti ciuffi arruffati e pensosi che fanno molto SINISTRA adirata e cazzuta e solite legittime critiche al governo.
Tutto molto bello, molto detto, molto visto.
Un fortino si è ripopolato ma la fortezza? Dov'è?
Spero la stiano costruendo perchè non basta la resurrezione di Santoro, Travaglio e Vauro per sentirci meno schiavi e più liberi.
C'è un Paradiso pure per noi ma per trovarlo non bastano le cornate di un Toro seppure Santo.
Occorre di più, serve di meglio.
Una proposta concreta ad esempio.
Ma qui il cantiere è chiuso e il cartello LAVORI IN CORSO un grazioso orpello sulla coscienza di tutti noi.

mercoledì 2 novembre 2011

Marmellata alle fragole

Ero fatto così,  a mio modo strano. Perverso per alcuni, normale per altri, noncurante della massa che mi circondava; non mi piaceva prendere il mondo a morsi, preferivo assaggiarne l’essenza e berne il succo a poco a poco, succhiarne il midollo dalle ossa. Mia madre preparava la carbonara facendo cuocere troppo le uova sulla pasta io invece le preferivo un po’ liquide come da tradizione. Mio padre -  da quando aveva divorziato -  coltivava fiori, innaffiava il giardino e dava da mangiare ad un cane con le orecchie lunghe e pelose. La mia vita sembrava condurre alla beatitudine eterna, mangiavo, dormivo e ogni mattina cacavo puntuale alle otto. Era il caffè  a condurmi dritto al cesso, una miscela bollente di acqua scura e poco zuccherata contorceva le mie budella liberandomi dai peccati accumulati durante la notte.
Stavo facendo colazione quella mattina quando il telefono squillò tre volte, era K. Non risposi subito ma ingoiai prima un cucchiaio di marmellata alle fragole. Lo inghiottii senza pensare a nulla, chiusi gli occhi e per un attimo la vita mi parve più dolce. Ero diabetico, la marmellata mi faceva male e io godevo a sfidare il destino. Ogni sera pregavo il Signore di farmi risvegliare sano e salvo solo per mangiare e ascoltare le notizie tragiche dai mercati finanziari. La Borsa europea era crollata, l’euro era fallito e io non avevo un soldo. Avevo solo barattoli di marmellata alle fragole con cui infettarmi il sangue. Ma ne valeva la pena. Un giorno sarei diventato cibo per vermi e la mia carne sarebbe stata più dolce di quella degli altri. Immaginavo il mio funerale: mia madre vestita di nero, mio padre che porta i fiori in chiesa e tutti gli altri seduti nei banchi a confabulare sulla mia morte. Poi diranno “ è morto perché gli piaceva mangiare la marmellata. Leccava il barattolo come si lecca il buco del culo” e  la gente scoppierà a ridere; non c’era pace nemmeno all’altro mondo, tanto valeva continuare a vivere e soffrire. Mangiando marmellata alle fragole.
Il telefono intanto continuava a squillare.
«Che c’è?» risposi con le mani sporche e la bocca piena.
«Ho trovato la risposta ai miei dubbi!» mi disse K. eccitato come una cagna in calore. Sentivo il suo odore fetido anche attraverso la cornetta.
«E sarebbe?» continuavo a parlare mandando giù cucchiaiate di marmellata. Era buona davvero, cazzo.
«Unità, amore e perseveranza!»
«Se ti vuoi candidare a sindaco, io non ti voto. Ho chiuso con la politica.» gli risposi in maniera sincera.
«No,no! Incontriamoci al cimitero che ti spiego meglio.»
«Ma perché al cimitero?» chiesi sbalordito.
K. butto giù la chiamata lasciandomi con in testa mille dubbi e una sola certezza: quel calendario di culi e tettone che gli avevo regalato a Natale gli aveva dato il colpo finale. Intanto avevo finito tutto il vasetto di marmellata e mi ero buttato su un pacco di biscotti alla mela. La fame è una brutta cosa. Mio nonno mi raccontava che durante la guerra mangiava un uovo alla settimana e doveva dividerlo con sua sorella; alla fine decise di buttarsi sul vino. Dai dieci ai settant’anni ha bevuto solo vino tre volte al giorno. Quando è morto il suo fegato era gonfio come un pallone e marcio come una forma di pecorino crotonese. I vecchi rompono sempre le palle con la guerra, tutti quelli che ho conosciuto erano grassi e ubriaconi, arrapati cronici di ragazzine in minigonne e leggins. Una volta un vecchio cazzuto mi chiese dove poteva trovare una puttana dell’est da scopare per 10 euro, gli risposi che per quella cifra al massimo poteva farsi trastullare il pisello sporco di pisciazza che aveva tra le gambe. Avrebbe goduto comunque.
Presi un ultimo biscotto e mi vestii per andare all’incontro con K. al cimitero.
La fila di macchina era più lunga del solito; è strano come ci si ricordi dei morti solo il due novembre. L’odore dei fiori marci mi dava fastidio, guardai un attimo la tomba di mio nonno e feci di nascosto il segno della croce. Mi vergognavo come un ladro, mi mancava la marmellata alle fragole e quel coglione di K. era in ritardo. Feci un giro tra la tombe come un turista al Louvre, osservando le date di nascita e di morte. Non li invidiavo ma un giorno sarei stato loro vicino. Un giorno. Se la fortuna mi assiste e se avrò i soldi per il funerale. Altrimenti bruciatemi su una pira e seppellite le mie ceneri in un campo di pomodori che utilizzerete poi per una buona puttanesca. Così è deciso. Ma vi prego non inondatemi di fiori marci. Vidi K. arrivare da lontano barcollando come un ubriaco. Era felice. Cercò di abbracciarmi ma lo scansai.
«Cosa vuoi?»  gli chiesi subito accendendomi una sigaretta.
«Dobbiamo scalare il mondo e guardare tutti dall’alto. Sono carico come un mandrillo! »mi disse con voce alta. Puzzava di sudore e di sperma stantio. Si era sicuramente masturbato e non aveva cambiato le mutande.
«Non credo proprio »gli risposi smorzandogli l’entusiasmo.
«E perché?»mi chiese scaccolandosi col mignolo.
«Preferirei inculare il mio coniglio piuttosto che lavorare con te.»  ammisi soddisfatto.
«Vuoi dire che mi lasci da solo?» concluse spaventato K. grattandosi con violenza i capelli piena di forfora.
«Si, credo di si.»
Lasciai K. da solo e feci un altro giro tra le tombe. Due becchini stavano seppellendo un vecchio. Mi fermai a guardarli incuriositi. Era una bara semplice, quattro tavole di legno tenute su da pochi colpi di martello, una croce riciclata da un povero cristo e un mazzo di fiori di plastica. Non una lapide, non una dedica, non una foto. Poteva essere benissimo il mio funerale.
«È morto da solo.» mi disse con aria indifferente il primo becchino.
«Beato lui.» rispose il secondo.
«Come è morto?» chiesi loro aiutandoli a sollevare la bara.
«E che senso ha?»replicò il primo. Sembrava Frank Zappa ingrassato di trenta chili.
Avevo trovato due filosofi del cazzo in un piccolo cimitero di paese. La giornata era cominciata davvero bene.

La mia sola puerile voce


L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai

da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,

di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.

Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza

a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.


Pier Paolo Pasolini