giovedì 25 luglio 2013

Volevo dirti che ti voglio bene

Volevo dirti che ti voglio bene
da vero disertore dell'infelicita'.
Gridarlo.
ora che negli occhi di nessuno trovo asilo, 
vorrei che il cielo si abbassasse 
per restare preso tra le nuvole.




Ma resto qui.
In questo qui cosi' pesante.
E non trovo altrove se non qui.


Volevo dirti che ti voglio bene
da vero disertore dell'infelicita'.
Nessuno mi comando' di volerti bene.
Me lo dicesti  tu, la prima volta due anni fa.
Ma ora ho una falla nel cuore
e non posso colmare
l'abisso con l'aria
di un riflesso.


Volevo dirti che ti voglio bene
da vero disertore dell'infelicita'.
Gridarlo.
Ora che anche i petali di una margherita 
mi han voltato le spalle scopro 
come son tremanti gli amori muti.

mercoledì 24 luglio 2013

Tra Carlos e Fernando Gaetano gode

Ieri  sera Tim in mano Tom Tom in testa, tutti aspettavano Carlos e Fernando. 
E' arrivato come solo i Gaetano sanno fare, (fidatevi: ne so qualcosa), Gaetano Masucci da Avellino ad impallinare lo sventurato Gabriel e a ricordare che le squadre non si fanno con i milioni e i titoloni ma con cuore e polmoni e vista acuta.
A rubar l'occhio, (almeno il mio), infatti non e' stato lo scornato Quagliarella, il redivivo Robinho ma il guineense naturalizzato portoghese
Aladje Gomes.
Appena entrato, il ragazzo, mi ha ricordato Aristoteles e ho rivisto Adriano. Quello che ha spaccato la porta del Santiago Bernabeu agli albori del ventunesimo secolo in otto minuti, e sgonfiato i cuori di tutti noi maniaci della palla a scacchi, a furia d'eccessi e ascessi dell'animo.
Ebbene prendetemi per pazzo: ma se il ragazzo non fara le bizze sara' un campione.
Un portoghese con i piedi da brasiliano.
Per ora accontetatevi di Gaetano Masucci.
 Non e ' bello a vedersi, ma e' terribilmente concreto sotto porta.
Piu' concreto di un sogno di mezza estate.

domenica 21 luglio 2013

La metamorfosi di Franz Kafka: natura morta della societa' borghese

Spesso la pagina di un libro rivela cio' che la maniglia di una porta vuole occultare scavando distanze che le dimensioni di una camera da letto non riescono a contenere.
Specie quando la Colpa s'insinua dentro di te nelle soffuse blandizie della notte e lo specchio rimanda effigi che non puoi addebitare a nessun'altro che a te stesso che stai li' inebetito, a domandarti il perche' sia potuto accadere proprio a te.
Sta in questo umanissimo interrogativo la grandezza della Metamorfosi di Franz Kafka redatto dall'autore slovacco tra il 18 novembre e il 7 dicembre 1912. 
La bravura di un autore sta nel presentarti il conto (e fartelo pagare), ancor prima d'averti fatto gustare per intero il suo piatto. 
Kafka ci riesce benissimo attaccando noi lettori al corrimano sudaticcio e sdrucciolevole di un mastodontico "perche?"
Perche' l'onesto commesso viaggiatore Gregor Samsa si trasforma  in uno schifoso insetto?
E' d'improvviso si torna bambini attorno al lume della  nuovavita di Gregor, analizzata e compresa da Kafka nelle sue fasi di ciclica ordinanza: nascita, vita, morte, 
Se non fosse per l'inopinata evenienza di una sgradita ripugnanza, cui nessun sonno potra' porre rimedio, e il tutto si riduca invece,  a un lento e inevitabile processo di accettazione della nuova condizione da parte di Gregor Samsa da uomo qual'era a insetto, quale e' e sara'
Questa ineluttabilita' che ci fa pensare alle irrevocabili atmosfere di alcuni Canti leopardiani, prende le mosse dal momento in cui Gregor che pensa da uomo' smarrisce la possibilita' d'appuntarsi linguisticamente  all'umanita'.
Significativo la perda proprio all'interno della  sua famiglia.
Cos'e' la famiglia di Gregor Samsa? Un posto dove il ronzio degli elettrodomestici si confonde con quello della propria voce e sradicato e stanco per caso si riitrova attorno a un  tavolo circolare rotto da invisibili crepe cui non basta a restituir calore, l'amore della madre, la complicita' di una sorella.
Il padre non c'e' perche' nella mente di chi subisce e' solo qualcuno di cui liberarsi.
Qualcuno buono solo a impartir modelli plastificati e  inattaccabili dalla fluidita' dell'esistenza.
Regole che Gregor, ancor serrato nel suo involucro, umano tenta supino, di seguire, ma che di fronte alla sua nuova condizione, risultano superflue eppur tentano ancora dal chiuso di una porta ,di suscitar timore, obbligo ,costrizione.
Doveri  che l'evidenza della sua orripilante figura ,schianta e annulla in una collettiva ansia, una mostruosa paura, una assurda minaccia.
Qualcosa da cui allontanarsi, prima che sia possibile qualsiasi assimilazione .
L'Altro non e' che un Oltre.
Ma se non si e' in grado di accoglierlo attorno al lume del focolare domestico, tanto vale serrarlo in un angolo buio della coscienza non meno viscoso delle zampette dell'insetto Gregor.
Alla sua famiglia  due non bastano. 
Per questo devono aiutarsi con la ramazza.
La ramazza e' il manganello con cui la famiglia cerca di ristabilir l'ordine costituito di un nucleo familiare che non sa far quadrato e si chiude a riccio in posizione statica  di fronte alla bidimensionalita plastica  del figlio.
Una distanza emotiva e relazionale tra figli e famiglia, che Kafka metabolizza in una contrapposizione naturalistica in cui l'incomunicabilita' e' smentita da un ronzio.
In questo sordo e monodico sibilo, non c'e' assenza di linguaggio, ma incapacita' di decodificazione dello stesso.
Privi di questo fondamentale  grimaldello linguistico, genitori e  figli stanno nei loro rispettivi territori penalizzati da una comune deficenza.
Diventano animali essi stessi  quindi. 
La metamorfosi evidenzia una penosa inettitudine relazionale cui la trasformazione animalesca restituisce una incontestabile verita' oggettiva' cui concorrono in silenzio,  padri e figli.
Vi e' un terzo elemento di distanza fra le parti.
E' la letteratura stessa che con i suoi obblighi meditativi costringe l'uomo (Kafka ma potremmo dire ogni amante della letteratura ), ad astrarsi dal consorzio umano cui l'uomo comune , esacerbato dal rancore, restituisce il pane rancido di uno sdegnoso pietismo.
L'insetto Gregor diventa quindi il paradigma della visione distorta della letteratura che chiama la solitudine e stimola dipendenza filiale impedendo facili realizzazioni familiari.
Carmina non dant panem ma caffe' diceva Severino (grazie Antonella!!!!!!!).  un magnifico cantastorie veneto. E pure scodelle suggerisce Kafka visto il gran numero che la  sorella Grete, in uno slancio d'immutato d'amore  destina allo sventurato fratello, con i moncherini di pane e gli avanzi di tutto
Questo il desco incestuoso dello scrittore che cieco di vita, stravolto di forma, deve accontentarsi dei resti degli altri annullando la sua capacita' di immaginare, costruire, rendersi autonomo nei confronti  di chi invece, al cospetto di una diversita' conclamata, riprende improvviso impeto dittatoriale (il padre), e  si placa solo al richiamo di un furtivo amplesso sessuale.
Quel trionfo dei sensi molte volte alluso, e sempre negato, durante tutto il romanzo,  si muta egli stesso in una sentenza di morte consapevole e necessaria.
A dichiararne l'ineluttabilita' e' proprio il desiderio supremo di Gregor: la sorella Grete che messa di fronte l'impulso copulativo del fratello (lui che si  mette al centro della foto della madre in posizione inequivocabile), ne certifica agli occhi della famiglia lo smarrimento di ogni umanita' e l'assoluta castrazione di un assurdo desiderio.
Eliminata l'abiezione, il circuito immobile nella quale si snoda la vita della famiglia di Gregor, puo' riprendere,  costringendo noi lettori, a portarci   dietro l'ombra di una morte assurda ma necessaria.
Necessaria perche' l'impianto naturalistico su cui si fonda il romanzo potesse riprender con  rinnovato vigore e manifestarsi per quel che veramente e' : la natura morta di una societa' borghese  che con assoluta freddezza si sdoppia nel ruolo di vittima e carnefice dei suoi stessi figli impossibilitati a "vivere davvero" ed opporsi all'ineluttabilita' del loro triste destino: quello di vermi cornuti e mazziati all'interno della loro stessa  originaria placenta.
 Eterni bamboccioni appesi al gancio gigantesco di un mastodontico "perche'".
Come sopra, come sempre. 

mercoledì 17 luglio 2013

Nell'alto di questo frinire di cicale

Nell'alto di questo frinire di cicale
sorge spontaneo il sentimento

a irrorar le radici scheletriche del mio cuore.Il sole di luglio lo ha inchiodato
allo gnomone di una meridiana.

Posso quasi confonderlo con la felicità
l'istante fossile nell'aria tersa,

in cui il pensiero corre verso Te
a dipinger immagini di Noi insieme
e tutto d'improvviso s'azzurra
dopo l'inquietudine notturna.
Posso tenerti la mano, posso sorridere,

e donarti tutto il mio amore.
Pur da lontano.




martedì 16 luglio 2013

Gravano nell'intimo ombre carbonizzate di silenzio

Gravano nell' intimo
ombre carbonizzate 
di silenzio.
Ancor cieco di vita
e di coscienza
mi appoggio
all'indietro
per farmi 
travolgere dal destino
Ma invece rimango qui
 estremo residuo interrato
in quest'agra magione
dove anche le bestie piangono
e le cicale cantano per disperazione.
granello di polvere in 
questa 
terra di pietra, 
cuori di marmo e corvi ebbri.
E mentre la fatale ombra 
tutto oscura,
vorrei sparpagliarmi
sul mio Tutto
che e' quasi Nulla
aprire una finestra
scardinare una vena...

domenica 14 luglio 2013

D'estate, di domenica, c'e' gente che compra le paste

Insomma.
C'e' gente che in piena estate va a comprare le paste. Bei vassoi di cannoli alla siciliana, teste di moro, sfogliatelle, fagottini farciti dii crema. Dolci da stagione fredda. il rituale della domenica. Spesso hanno almeno un bambino per mano.
Tornano a casa, nel caldo insopportabile. Cercano l'ombra sotto i palazzi.Probabilmente li aspetta un pranzo impegnativo, e qualche assillante parente in visita.
D'estate, di domenica, c'e' gente che compra le paste.
Io rimango dietro, nascosto,  a misurare la lunghezza di una amara distanza che anche oggi nessuno accorcera'.
.

giovedì 11 luglio 2013

Meno solo di uno solo

Non ho mai finto davanti  la vita
e a furia di ricucirmi
mi sono strappato.
Refrattario perfino 
al semplice rattoppo.
Duole l'ago 
che non passa per alcuna cruna
e infilza cio' che non cerca!
Nulla di nulla sotto il mio tutto
senza alcun tatto 
sopra il mio tetto
colonne di fumo 
negano l'aria.
Ma io son di piu'
e testardo
m'aggrappo ad alianti di parole 
che mi facciano sentire 
meno solo di uno solo:
Io.

mercoledì 10 luglio 2013

Fame di tenerezza

Ho attraversato l'esistenza senza riuscire a centrarmi
pagando il dazio  di  uno stupido difetto  di sistema.
Poi, cacciando di frodo  tra i germogli turgidi  del T
uo Eden,
contaminato da un amore inatteso ,
nella chicane della costanza
sono rinato.
Mio Dio: 
Quanta fame di tenerezza 
 addosso.
.

martedì 9 luglio 2013

Frano nell'abisso composto del Tempo

Frano nell'abisso
composto del Tempo
ghigliottinando speranze.
Vano allagare l'anima
di un corpo cavo
di radici.
Non faccio altro 
che tracciare contorni
di una eventualita' 
abortita
prima del tempo.
Mi sento straniero
dovunque:
una presenza passata
dove il Nulla finge di essere
Qualcosa 
in attesa
di un tardo avvenire.