giovedì 21 aprile 2016

La gabbia di Totti

Totti e ancora Totti. Due volte come il postino. A sconcertar tutti a pochi rantoli dalla fine. Perché non è finita fin quando non è finita e a deciderlo vuol essere lui. Francesco Totti. Una rettifica giunta nel momento in cui quella passione che lo cinge dal 28 marzo 1993, giorno del suo esordio in serie A, stava diventando una gogna troppo dura sul miglio terminale di una carriera superba ma stritolata adesso da un’inflessibile giudice: il tempo.
E’ invece no. Bastano ventidue secondi al nonno del campionato per ridiventare protagonista di un amore adolescenziale e schiacciare fermo i brufoli della polemica. Quella che in fondo, sciami idolatranti a parte, ha sempre contraddistinto quest’idillio. Coccolato di flash e barzellette non è mai maturato.  Ogni gol, ogni esultanza, ogni prodezza l’ha sempre più sbilanciato. Costringendolo a equilibris
mi in fondo innaturali, cui ogni rinnovo di contratto ha sempre più isolato alla stolta posa di un santino da onorare nella certa consapevolezza di un’impossibile crescita. Quella della Roma e quella di Francesco. Di Totti ricorderemo uno scudetto tridente Batistuta, Delvecchio e Vincenzo “Aeroplanino” di scorta Montella, un  Grosso Mondiale e poi?
Nessuno crederà mai sia stato l’emblema di una generazione, il giocatore più forte degli ultimi vent’anni. Perché Totti è stato Totti fin dall’inizio . E’ Roma e la Roma a non esser mai cambiata isolandolo in un amore passionale certo, schizofrenico di fondo. In cui la Roma gol decisivi a parte, trarrà comunque presto il cartello Do not disturb e pazienza se a ispirarlo è un tradito toscanaccio dai tratti teatrali e mefistofelici. Anche questo è modernità. Contemporaneità che si scontra con un amore antico il cui protagonista è un uomo di quasi quarant’anni che tutti, Pupone in bocca abbiamo sempre trattato da ragazzino.
In vent’anni qualcuno incontra Penelope. Qualcun altro s’arresta a Circe e per lei  grufola in una fattura suina e atroce  che gli permette di diventare  (nel caso di Totti), uno dei giocatori più forti, avanzando in campo e nel mondo cicatrici e ferri in gamba, ma sempre fermo comunque nello stesso dorato perimetro.
Roberto Baggio ad esempio è stato di più. Un alieno buddista in mezzo a cattolici mercenari e inattendibili. Capace di capire prima se stesso e gli altri, non ha giocato con la pazienza del tempo e del talento, e l’amore della folla ritirandosi silente e giusto quando ancora tutti lo acclamavano.
Ora, chi canta il nome di Totti lo fa in forza di un’immensa ingiustizia (il rigore ultimo non c’era).
Come non c’era bisogno di tutto questo per capire che Totti in fondo più che carnefice di una società irrisolta e immatura, è vittima di una retorica nevrotica, rozza, irrazionale, ripetitiva. Perché le parole saranno sempre le stesse. Perché le favole infinite piacciono. Perché non cambierà nulla, dilatando il tempo del commiato solo un poco.  Perchè solo lui Francesco, ora lo sappiamo, può chiedere a Totti, quando smettere . Solo lui è nessun altro.
Gli uomini risolvono da sé le proprie questioni, e sanno sciogliere i legami stretti e dolorosi, quando devono, e riconoscere l’amore dall’ossessione e dall’alibi. Ma provateci voi a liberarvi di un amore che si chiama Roma, con le sue braccia lunghe, infinite; provateci voi ad accettare e a dire a voi stessi che quello che pareva il vostro sogno era un incubo, e che il vostro paradiso era, in fondo, una gabbia. Guardate:
Due gol in pochi minuti e tutti in piazza a rigiurare amore eterno.
L'ennesimo inciampo in una corsa zoppa:
Quella, s'intende, per uscire subito dalla "gabbia" di Totti abbracciando Francesco dicendogli : "Grazie di tutto".


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