Totti
e ancora Totti. Due volte come il postino. A sconcertar tutti a pochi rantoli
dalla fine. Perché non è finita fin quando non è finita e a deciderlo vuol
essere lui. Francesco Totti. Una rettifica giunta nel momento in cui quella
passione che lo cinge dal 28 marzo 1993, giorno del suo esordio in serie A, stava
diventando una gogna troppo dura sul miglio terminale di una carriera superba
ma stritolata adesso da un’inflessibile giudice: il tempo.
E’
invece no. Bastano ventidue secondi al nonno del campionato per ridiventare protagonista
di un amore adolescenziale e schiacciare fermo i brufoli della polemica. Quella
che in fondo, sciami idolatranti a parte, ha sempre contraddistinto quest’idillio. Coccolato di flash e barzellette non è mai maturato. Ogni gol, ogni esultanza, ogni prodezza l’ha
sempre più sbilanciato. Costringendolo a equilibris
mi in fondo innaturali, cui
ogni rinnovo di contratto ha sempre più isolato alla stolta posa di un santino
da onorare nella certa consapevolezza di un’impossibile crescita. Quella della
Roma e quella di Francesco. Di Totti ricorderemo uno scudetto tridente
Batistuta, Delvecchio e Vincenzo “Aeroplanino” di scorta Montella, un Grosso Mondiale e poi?
Nessuno
crederà mai sia stato l’emblema di una generazione, il giocatore più forte
degli ultimi vent’anni. Perché Totti è stato Totti fin dall’inizio . E’ Roma e
la Roma a non esser mai cambiata isolandolo in un amore passionale certo,
schizofrenico di fondo. In cui la Roma gol decisivi a parte, trarrà comunque
presto il cartello Do not disturb e
pazienza se a ispirarlo è un tradito toscanaccio dai tratti teatrali e
mefistofelici. Anche questo è modernità. Contemporaneità che si scontra con un
amore antico il cui protagonista è un uomo di quasi quarant’anni che tutti, Pupone in bocca abbiamo sempre trattato
da ragazzino.
In
vent’anni qualcuno incontra Penelope. Qualcun altro s’arresta a Circe e per lei
grufola in una fattura suina e atroce che gli permette di diventare (nel caso di Totti), uno dei giocatori più
forti, avanzando in campo e nel mondo cicatrici e ferri in gamba, ma sempre
fermo comunque nello stesso dorato perimetro.
Roberto
Baggio ad esempio è stato di più. Un alieno buddista in mezzo a cattolici mercenari
e inattendibili. Capace di capire prima se stesso e gli altri, non ha giocato
con la pazienza del tempo e del talento, e l’amore della folla ritirandosi
silente e giusto quando ancora tutti lo acclamavano.
Ora,
chi canta il nome di Totti lo fa in forza di un’immensa ingiustizia (il rigore
ultimo non c’era).
Come
non c’era bisogno di tutto questo per capire che Totti in fondo più che
carnefice di una società irrisolta e immatura, è vittima di una retorica
nevrotica, rozza, irrazionale, ripetitiva. Perché le parole saranno sempre le
stesse. Perché le favole infinite piacciono. Perché non cambierà nulla,
dilatando il tempo del commiato solo un poco. Perchè solo lui Francesco, ora lo sappiamo,
può chiedere a Totti, quando smettere . Solo lui è nessun altro.
Gli uomini risolvono da sé le
proprie questioni, e sanno sciogliere i legami stretti e dolorosi, quando
devono, e riconoscere l’amore dall’ossessione e dall’alibi. Ma provateci voi a
liberarvi di un amore che si chiama Roma, con le sue braccia lunghe, infinite;
provateci voi ad accettare e a dire a voi stessi che quello che pareva il
vostro sogno era un incubo, e che il vostro paradiso era, in fondo, una gabbia.
Guardate:
Due gol in pochi minuti e
tutti in piazza a rigiurare amore eterno.
L'ennesimo inciampo in una corsa zoppa:
Quella, s'intende, per uscire subito dalla
"gabbia" di Totti abbracciando Francesco dicendogli : "Grazie di tutto".
Nessun commento:
Posta un commento