domenica 27 settembre 2015

Va bene così



Va bene così. Pleonastico innalzare dighe di parole come innati castori se le fondamenta tremano e il baricentro arretra inquisito al minimo soffio contrario.

E’ solo tempo mutante di gloria cui unico si può imputare la repentinità del verso. Nulla di più.


Tempo che passa... tempo sulle fasce dove il compasso napoletano allarga  ali  biancazzurre  su vecchie maglie intorpidite.
Tempo sui giornali dove i proclami estivi diventano cantilene senza senso e le scritte si scrostano all’evidenza di un esito insigne.
Tempo sul campo dove le covate degli anatroccoli di Sarri sfoggiano in breve il piumaggio maestoso del cigno da far ricrescere i capelli anche allo scarsicrinito  e smanioso Gonzalo Higuain.
Tempo che passa, ora sembra fermo, eppure l'istante - ahimè! - è fuggito... lasciando  in eredità alla sera questo cielo limpido e definito d’azzurro nemmeno fossimo in Islanda.
Basta allungare una mano per stringere nel pugno una stella, basta distendersi sull'erba ancora calda per sentire pulsare il battito dell'universo nel piccolo cuore atterrito d’atavica inedia partenopea per rallegrarsi di questa rilevante abbuffata .



Stremo bastione d’accorata difesa bianconera  resta Massimiliano Allegri .
Si affida ai punti interrogativi del futuro, sognando di riuscire a raddrizzare quei loro uncini, di trasformarli in esclamativi.
E intanto la vita scorre leggera come un fiume che placido discende lambendo gli argini - sembra immobile e invece scivola via. Portandosi dietro quel che non è più.


sabato 26 settembre 2015

In una settimana nessuna telefonata, nessuna



In una settimana nessuna telefonata, nessuna.
Il display del telefono accerta impalpabilità,
la cappa delle ciglia idonea deserto,
l’occhiale smarcato riflette fosco nel disperso
i capelli ,eterna  penuria, assottigliano  le dita:
cascanti sulla tastiera.

 La pena protratta evidenzia
il vano inficiarsi degli orifizi espansi,
somma peripezia di una crepa che si veste,
imprigionando un canto ignaro o demente.
Dietro lo schermo il corpo in trincea
dilegua l’abbaglio, indegno cospetto,
avviso lucente, nella stanza cupa
di lettere rimugina tormento.

giovedì 24 settembre 2015

Scherzo di settembre



Novantatreesimo  minuto del secondo tempo. Corner.  Un francese derubricato di nome Leonardo Blanchard viola la culla del primato bianconero passato memorando record rimettendo eroi al rango di rattrappiti reduci finiti a rovinosa rotta.
Un effluvio di rivalsa e rettitudine indirizza quella palla di fronte percossa. A fissare scaltro gli abomini del principio condizionati viepiù da una crudele anomalia su una botta di Zaza. Redenta la svista da adesso in poi, per gli “intrusi” del Frosinone forse, andrà meglio.
E la Juventus invece?
Repressa nelle intenzioni spara a salve di continuo. Ostile alla pulizia di un tempo, raggranella punti sull’errore altro rinunciando subito alla manovra accesa più di tutto dalle accelerazioni spastiche e affannanti di Cuadrado.
Il resto è sudore confuso e disimpegnato. Come se solo i nomi assegnassero potere e affermazione.
Nello sport non sempre è così per fortuna e giustizia regna al triplice fischio finale.
La pioggia scende lungo lo Juventus Stadium e l'autunno presenta già il suo conto, una sciarada di scarpe bagnate e gocce luminose negli occhi.
Il suo presagio irrompe in un risveglio appesantito dal cielo più basso, la classifica corta e la speranza biscia in un intrico di maglie avverse sciorinate da un alito uncino.

Nella via sommers

a ora fioriscono le uniformi giallo – blu Savoia di operai anonimi e fieri spurganti il verso della loro storia cominciata iersera azzoppando bestie di prestigio.
Scherzo di settembre è quest’artico testimoniante il ritmo delle stagioni, la fine di un ciclo .
Il suo timbro è una coltre di bruma stesa sulle chine di arrotate illusioni.


domenica 20 settembre 2015

Rubini al collo del crepuscolo



Una squadra di calcio, l’ambita rete la incalza col gioco- conta di afferrarla quasi, di spremerne il senso dal sudore della maglia, agguantandone la sua fine resina.
Molto spesso però, sfugge, si rintana nel suo vago significato, fino a indurre che forse è solo nell’affannosa ricerca di sé che si spoglia e si mostra.
E neppure un frammento se ne gode. Perché il goal vive d’involontarietà compresse tra un traversone liftato e un palo fortuito carambolato di fondoschiena e inerzia su un estremo tapino.

Tutto qui. Tanto basta alla Juventus per uscire dal limbo delle perplessità e cominciare a sintonizzarsi sulle solite frequenze, vetusti obiettivi dove la vittoria è moneta sonante e le chiacchiere spiccioli molesti sparsi sul tavolo di un bar di periferia.
Spazzati da sagome discontinue, comunque vivaci, al netto di una manovra non troppo fluida.  Ma ahinoi Pirlo non c’è e il Danubio è altrove.

L’altalena del tempo è l’alchimista che muta amori in cambiali scadute. E altro s’agita in campo. Diverso forse, ma non meno  vispo e reattivo dopo un primo scarto difficile e lacunoso.



Questo è il calcio cari lettori:



Ritrovarsi e poi perdersi ancora, con quest'onda di marea transalpina chiamata Paul Pogba che ora monta e ora discende e spesso spaventa quando nella sua volubilità ciondola al lampo impreciso. Non c'è modo di vincere le creste, di cavalcarle, non c'è strategia per non farsi sorprendere - si può solo nuotare nel suo mare di grazia.
Promette un incantesimo di luce e forse il segreto finora svelato è soltanto il nome che da desiderio, alla speranza estesa a dismisura da una rinvenuta compattezza di squadra ostile alla futile eleganza occultata in metodi rudi e circoscritti di  nomi nuovi.
Son quelli di Cuadrado, Lemina, Mandzukic, lapislazzuli che brillano nella notte del sogno ritrovato e diventano all'istante rubini al collo del crepuscolo.


mercoledì 16 settembre 2015

Gli impensati riflessi di una grande vittoria



Nell'oceano grigio di quest’autunno antropico,  una vittoria in rimonta è  la boa di  salvataggio ideale  e il naufrago patito vi si aggrappa con tutte le speranze.

L'amore, allo stesso modo può rischiarare tutta un'esistenza illuminarla di sé un solo istante e dichiararla compiuta così.

Come il riscatto di un raggio  di sole apparso nella nebbia del mattino  rischiarato dal fragore di una  straordinaria impresa sportiva.  

Si scrive Manchester City – Juventus si legge Italia Inghilterra a rinverdire antiche rivalità ed esibire diverse condizioni psichiche e morali: borghesi e appannate da un difficile avvio  da una parte, patinate e danarose dall’altra corroborate all’inverosimile dall’enorme disponibilità economica degli sceicchi.  Difficile da colmare a parole, spiazzata completamente dal rigurgito d’orgoglio  neorealista juventino confuso e felice al cospetto di un impensabile (almeno alla vigilia),  trionfo .

In questa vittoria c’è tutto: c’è il sole sbiadito del ricordo e quello vivo di una spiaggia arsa  sui carboni ardenti dell’estate.
C’è l’incoscienza dei primi passi, c’è il fuoco ardente del primo amore, la solitudine dell’abbandono inibito da poderose mani e l’orgoglio ritrovato di camminare insieme.
Ci sono le metropoli dimenticate nelle nebbie di un precoce tramonto e le torri di castelli costruiti nel sogno di un facoltoso calciomercato di botto schiusi all’esattezza del vero.
In questa vittoria c’è tutto, perché ogni passo conduceva a essa frapponendosi saldo a un avverso destino.

 Ora, riflessi impensati fendono il giorno, dove bastimenti d’immagini attraccano e ripartono lievi, e il cielo si riflette gaio nello specchio grigio dell’umano cavillo.
Le gradinate gon
fie di colori disegnano un nuovo caleidoscopio a ogni passo mischiando souvenir e cartoline di quanto di eccezionale è appena accaduto.
All'improvviso  sulla strada fiorisce l’ardire di un’impossibile impresa: una boccata d’aria  fresca nel mattino.