martedì 3 settembre 2019

E così di lui Gaetano Scirea


Risultati immagini per gaetano scirea
Trent’anni.
Nell’antro atomico dei propositi più genuini, la lingua oscilla appesa ai pensieri ed è la voce.
Contratta nel battito abbacinato alla fine dalla luce ch’ancor soffia dalle vene d’un ricordo.
E così di lui Gaetano Scirea.
Una carezza d’aria d’ali quel pomeriggio nei fili d’un telefono lontano, s’è fatto più vicino.
Conferendo giusta grazia persino alla morte: fune strozza quando tradisce il corpo delle cose con la morte disfando l’attimo che non sarà mai canto.
Perché Gaetano Scirea allucinava libero nella luce è nella luce v’è qualcosa che mai e poi mai la luce potrà dire.
La forra dove si colta l’acqua terebra e inibisce lo sguardo inaridito;
niente più lamenti ne gridi raspanti la gola dei rimorsi:
le cose accadono, la Morte pure e una lacrima non vede il colpo inflitto come il ramo sfinisce la scintilla d’un nome che sfavilla ancora ogni qualvolta un’ombra scorrazza libera a filo d’erba e diventa fiato, spinta, nell’onda nel vento, nel coraggio che manca ch’accarezza le cose e crepa il sangue nel grumo d’un affanno.
Si chiama gol quasi d’stinto.
È il reggimento d’ogni umana impazienza quando svela una mancanza.
E così di lui Gaetano Scirea.
Petalo dopo petalo una rosa si fa pozzanghera e il cuoio si sgonfia annichilito.
Il tifo si fonde in un circuito fedifrago.
Eppure quel nome resta li. Rogo di veglia su cenerini dissensi.   
Qualcuno vanta nei cassetti orgoglioso la sua maglia.
Nell’abbraccio degli amanti non resta che l’infarto nella pelle.

venerdì 28 dicembre 2018

In mezzo il sangue scorre ancora


In questo mare di sangue strepitante d’orrore, persino il cielo è l’argilla delle nostre infinite crepe.
Nulla accomoda lamenti e gridi raspanti la gola dei rimorsi.
Sentire che possono accadere le cose e che certe cose non deb
bono avvenire più assolve le carni da quest’abisso di sole in agguato.
Fuori da queste feste sfinite al midollo, però, v’è una luce che mai e poi mai la luce potrà darci;
dove muore la carne d’un bacio, lo spacco del silenzio cuce le labbra nell’istante del dire la voglia d’una rosa che si slabbra sulla pelle scassinando ogni cicatrice che s’inghiotte per amore d’uno scialo infante ch’assidua ventotto uomini a correr dietro una palla.
In mezzo il sangue scorre ancora e nessuno straccio di normativa potrà permettere d’arrestarlo;
Daniele aveva 35 anni e due figli ch’anno perso il padre sulla rena d’una ruggine senza morso che è il balocco di tutti in fondo, pur senza canditi;
ha molti nomi in compenso: come s’addice alle cose che una volta, erano importanti;
Lo chiamano malcostume, mondo, società.
È una laguna ch’inghiotte raggi invece:
pare una bocca e mai si sfama: le vene aggrovigliate nel lenzuolo livido d’una chiazza di carne occultante il seme dell’innocenza crepato di strepiti.
Sbocci su tutto l’orlo della pena invece di ragli Salvini al coraggio assente.