Sami
Khedira. È lui l'albero maestro ora legato alle vele del cuore juventino. Dopo i balbettii dell'inizio,
la compagine sabauda ascolta il suo canto, amabile Sirena dalla memoria gentilizia
e non si lascia fare a brani e poi gettarsi sugli scogli della stolta costernazione
procurata dalla solita transalpina piaga,
( dopo Thereau dell’Udinese Mounier del Bologna ). Se non lo fa, è perché vola spedita nelle geometrie ispirate di questo
partecipe tunisino in Germania travasato.
Solidamente ancorata all'oggi anche quando lo sguardo si dirige all’Everest della bassa classifica, la Juventus balugina istantanei tragitti situati oltre il tempo, lungo quei territori già esplorati, battuti palmo a palmo nel passato.
Come gli speleologi che tentano i cunicoli dell'oscurità tenendo stretta la robusta corda che li tiene legati in superficie.
Assapora la realtà la Juventus è non sembra quasi
vero: dopo tante sere affondate di nebbia
e vecchi treni persi in un'aurora livida
e fumosa. Solidamente ancorata all'oggi anche quando lo sguardo si dirige all’Everest della bassa classifica, la Juventus balugina istantanei tragitti situati oltre il tempo, lungo quei territori già esplorati, battuti palmo a palmo nel passato.
Come gli speleologi che tentano i cunicoli dell'oscurità tenendo stretta la robusta corda che li tiene legati in superficie.
E, come Proust nella Recherche, la corazzata bianconera spinta dalle reti di Dybala e Morata riscopre il tempo perduto, quell'amore sotto pelle che si era sperso chissà dove, e tifosi festanti sugli spalti di uno stadio finalmente felice e schiuso a una inedita
certezza:
Lenta la nebbia dissolve e aitante si palesa il presente. Sempre, comunque e nonostante tutto. C’è ancora vita su quel treno che viaggia verso la rinascita.
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