giovedì 8 gennaio 2015

La strage di "Charlie Hebdo" e la rivolta di un isolato sole



Siamo alle solite.

La Nazione ricorda e commemora quando si dimentica di essere una congrega di staterelli autonomi e a statuto speciale.

Perché tale si sente ognuno di noi quando è oberato dalle bollette e non c’e la fa ad arrivare alla fine del mese.

Solo questo.   Così sembra assurdo oggi bardarsi di nero con scritte di partecipazione e compianto di fronte  all’orrore di ieri a “Charlie Hebdo”, quando noi stessi non sappiamo esultare di fronte all’eden di diritti che abbiamo conquistato nel corso dei secoli.

Ere spazzate via ancor prima che dai mitragliatori islamici dall’indolenza europea, dal sufficiente distacco con cui guardiamo le cose che stanno fuori dal nostro perimetro di sicurezza.  Al solito non più lungo dello spazio che intercorre dal giardino di casa alla stanza da letto.

 Fuori, urge l’ignoto di un universo che altri hanno costruito e noi non sappiamo difendere.

Inutile chiedere a gran voce la banda  larga se nel cuore abbiamo la benda stretta e quella che alcuni chiamano vita è solo uno strascicato aderire a forze estreme (tipo la Lega di Salvini), cui chiediamo quel surplus di vitalità e azione che abbiamo dimenticato nell’eccesso delle nostre comode penurie.

Perché se l’estremo prospera, è perché qualcuno ha dimenticato la straordinarietà dei principi su cui si basa l’esistenza.

Dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia.

Diritti conquistati col sangue di molti che dovrebbero essere nel DNA di tutti e si trovano nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e ve lo garantisco, non son scritti con l’inchiostro simpatico da qualche buontempone amico di Topolino.

Esiste giuridicamente dal 2007. Ma è con noi da sempre in fondo. Una prima versione fu redatta addirittura nel mitico 2000.

Ricordarsene solo di fronte all’abominio di una strage, è ripugnante.

 E’ nella rivolta di un isolato sole si cela il tramonto dell’umanità intera.

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