Da brava tartaruga non potevo fare di
meglio. L’anfibia comparazione non aiuta molto lo so bene, ma divincola di quel
tanto da slacciare quello che sto per raccontarvi dalla ruota del doppiato. Dalla
vita, dai sentimenti, da tutto.
Il fatto è che detesto affermare qualcosa
senza contestualizzare a dovere e una bacheca pur personale come quella di
Facebook, non aiuta in questo.
Soprattutto quando si parla di libri. I quali, è giusto ricordarlo, non servono a sbreccare le pareti di una casa, ma a
intonacare altri mondi quello sì. Impastati d’aria fresca e buoni ricordi. Tanti
quelli appiccati quale estrema resina alla vita di un bimbo che non vuole
saperne di morire e gagliardo mi spinge a raccontare la sua storia. Si chiami
Raffaello o Antonio poco importa perché tanto son io a risponderne per
legittima paternità e tenera appartenenza.
Eccovi quindi la top ten dei dieci libri
che mi hanno fatto sentire meno solo di un cactus in mezzo al deserto, e a cui
devo metà dell’inchiostro con cui imbratto il sole di questa vita.
10) A
presto Casimiro di Walter Minestrini. Non lo ricorda più nessuno ma un
libro che ha resistito a otto traslochi in quindici anni merita la medaglia di
una citazione. Me lo regalò mio zio Gianfranco e mi fa pensare ai miei nonni e
in un processo di crescita intellettuale, come all’inizio di un post “letterario”
ricordarsi delle proprie radici è importantissimo.
9) Il
giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne. Arrivò nelle mie mani il 2 luglio 1995 quando
il Parma ufficializzò l’acquisto di Hristo Stoickov dal Barcellona per dodici
miliardi. C’era un sole bellissimo e la ragazza che mi porse quel libro grosso
e variopinto per leggerlo durante le vacanze estive non era compresa nell’offerta.
Quel giorno fu importante anche per un altro motivo: imparai, infatti, la
differenza tra una biblioteca e un’edicola. A dodici anni non è poco.
8) Satyricon di Petronio Arbitro. Di una sfrontatezza unica lo lessi la prima volta nell’autunno del 1994. Non lo trovai difficile. L’autore voleva sbertucciare una civiltà decadente e smarrita in vanesi sofismi. Io tranne l’ultima parte alquanto frammentaria e complicata, mi sbellicai dalle risate. Ricordo la sorpresa di trovarmi di fronte ad un romanzo sussultorio e travolgente, impavido ed emotivo. In fondo, avevo l’impressione di essere in una delle gigantesche comiche della coppia Villaggio – Pozzetto allora in voga. (meglio le prime delle seconde).
7) Il nome della rosa di Umberto
Eco Letto nel 2001 segnò il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza. In
quei mesi sognavo d’incontrare anch’io un Guglielmo da Baskerville capace di
spiegarmi i segreti della vita e i veleni dell’esistenza. Ma uno Sean Connery
non l’ho mai trovato. Ero Adso da Melk e lo sono rimasto.
6) I promessi sposi di Alessandro
Manzoni In base ai recenti dati
raccolti nell’ultimo trasloco, non molti mesi fa, so di possederne almeno 15
edizioni.
Li incontrai per la prima volta nel 1989 attraverso la rielaborazione
televisiva di Salvatore Nocita con Delphine Forest e Danny Quinn. Li apprezzai
definitivamente il 10 gennaio 1990 quando andò in onda la prima puntata dello
stesso sceneggiato rivisitato dalla comicità del trio Lopez – Marchesini - Solenghi.
Non so, ma da quel momento ho sempre immaginato l’eco onnisciente del Manzoni
attraverso la voce di Massimo Lopez ed anche solo per imitarlo e vezzeggiarne
il ricordo, l’ho letto sempre volentieri. Ora il Trio non c’è più. Lopez ha ucciso
Homer Jay Simpson, quella Bella Figheira di Anna Marchesini lotta gagliarda
contro una tignosa artrite reumatoide, Solenghi è scomparso dalla tv e a me non
rimane che il Tubo per rinfrescare un bel ricordo.
5) Il capitano è fuori a pranzo.
di Charles Bukowski. Testo estremo dal valore iniziatico. Almeno per me. In
quel caotico 2003, mi fece capire quanto fosse importante martellare una
tastiera elettronica e fare il filo ad una vita molto più veloce del sottoscritto.
Ancora adesso.
4) Tutti giù per terra di
Giuseppe Culicchia. Letto con colpevole ritardo solo lo scorso gennaio, dopo
aver pensato addirittura fosse fuori catalogo, mi ha fatto ridere come non accadeva
da tanto tempo. Non è più accaduto in effetti.
3) Vita d’un uomo. Tutte le
poesie di Giuseppe Ungaretti. Anatomia del verso, spettrografia di un alito, autopsia dell’esistenza. In pratica
Peppino d’Alessandria d’Egitto, a quelli del RIS di Parma, gli fa un baffo.
2) I Canti Orfici di Dino
Campana Consigliatomi nel 1999, per ineffabile nomea e incredibile somiglianza caratteriale
col matto di Marradi, quello spruzzo di sperma tricolore griffato Einaudi mi regalò
una pazzia familiare, una melodia di carezze, un motivo in più per resistere. A
diciassette anni se ne ha bisogno.
11) Il
giovane Holden di J. D. Salinnger. Mio dio.
Se lo avessi incontrato son certo, non mi avrebbe filato proprio. Se ne sarebbe
stato stretto nel suo cappello da cacciatore a fumare una sigaretta per i fatti
suoi concentrato su una partita di football americano. Sordo ai miei richiami
non avrebbe mai saputo che il suo libro
in testa a qualche migliaio, nella mia biblioteca è il primo di
tutti. Non mi sarei offeso però. Amico
di tanta reticenza, avrei steso una lista di libri quasi come questa solo per
dirgli che se ho scritto qualcosa e continuo a farlo è per merito suo e che anch’io
mi chiedo dove mai andranno a dormire le anatre di
Central Park durante l'inverno? E lì lì mi sono perso.
il giro del mondo e Il giovane Holden sono anche tra libri della mia vita
RispondiEliminaWoW! Quelli che non ho letto (10 5 4 3 2) li prendo come ottimi xonsigli!
RispondiEliminaVale A
Brava Vale!
RispondiEliminaQuesto post viaggiava su questo spartito: accendervi una stilla di sana curiositas!
Se un pezzo ci son riuscito... che dire... mi son guadatato la pagnotta!!!
Un forte abbraccio e scusate il ritardo!