La morte ci scopre nudi alla meta. Digiuni
d’infinito le mani fanno bene a stare nella carne di un futuro tutto da
costruire. Pino Mango è morto così come tutto quello che non arriva ma che deve
venire e intanto ronza nelle orecchie, nello spazio vuoto di un mancato avvio,
dove il bello muta e forse siamo noi a non volerlo trattenere spogliando anime
di pastafrolla.
Quelle di tutti noi che non sanno
ricordare senza urlare e scontrarsi in piazza per un pezzo di terra o il senso
di una fede.
Mango in mezzo a tutto questo franto
litigare, non ha voluto ascendere ne gocciolare spostandosi orizzontale con le
sue note scivolando così senza ricevere rabbie di corsa orientandosi rasoterra
nel fendersi dell’aria di una mutua solitudine in cui invisibili entrambi
succediamo distanti incontrandoci a caso, esplorandoci a lato, frattaglie di
combustibile di un chiuso lunario appeso a un sole opaco che marcisce
lentamente lambito da lingue imperdonabili.
Mango era l’esotica sutura di una
millenaria arsura che vegeta in quel prima del corpo dove incontriamo stracche parole
fisiche; nulla più fuggitivo di noi che come soffi ci destiniamo all’aria credendo
che il futuro sia questo e invece è solo un istante di simultaneità proiettato
in avanti assecondando istinti che diventano ossessioni utili a non sentirci
più estranei in questa morte piena di oggetti intorno a simulare una vita
siliconata di cazzate importanti.
Per questo se n’è andato nel mezzo della
fine Mango. Per darci ancora l’illusione di vivere quando tutto intorno a noi
muore.
Era appena un bacio avanti a ieri nell’arco
esteso di una frase in vacanza. Inseguiva l’amore come oasi nel deserto poi,
come qualcosa di cui farsi perdonare tornava ciò che suonava in quel triste ripetersi
per fortuna mai raggiunto. Quello dei cori in sordina e le sagre della
porchetta.
Ci ho messo un po’ a raggrumare queste
languenti memorie. Mi sfuggiva quasi il coraggio di imprimere questo mio nulla nel tutto che era Pino. Ma l'assenza è morte viva. Un brutto odore che spinge a scrivere anche se l'anima è assente ma a tratti intuisce e scava profondo. L'odore assenza di aggettivi che invade la carta incendiandola. Un po’ per rispetto di quest’anonimato (per il napoletano pazzo Daniele
si muovono battaglie legali!), un po’ perché delle epifanie di un altro
fantasma cosa te ne facevi?
Ma la rabbia di un mancato ricordo ha
armato la mano verso l’alba di una nuova
estetica dell’addio.
Recuperandoti nello sbottonarsi di un
pensiero ricostruisco le tue sembianze e corro a raccontarle rotolando a questa
vita cui aderisco rantolando parole corte.
E, tu che ora puoi, caro Pino, superami
se vuoi soltanto salvando silenzi e mentre scorri su questo presente afono, vorrei dirti resta ad anticipare il futuro con briciole di me .
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