martedì 26 aprile 2016

Gimme five Juve!!!!!

Quando le parole non bastano più a magnificare il presente, logico tuffarsi nel passato e dare il cinque a Jovanotti.
 Sì proprio lui cari lett
ori e radiose lettrici: Jovanotti, non il Jovanotti profeta cittadino del mondo con la barba e le tasche piene di sassi per fare le gare di rimbalzino sul mare, ma  quello che alla fine degli anni Ottanta,andava in giro con l'espressione da pirla e faceva il testimonial della Nintendo. Bene, quel Jovanotti lì, oltre ad incitare atti di vandalismo per quella storia dei catenacci con il simbolo Mercedes appeso, faceva vendere i cappellini rossi Boy .
Quelli che a fine anni ottanta tutti usavano per sembrare più fighi col rischio lo diventassero davvero. Stronzi e incoscienti pronti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo. Ma pur sempre Boy. Ragazzi tutti da sperimentare ed educare sulla strada della vittoria. Come la Juve di quest’anno Perché quando i totem non sono lì a proteggerti è più difficile farsi strada nella vita e sperare d’aver la meglio nella corsa all’ennesimo obiettivo. Sfocato all’inizio, nitidissimo alla fine nel salotto delle feste di Vinovo. Perché stavolta la Juventus, lo scudetto l’ha vinto seduta in poltrona mentre Roma e Napoli sfogavano le ultime energie per un banalissimo ma facoltoso secondo posto.
Un giusto risarcimento dopo una rimonta mondiale e avversarie degne ma polverizzate leste, una a una. Nonostante la vena inesauribile di Higuain, la rinascita di Totti. Belle storie. Solo quelle alla fine.
Lontanissime comunque dalla forza duttile e coriacea di una Juventus alle prese con tantissimi infortuni (da Khedira a Marchisio) e comunque in grado, bianconera fenice, di rinascere dalle proprie ceneri e ricominciare da capo come nulla fosse accaduto.
Come dieci anni fa dopo il tifone Calciopoli e il  tartaro della serie B. Come quest’estate dopo Pirlo, Vidal, Tevez.  Tutti andati via in nome di un ricambio costretto e scritto. Al loro posto Khedira rotto, Dybala troppo, Mandzukic tiglioso e lento.
Torpido come tutta la Juve  in fondo, capace nelle prime giornate di andar sotto al primo tiro avversario  con un Pogba snaturato sofisma sperduto in mezzo al campo e un Chiellini arrugginito.
Ammettiamolo: le premesse c’eran tutte per un’anticipata abdicazione. Non  tanto per l’altalenante e illusoria leggiadria avversaria quanta perché la Juve quest’anno non era proprio partita.
Perché tre in meno (quei tre lì), non si regalano a nessuno e se il trequartista non arriva Cuadrado non basta e Hernanes è una beffa.
Perché i nuovi han bisogno di tempo e il 3 – 5- 2 pur se funzionale alle caratteristiche della rosa, per Allegri e la sua idea di calcio, e pur sempre un ripiego. Legittimo in una stagione in cui la Juventus ha dovuto, a differenza delle altre Napoli in testa, reinventarsi continuamente alla ricerca di una quadra minata di settimana in settimana da rovinosi infortuni.
Perché incazzature di Buffon ed Evra a parte, con relativo record’imbattibilità in bella mostra quest’anno l’eroe è lui Massimiliano Allegri da Livorno. L’acciughina diventato squalo tigre passando per Hulk e una calma scientifica e zen. Incredibile per uno che nel 1992, ventiquattrenne, divenne oggetto delle attenzioni della cronaca scandalistica per aver lasciato l'allora fidanzata a due giorni dalle nozze e ventiquattro anni dopo, è diventato l’emblema vincente di una pazienza certosina.
Ecco a voi dei piccoli ma fondamentali  esempi che valgono da soli un ovvio rinnovo di contratto.
Rugani pareva uno scolaretto intimorito adesso comanda la difesa da veterano; Dybala sembrava uscito da una telenovela argentina ideale specchietto per le allodole adolescenti di ragazzine brufolose e sognanti; ora è l’idolo di tutti e il contraltare umano di Messi; Mandzukic appariva imbronciato e litigioso: ora abbraccia tutti e sorride.
E poi ci siamo noi.  Noi tifosi. Cadaverici professionisti de “ è tutto finito. Quest’anno non si vince niente “ a zelanti sostenitori di ” Marotta e Paratici? Meglio di Holly e Benji” e’ chissenefrega se Tom Becker forse era gay. Noi che non ci credevamo, lo speravamo e infine, siamo felici nonostante Higuain, Icardi, Kalinic Dzeko perché il curioso caso di Padoin e Rubinho li batte tutti.  Più titoli che presenze. Sovrastati ma utili da Pogba che resterà più di Morata ma che clausole a parte, vorrebbe.  Come tutta la Juve in fondo. Pronta a puntare ancora più in alto. Perché dopo l’inferno di Calciopoli e il purgatorio della B, il paradiso della Champions non è lontano.
I boy della Juve (a proposito: è in arrivo anche Berardi), già fremono.




lunedì 25 aprile 2016

25 APRILE


25 aprile.

Nomi svuotati di linfa
Abbuffano monumenti
Memoria di bronzo
unanime insegna

Lagna il cielo indispettito
Note tarde di fiato
I porporati s’arrampicano
su pergamene di retorica
per braccare agresti suffragi
                                       

I volti dei Caduti son quelli
di ragazzi passati per la Storia:
nella pioggia sembra stiano piangendo.

sabato 23 aprile 2016

Shakespeare 400

SONETTO 33

Spesso, a lusingar vette, vidi splendere
sovranamente l’occhio del mattino,
e baciar d’oro verdi prati, accendere
pallidi rivi d’alchimie divine.
Poi vili fumi alzarsi, intorbidata
d’un tratto quella celestiale fronte,
e fuggendo a occidente il desolato
mondo, l’astro celare il viso e l'onta.
Anch’io sul far del giorno ebbi il mio sole
e il suo trionfo mi brillò sul ciglio:
ma, ahimè, poté restarvi un’ora sola,
rapito dalle nubi in cui s’impiglia.
Pur non ne ho sdegno: bene può un terrestre
sole abbuiarsi, se è così il celeste.
(Traduzione di Eugenio Montale)

giovedì 21 aprile 2016

La gabbia di Totti

Totti e ancora Totti. Due volte come il postino. A sconcertar tutti a pochi rantoli dalla fine. Perché non è finita fin quando non è finita e a deciderlo vuol essere lui. Francesco Totti. Una rettifica giunta nel momento in cui quella passione che lo cinge dal 28 marzo 1993, giorno del suo esordio in serie A, stava diventando una gogna troppo dura sul miglio terminale di una carriera superba ma stritolata adesso da un’inflessibile giudice: il tempo.
E’ invece no. Bastano ventidue secondi al nonno del campionato per ridiventare protagonista di un amore adolescenziale e schiacciare fermo i brufoli della polemica. Quella che in fondo, sciami idolatranti a parte, ha sempre contraddistinto quest’idillio. Coccolato di flash e barzellette non è mai maturato.  Ogni gol, ogni esultanza, ogni prodezza l’ha sempre più sbilanciato. Costringendolo a equilibris
mi in fondo innaturali, cui ogni rinnovo di contratto ha sempre più isolato alla stolta posa di un santino da onorare nella certa consapevolezza di un’impossibile crescita. Quella della Roma e quella di Francesco. Di Totti ricorderemo uno scudetto tridente Batistuta, Delvecchio e Vincenzo “Aeroplanino” di scorta Montella, un  Grosso Mondiale e poi?
Nessuno crederà mai sia stato l’emblema di una generazione, il giocatore più forte degli ultimi vent’anni. Perché Totti è stato Totti fin dall’inizio . E’ Roma e la Roma a non esser mai cambiata isolandolo in un amore passionale certo, schizofrenico di fondo. In cui la Roma gol decisivi a parte, trarrà comunque presto il cartello Do not disturb e pazienza se a ispirarlo è un tradito toscanaccio dai tratti teatrali e mefistofelici. Anche questo è modernità. Contemporaneità che si scontra con un amore antico il cui protagonista è un uomo di quasi quarant’anni che tutti, Pupone in bocca abbiamo sempre trattato da ragazzino.
In vent’anni qualcuno incontra Penelope. Qualcun altro s’arresta a Circe e per lei  grufola in una fattura suina e atroce  che gli permette di diventare  (nel caso di Totti), uno dei giocatori più forti, avanzando in campo e nel mondo cicatrici e ferri in gamba, ma sempre fermo comunque nello stesso dorato perimetro.
Roberto Baggio ad esempio è stato di più. Un alieno buddista in mezzo a cattolici mercenari e inattendibili. Capace di capire prima se stesso e gli altri, non ha giocato con la pazienza del tempo e del talento, e l’amore della folla ritirandosi silente e giusto quando ancora tutti lo acclamavano.
Ora, chi canta il nome di Totti lo fa in forza di un’immensa ingiustizia (il rigore ultimo non c’era).
Come non c’era bisogno di tutto questo per capire che Totti in fondo più che carnefice di una società irrisolta e immatura, è vittima di una retorica nevrotica, rozza, irrazionale, ripetitiva. Perché le parole saranno sempre le stesse. Perché le favole infinite piacciono. Perché non cambierà nulla, dilatando il tempo del commiato solo un poco.  Perchè solo lui Francesco, ora lo sappiamo, può chiedere a Totti, quando smettere . Solo lui è nessun altro.
Gli uomini risolvono da sé le proprie questioni, e sanno sciogliere i legami stretti e dolorosi, quando devono, e riconoscere l’amore dall’ossessione e dall’alibi. Ma provateci voi a liberarvi di un amore che si chiama Roma, con le sue braccia lunghe, infinite; provateci voi ad accettare e a dire a voi stessi che quello che pareva il vostro sogno era un incubo, e che il vostro paradiso era, in fondo, una gabbia. Guardate:
Due gol in pochi minuti e tutti in piazza a rigiurare amore eterno.
L'ennesimo inciampo in una corsa zoppa:
Quella, s'intende, per uscire subito dalla "gabbia" di Totti abbracciando Francesco dicendogli : "Grazie di tutto".


giovedì 7 aprile 2016

Buon compleanno a me. Buon compleanno a voi.

Il calendario uccide. Soprattutto se non ci metti abbastanza  vita dentro. Come questo blog che quest'anno è venuto meno. Perchè impegnato a seguire i tentativi di riassetto  molecolare del suo sparso creatore. Attorno a un rocchetto un pò sfuggito attorno un morbo crudele
 come quest'anno appunto in cui Google ha espunto sei seguaci lasciandomi facile bersaglio di una querula solitudine.
Perchè le parole ci son state a impedire che il nodo fosse troppo stretto chè la morte è dolce se sorsata a piccole dosi. Come il resto peraltro. Breve certo, ma spero intenso comunque.
Un  caloroso distinto grazie a quanti son rimasti e magari lotteranno perchè questo piccolo spazio resti aperto. Sempre.
Buon compleanno a me. Buon compleanno a voi. Tutti. E l'ultimo (non ) chiuda la porta.