martedì 27 gennaio 2015

La rivoluzione (solo fotogenica per ora) di Alexis Tsipras



Alexis Tsipras vince le elezioni in Grecia suscitando lo stupito interesse della sinistra radicale e il biondo entusiasmo della chioma nazionalista di Marine Le Pen.

Il “Davide d’Europa” ha tirato in ballo persino l’interattivo Renzi punto di riferimento per quanto gli riguarda,  per la sua politica contro l’austerità predicata dalla Merkel. E L’Euro ne ha subito risentito crollando miseramente lì dove dovrebbe contare sonante e invece è più ricercato della figurina di Pizzaballa. Aldilà delle parziali rettifiche dello stesso leader greco in  prossimità del trionfo, apparso più disponibile alle trattative, il colpaccio di Tsipras dimostra che le difese immunitarie di chi detiene i cordoni della borsetta europea non sono fortissime, e l’Euro, (i falsari lo sanno bene), non è un dogma.

Ringalluzzito dalla vittoria, un economista di Syriza chiede la cancellazione del debito pubblico greco entro sei mesi, minacciando l’uscita dall’euro in caso di riposta negativa. In Portogallo, Spagna, Francia, Italia, scalpitano curiosi alla caccia di un esempio da seguire.

Molto dipenderà dal tasso di tolleranza che la Germania e lo stato maggiore di Bruxelles concederanno al rinvigorito fronte antiausterità europeo.

Io resto dubbioso e attratto. Spiego questo privato twist
emotivo. Confido in una sua coerenza, ma non mi stupirei se il fotogenico elleno, eccitato dalle malizie del potere, derapasse in tutt’altra direzione.  La Grecia dice non resterà nell’Euro, ma il problema interno rimarrà eccome. Il sospetto che la Merkel sia stata solo lo spauracchio contro di cui scatenare un Paese allo stremo anche.

Le eccessive bende tedesche hanno scatenato masse doloranti. Ora Tsipras s’adoperi per far tornare la sua terra, l’orgoglio delle nostre radici e lo sfondo delle altui vacanze.

Altrimenti avrà avuto ragione la tirannica Germania e Tsipras sarà un nome che presto oblieremo come si dimenticano i tratti aurorali di una rivoluzione solo auspicata.

Perché l’Europa l’altro ieri è stata schiaffeggiata non certo abbattuta e i ricatti pur se fotogenici restano solo coreografiche minacce.

In fondo, i pasticci li hanno commessi ad Atene non certo a Berlino e Bruxelles.

Salsicce e cavoletti non fanno una buona dieta sono d’accordo, ma anche la moussaka greca senza un buon digestivo può essere pesante.

lunedì 19 gennaio 2015

Toppe



Noi siamo toppe
di un rocchetto smagliato.

Traditi e slanciati
assecondiamo un ordito
Che trama interstizi.

giovedì 15 gennaio 2015

Il Presidente che vorrei



 Un eroico equilibrista. Questo è stato Giorgio Napolitano. Un enigma quieto in mezzo a tanti,troppi chiassosi rebus. E in nove anni ne abbiamo ingarbugliati parecchi. Nove anni in cui siamo passati da Campioni nel mondo del calcio (2006), a comprimari d’Europa. In tutto.  Per cercare di recuperar posizioni bisogna che il nuovo Presidente sia una trincea che sappia rendere abitabile anche l’angolo più in
digesto d'Italia.  Empatico  carismatico, e senza grilli per la testa. Di tanti Grillini che additano, ma non spiegano, anzi urlano  e allontanano ne è pieno il Parlamento  e l’udito del Paese, a quanto mi risulta, non è migliorato. Deve essere segnato dall’esistenza. Una cicatrice fa esperienza ed esprime nobiltà d'animo. Una garza non  sterilizzata  dalle lesioni dell'ambiente,  tappa ma non risolve anzi infetta la ferita.  Deve occuparsi del Paese non accudire versanti di partito. Deve avere delle idee e se possibile delle convinzioni, non solo un sorriso giovanile e l’alopecia incombente.
Non ci vuole un uomo o una donna.  Ci vuole una persona con gli attributi.  Fare gli eccentrici al passo con i tempi,  attenti alle pari opportunità è sbagliato. Autorizzare ulteriori  opportunistiche stravaganze  pure  al Colle all’egocentrico di turno  erroneo.
 C’è un giogo sinistro che avvince il collo di tutti gli italiani. D’altri affanni il Paese non ha bisogno.
C’è un Parlamento intanto che si riunirà a breve.  Sperare che decida per il bene del Paese è d’obbligo.
Augurarsi che voti la persona giusta, un dovere.
Altrimenti sarà un guaio.

lunedì 12 gennaio 2015

Mango e l'alba di una nuova estetica dell'addio



La morte ci scopre nudi alla meta. Digiuni d’infinito le mani fanno bene a stare nella carne di un futuro tutto da costruire. Pino Mango è morto così come tutto quello che non arriva ma che deve venire e intanto ronza nelle orecchie, nello spazio vuoto di un mancato avvio, dove il bello muta e forse siamo noi a non volerlo trattenere spogliando anime  di pastafrolla.

Quelle di tutti noi che non sanno ricordare senza urlare e scontrarsi in piazza per un pezzo di terra o il senso  di una fede.

Mango in mezzo a tutto questo franto litigare, non ha voluto ascendere ne gocciolare spostandosi orizzontale con le sue note scivolando così senza ricevere rabbie di corsa orientandosi rasoterra nel fendersi dell’aria di una mutua solitudine in cui invisibili entrambi succediamo distanti incontrandoci a caso, esplorandoci a lato, frattaglie di combustibile di un chiuso lunario appeso a un sole opaco che marcisce lentamente lambito da lingue imperdonabili.

Mango era l’esotica sutura di una millenaria arsura che vegeta in quel prima del corpo dove incontriamo stracche  parole fisiche; nulla più fuggitivo di noi che come soffi ci destiniamo all’aria credendo che il futuro sia questo e invece è solo un istante di simultaneità proiettato in avanti assecondando istinti che diventano ossessioni utili a non sentirci più estranei in questa morte piena di oggetti intorno a simulare una vita siliconata di cazzate importanti.

Per questo se n’è andato nel mezzo della fine Mango. Per darci ancora l’illusione di vivere quando tutto intorno a noi muore.

Era appena un bacio avanti a ieri nell’arco esteso di una frase in vacanza. Inseguiva l’amore come oasi nel deserto poi, come qualcosa di cui farsi perdonare tornava ciò che suonava in quel triste ripetersi per fortuna mai raggiunto. Quello dei cori in sordina e le sagre della porchetta.

Ci ho messo un po’ a raggrumare queste languenti memorie. Mi sfuggiva quasi il coraggio di imprimere questo mio nulla  nel tutto che era Pino.  Ma l'assenza è morte viva. Un brutto odore che spinge a scrivere anche se l'anima è assente ma a tratti intuisce e scava profondo. L'odore assenza di aggettivi che invade la carta incendiandola. Un po’ per rispetto di quest’anonimato (per il napoletano  pazzo Daniele si muovono battaglie legali!), un po’ perché delle epifanie di un altro fantasma cosa te ne facevi?

Ma la rabbia di un mancato ricordo ha armato la mano verso  l’alba di una nuova estetica dell’addio.

Recuperandoti nello sbottonarsi di un pensiero ricostruisco le tue sembianze e corro a raccontarle rotolando a questa vita cui aderisco rantolando parole corte.

E, tu che ora puoi, caro Pino, superami se vuoi soltanto salvando silenzi e mentre scorri su questo presente afono, vorrei dirti resta ad anticipare il futuro con briciole di me .

domenica 11 gennaio 2015

Assente non sono



Allento la vita

Di buchi malfatti

Cercando un istante

Che m’inquadri per davvero.



Assente non sono

Solo per l’ombra

Che curva precipita

In un adesso di spalle.