Novantatreesimo minuto del secondo tempo. Corner. Un francese derubricato di nome Leonardo Blanchard viola la culla del primato bianconero passato memorando record rimettendo eroi al rango di rattrappiti reduci finiti a rovinosa rotta.
Un effluvio di rivalsa e rettitudine indirizza quella palla di fronte percossa. A fissare scaltro gli abomini del principio condizionati viepiù da una crudele anomalia su una botta di Zaza. Redenta la svista da adesso in poi, per gli “intrusi” del Frosinone forse, andrà meglio.
E la Juventus invece?
Repressa nelle intenzioni spara a salve di continuo. Ostile alla pulizia di un tempo, raggranella punti sull’errore altro rinunciando subito alla manovra accesa più di tutto dalle accelerazioni spastiche e affannanti di Cuadrado.
Il resto è sudore confuso e disimpegnato. Come se solo i nomi assegnassero potere e affermazione.
Nello sport non sempre è così per fortuna e giustizia regna al triplice fischio finale.
La pioggia scende lungo lo Juventus Stadium e l'autunno presenta già il suo conto, una sciarada di scarpe bagnate e gocce luminose negli occhi.
Il suo presagio irrompe in un risveglio appesantito dal cielo più basso, la classifica corta e la speranza biscia in un intrico di maglie avverse sciorinate da un alito uncino.
Nella via sommers
a ora fioriscono le uniformi giallo – blu Savoia di operai anonimi e fieri spurganti il verso della loro storia cominciata iersera azzoppando bestie di prestigio.
Scherzo di settembre è quest’artico testimoniante il ritmo delle stagioni, la fine di un ciclo .
Il suo timbro è una coltre di bruma stesa sulle chine di arrotate illusioni.
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