Siamo alle
solite.
La Nazione
ricorda e commemora quando si dimentica di essere una congrega di staterelli
autonomi e a statuto speciale.
Perché tale
si sente ognuno di noi quando è oberato dalle bollette e non c’e la fa ad
arrivare alla fine del mese.
Solo questo.
Così sembra assurdo oggi bardarsi di
nero con scritte di partecipazione e compianto di fronte all’orrore di ieri a “Charlie Hebdo”, quando
noi stessi non sappiamo esultare di fronte all’eden di diritti che abbiamo
conquistato nel corso dei secoli.
Ere spazzate
via ancor prima che dai mitragliatori islamici dall’indolenza europea, dal
sufficiente distacco con cui guardiamo le cose che stanno fuori dal nostro
perimetro di sicurezza. Al solito non più
lungo dello spazio che intercorre dal giardino di casa alla stanza da letto.
Fuori, urge l’ignoto di un universo che altri
hanno costruito e noi non sappiamo difendere.
Inutile chiedere
a gran voce la banda larga se nel cuore
abbiamo la benda stretta e quella che alcuni chiamano vita è solo uno
strascicato aderire a forze estreme (tipo la Lega di Salvini), cui chiediamo
quel surplus di vitalità e azione che abbiamo dimenticato nell’eccesso delle
nostre comode penurie.
Perché se
l’estremo prospera, è perché qualcuno ha dimenticato la straordinarietà dei
principi su cui si basa l’esistenza.
Dignità, libertà,
uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia.
Diritti
conquistati col sangue di molti che dovrebbero essere nel DNA di tutti e si
trovano nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e ve lo
garantisco, non son scritti con l’inchiostro simpatico da qualche buontempone
amico di Topolino.
Esiste giuridicamente
dal 2007. Ma è con noi da sempre in fondo. Una prima versione fu redatta
addirittura nel mitico 2000.
Ricordarsene
solo di fronte all’abominio di una strage, è ripugnante.
E’ nella rivolta di un isolato sole si cela il
tramonto dell’umanità intera.
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