venerdì 25 ottobre 2013

Per un'istante viva

Dolce parola che agli sgoccioli t'insinui
del giorno franto,
posandoti negli interstizi nudi del mio tempo,
e ti imponi sovrana discreta alla memoria
avara di gesti cari e disadorni di misura.
D'inchiostro unico orpello,
t'abbatti sul foglio col fragore delle onde del mare
estremo respiro di una voce gonfia di nubi
e colma di parole
che scandisce all' infinito
la trepida urgenza di distinguersi
cosa tra le cose
e riconoscersi per un'istante viva
nel persistere vano dell'esistenza.

venerdì 11 ottobre 2013

Ragazzi'

Dove vanno i giorni miei
e dove
vanno i tuoi?
Son ore che fuggono.
e dove e' andato il piacere di stare insieme?
Quel calore se l'e' portato via scaltro
il vento birbone.
Dove van i miei pensieri per Te
e i tuoi pensieri per me?
Dove vanno le grazie tue una per ogni emozione?
Dove vanno le parole e le pepite nascoste nelle pupille sorridenti,
i suoni dolci e le languidezze della tua bocca in fiore?
nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. lo so.
Io,
sussulto un poco per noi.
Dove andrà quello che smarrisco di Te
e quel che smarrisci di me?
Non so,
ragazzi' , ragazzi'. ragazzi,
non so ragazzì.
So che tutto non so
io non so
Dove va il bene
bene mio senza barriere,
dove?
Dove vanno quei crateri di pianto
che eruttano sul viso lava , calda e traditrice?
Quante stelle ho colto per Te
soltanto il Cielo lo sa.
Questo cielo in rivolta
che tramonta ogni giorno
sulla tua assenza che cresce
ormai
albeggia senza di me.
Avanzo piano
in balia del desiderio
sul piano inclinato del giorno
indeciso sul da farsi .
Anche le tracce piu' fresche si smarriscono
quando le estremità' delle scarpe piu' non si toccano
e procedono sole come l'illusione
di spezzare le catene di questo lucido esilio
nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. lo so.
Io,
sussulto un poco per noi.
Dove va quello che smarrisco di Te,
e quel che smarrisci di me?
Non so ragazzi',
ragazzì, ragazzi',
non so .
So che tutto non so,
io,
non so.
Io no ragazzi';
ragazzi'; ragazzi'; ragazzi';
Gli occhi si velano
d'autunnale pianto
e io,
io non so
ragazzi' ragazzi;' ragazzi',..
Tesa sul corrimano dell'istante
sento che come
me
anche tu
tu non sai..
Non sai
non sai non sai...
Ma piu' non dipano
l'ingarbugliata matassa
di gesti distanti
e tosto mi chiedo:
Dove vanno i giorni miei
e dove stanno andando i tuoi?
Son ore che fuggono..
E dove e' andato il piacere di stare insieme?
Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. lo so,
Io,
sussulto un poco per noi.
Dove andrà quello che

smarrisco di Te
e quel che smarrisci di me?

...

Su quest'unico tema
incorrisposto m'incaglio
e in quest'assurdo relativismo
scemo.

lunedì 7 ottobre 2013

Tramontato e' il sole

Tramontato e' il sole
e
lento va Apollo incontro al suo destino.

Solo io non m'allontano
testardo
dalla mia pena
e ' nel letto resto solo
a tessere un sudario di versi
dove
adagio
l'eco
dei miei soli stinti
all'ombra
di un vento
che scuote
le membra e le consuma
rapido cerino
di un inestinguibile fuoco
Piromane indefesso
di un dolce supplizio
che io solo alimento
nel consueto martirio
del capoverso.
Le ombre calano e
anche le parole
si dileguano
spaventate dall'affitto del cuore
cercando un cielo
piu' economico dove dormire.
Sol io resto vigile
e mi dibatto ancora
nel fiume incandescente
del desiderio
refrattario a qualsiasi argine
e straripo nel delirio
di un abbandono.



venerdì 4 ottobre 2013

All'aria pietrosa e sulfurea di Lampedusa

L'angoscia della morte oggi tutto incendia

e il suo scuro  bagliore si riverbera

nel malinconico sole d'autunno

assimilando ognuno

all'aria pietrosa e sulfurea di Lampedusa

Scorrono le immagini

e non ho piu' dubbi:

siamo quello che cerchiamo

privi d'affrettate fughe

dissolte in un sangue ingiusto

sepolto da inutili parole

troppo tardi

cadute

su vaghi sogni

di remota liberta'

accese

da minime stagioni

di riflesse speranze.

L'esistenza ha in se '

il segreto della felicita'.

In una stolta notte

un univoco tarlo

di sanguinose rotte

l'ha smarrito

confermando

l'assurdita'

d'assenze conosciute

cui nessuna norma

ha posto riparo.

Le chiacchiere

le porta via il vento.

Resta solo l'amara salsedine

e i cocci rotti

di vite spezzate

di cui nessuno,

purtroppo si curera'
se non per il tempo di 
un rullo
compresso
nello sbadiglio di un istante
 presto sommerso 
da una tassativa 
pubblicita'.


giovedì 3 ottobre 2013

Ogni poeta e' Alfredo Rampi

Ogni parola che scrivo  e' una piccola Vermicino. Ogni poeta e' Alfredo Rampi inghiottito nel buio di un improvvido tombino .
O almeno oggi io mi sento cosi'.
Sprofondato in un antro buio dove l'eco della mia voce  s'ode ogni giorno piu' lontano.  

Nell'incuria di tutti.
L'inchiostro mi fa da fedele  lanterna. 

Sol mi chiedo fino a quando.
 Anche il verso piu' bello privo di luce muore.

Il canarino ha gia' dato.
Mancherei io. 
Ma non mi prendo da molto e  cosi' mi spargo lontano nel tempo infinito aspettando una carezza mi trafigga intero come una lama nel buio regalandomi un  ultimo soffio di vita.

martedì 1 ottobre 2013

I classici della letteratura: porte per penetrare nei segreti della contemporaneita'

Il classico sta bene su tutto rassicura la mente , e fa bene al cuore.
Prima pero' di lanciarsi in una difesa del classico e' importante avanzare il baricentro della riflessione e chiarirsi sul concetto di “classico”.
Credo infatti, che un classico possa intendersi come un duplice atto di presa di coscienza. Di cosa? Del nostro essere creature figlie di un determinato tempo della Storia.
Il primo atto appartiene, ovvio, all'autore, alla genialità' con cui ha intuito l'essenza del proprio tempo, al punto da prevedere, alcuni sintomi e fisionomie del futuro.
Il secondo atto appartiene al lettore, alla sensibilità' con cui desidera capirsi come protagonista di una scena che ci vede, ogni giorno, rappresentare un dramma che mantiene, il suo ultimo atto aperto.
Un classico serve alla maturazione profonda del nostro stato d'animo in quanto, nei suoi specchi riflettenti, contiene intuizioni che formano la nostra personalità'.
E' assimilabile al codice genetico, allo spartito musicale della natura, la cui lingua sacra custodiamo nel cuore.
Leggendo, studiando i classici, di cui gli autori son i privilegiati, fatali mediatori, e come se tendessimo l'orecchio all'interno di noi stessi, dove esiste un linguaggio che siamo noi.
Un classico e' una macchia sospesa nell'ombra dove si racchiude l'amore per la vita dove e' fondamentale immergersi. Leggendo , innalziamo il coefficiente di meraviglia che e' in noi.
Succhiando il dolce midollo delle pagine di un classico la nostra consapevolezza s'apre in tutta la sua ampiezza, e il contatto estremo con la luce dell'intelletto altrui regala il massimo splendore ai colori della nostra anima.
Leggere e' il fascino calamitante di due realtà' fisicamente estranee che d'improvviso si fondono. Due entità' che non hanno più' un proprio nome, ma un nome solo: bellezza.
Un classico ci fa scalare l' Everest emotivo di noi stessi e risalire alle fonti del sapere e della creatività. Impresa che richiede la massima disponibilità' del lettore a mettersi in gioco senza riserve.
Non e' un caso infatti, che Cervantes, nel Don Chisciotte, chiama in causa il lettore apostrofandolo, con una punta di malizia, “ descoupado”, libero da impacci. Ebbene, al di fuori dell'affettuosità' maliziosa, il classico ci obbliga a guardare con occhio critico la realtà' verificando giorno dopo giorno, quanto siamo realmente liberi e non passivi, in che misura possediamo la vitalità' necessaria per una analisi approfondita di quanto ci circonda.
Quando leggiamo un libro, un classico in particolare, noi non leggiamo solo le pagine stampate, ricavandone suggestioni e conoscenze, ma soprattutto leggiamo noi stessi, ossia lo stato d'animo dei sensi che ci distingue dagli altri esseri viventi facendo un check – up di questo stato.
Quest'ultimo, non e' meno importante, di quello che riguarda il corpo. Le percezioni non si possono isolare in un canto segreto del nostro animo.
Anche loro infatti, necessitano di un allenamento specifico e quotidiano.
Da svolgere ponendo a confronto il nostro io intimo con quello dei geni che firmarono quei vangeli della bellezza che sono i classici della letteratura di ogni tempo. Non c'e' limite alla bellezza, non c'e' per la meraviglia..
Facciamo qualche esempio.
Viviamo in un'epoca in cui i viaggi, anche in terre lontane, sono d'obbligo: per lavoro, vacanza, curiosità', esotismo, acchiappanza.
Ed ecco che specchiando il nostro ruolo di viaggiatori nello note del Viaggio in Italia di Goethe, veniamo a conoscere fino a che punto, in noi, l'attitudine oserei dire positivistica, che alimenta il desiderio conoscitivo – scientifico, va armoniosamente d'accordo con la tendenza fantasiosa che esalta l'immaginazione, essendone esaltata.
Avvolti in un sistema computerizzato, dobbiamo riconoscere che i byte paralizzano l'immaginazione specie nelle fasce di prima scolarizzazione (mi riferisco ai bambini e agli adolescenti),
i classici servono a riequilibrare le cose.
A riportare un profumo di mistero negli schemi prefissati che, altrimenti, finirebbero, per inquadrarci come puro frutto di calcolo di menti affannate e derelitte.
Va anche sottolineato che in un passaggio epocale quale il nostro, molte parole, troppo usurate, e di cui continuiamo a riempirci la bocca, si son ridotte a gusci vuoti, a montaliani “ossi di seppia”. Non facciamo che lamentare la perdita dei “valori”.
Ma che significa, oggi, questa parola? Ne ritroviamo sia il significato sia il sapore leggendo le pagine del teatro di Skakespeare sia le poesie di Leopardi sul quale grava una stalagmitica e ingiuriosa concezione del dolore assolutamente illogica e primitiva.
E' la parola amore? Essa ci corre continuamente sulle labbra, invade canzonette e titoli dei media, ma non riusciamo piu' a stringerla in un senso esatto, ridandole vita.
Ebbene, i classici ci dimostrano che quel senso, possiamo trovarlo non solo nei pensieri dei filosofi, ma anche, pensate, nelle pagine di Galileo.
Un'altra sublime possibilità' offerta dallo studio dei classici consiste nella comparazione.
Leggendo Galileo infatti, l'amore, per deduzione, ci viene chiarito in questo modo: quando e' assoluto, esso privilegia il godere di se stessi quasi il mondo si fermasse, lasciando il campo a una sola meraviglia, quella di esistere, senza dover rendere conto di nulla. Una sonda spaziale si lascia dietro la terra, se la dimentica nel suo volo, pur essendo creatura dell'uomo, simbolo dell'uomo.
Sale, poniamo, a raggiungere una cometa che contiene le molecole prebiotiche che stanno all'origine della vita, si perde in questo principio di creazione. E' una metafora ideale del sentimento amoroso: mantenersi umani, tuttavia senza il peso delle umane vicende, accolti nel cuore primordiale dell'esistenza.
Sempre che ci si senta davvero parte di essa. Cercare di inquadrare, in un'ottica moderna i classici dell'umano pensiero, significa rifarsi, fortemente, alle esperienze personali, comportarsi come una sorta di medium che trae profitto dalle risorse di cui ha sperimentato il possesso.
Questa consapevolezza, quando non sfocia in un mero nozionismo, e' assente.
Penso agli insegnanti guardati come strani animali in mezzo alla lontana curiosità' degli alunni privi di reali mezzi di confronto tra loro.
Privi di sintonia.
Una simbiosi può' e deve scattare anche al di fuori delle dinamiche scolastiche.
La scuola dal canto suo, deve spingere alla cultura incentivando sempre alla bellezza dell'esplorazione intellettuale individuale e collettiva, Pascal, Voltaire o le Storie di Tucidide, sempre per esemplificare, significa esser pronti al dibattito sulle realtà' generazionali che ci distinguono.
Ancora non e' possibile assimilare la lezione degli autori della letteratura contemporanea senza poter fare riferimento ai “padri profondi” che hanno tracciato le somme vie con i loro capolavori.
Prendiamone uno a caso ma non tanto come leggerete tra qualche riga. Carlo Emilio Gadda. Come si puo' capirlo se non si e' mai letto Aristofane, Molie're, Gogol?
Ho citato Gadda perche', degli scrittori italiani del novecento, e' quello che ha visto più' a fondo nel viscerame del nostro presente. Con il solo potere delle sue pagine, senza mai coinvolgersi in questo o quel fatto pubblico di cui i media creano l'enfasi, in quei “manifesti” che sono la croce e la deliziia di quei polemisti usa e getta evitando tutto cio' con pudore esemplare. Gadda sosteneva che “ il fegato macchinatore della universale realtà' stenta oggi a filtrare i nostri veleni in quanto non riusciamo più' a specchiarci nei “grandi “ del passato. Quindi, il mondo contemporaneo e un pasticciaccio in cui l'intrigo e il malaffare trionfa a tal punto da prescindere dai suoi protagonisti diventando esso stesso protagonista: avendo di fronte a se' un finale del tutto aperto, dove qualunque conclusione e' possibile e ogni riferimento a cio che sara' di noi e' assolutamente pleonastico e ripetitivo.
Il mistero si infittisce e la domanda dimora ancora in un silenzio assordante all'interno di una angoscia latente: mentre i drammi, per eccesso di quantita' e di brutture, da un lato generano assuefazione e dall'altro degenerano in quella parodia burlesca, in quello stravolgimento grottesco che Gadda nel suo fatidico pentolone , mirabilmente ha prospettato.
Visto che la storia si specchia sempre in se stessa, perche' allora con dignita ' di pensiero, non cercare una risposta, un'illuminazione in Tacito e Tucidide?
Non e' solo un invito alla lettura questo, ma ad essere accorti: nelle pagine di questi geni del commento, stanno chiavi di lettura del nostro tempo, tante quante non immaginiamo.
Poi quante magie possiamo creare fondendo gli effluvi e i sapori dei classici!!!!
Si potrebbe partire da Del progredire della scienza di Bacone per poi mischiarle con le poesie di Rilke con le pagine di Galileo.
Farlo significa insinuarsi nei massimi sistemi che regolano il mondo, il cosmo, la vita. Ed esser grati. Grati ai classici da cui siamo stati preparati alla meraviglia.