Quando le parole non bastano più a
magnificare il presente, logico tuffarsi nel passato e dare il cinque a
Jovanotti.
Sì proprio lui cari lett
ori e radiose
lettrici: Jovanotti, non il Jovanotti profeta cittadino del mondo con la barba
e le tasche piene di sassi per fare le gare di rimbalzino sul mare, ma quello che alla fine degli anni Ottanta,andava
in giro con l'espressione da pirla e faceva il testimonial della Nintendo. Bene,
quel Jovanotti lì, oltre ad incitare atti di vandalismo per quella storia dei
catenacci con il simbolo Mercedes appeso, faceva vendere i cappellini rossi Boy .
Quelli che a fine anni ottanta tutti usavano per
sembrare più fighi col rischio lo diventassero davvero. Stronzi e incoscienti
pronti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo. Ma pur sempre Boy. Ragazzi tutti
da sperimentare ed educare sulla strada della vittoria. Come la Juve di quest’anno
Perché quando i totem non sono lì a proteggerti è più difficile farsi strada
nella vita e sperare d’aver la meglio nella corsa all’ennesimo obiettivo. Sfocato
all’inizio, nitidissimo alla fine nel salotto delle feste di Vinovo. Perché stavolta
la Juventus, lo scudetto l’ha vinto seduta in poltrona mentre Roma e Napoli
sfogavano le ultime energie per un banalissimo ma facoltoso secondo posto.
Un giusto risarcimento dopo una rimonta
mondiale e avversarie degne ma polverizzate leste, una a una. Nonostante la
vena inesauribile di Higuain, la rinascita di Totti. Belle storie. Solo quelle
alla fine.
Lontanissime comunque dalla forza duttile e
coriacea di una Juventus alle prese con tantissimi infortuni (da Khedira a
Marchisio) e comunque in grado, bianconera fenice, di rinascere dalle proprie
ceneri e ricominciare da capo come nulla fosse accaduto.
Come dieci anni fa dopo il tifone Calciopoli e
il tartaro della serie B. Come quest’estate
dopo Pirlo, Vidal, Tevez. Tutti andati
via in nome di un ricambio costretto e scritto. Al loro posto Khedira rotto,
Dybala troppo, Mandzukic tiglioso e lento.
Torpido come tutta la Juve in fondo, capace nelle prime giornate di andar
sotto al primo tiro avversario con un
Pogba snaturato sofisma sperduto in mezzo al campo e un Chiellini arrugginito.
Ammettiamolo: le premesse c’eran tutte per un’anticipata
abdicazione. Non tanto per l’altalenante
e illusoria leggiadria avversaria quanta perché la Juve quest’anno non era
proprio partita.
Perché tre in meno (quei tre lì), non si
regalano a nessuno e se il trequartista non arriva Cuadrado non basta e
Hernanes è una beffa.
Perché i nuovi han bisogno di tempo e il 3 – 5-
2 pur se funzionale alle caratteristiche della rosa, per Allegri e la sua idea
di calcio, e pur sempre un ripiego. Legittimo in una stagione in cui la
Juventus ha dovuto, a differenza delle altre Napoli in testa, reinventarsi
continuamente alla ricerca di una quadra minata di settimana in settimana da
rovinosi infortuni.
Perché incazzature di Buffon ed Evra a parte,
con relativo record’imbattibilità in bella mostra quest’anno l’eroe è lui
Massimiliano Allegri da Livorno. L’acciughina diventato squalo tigre passando
per Hulk e una calma scientifica e zen. Incredibile per uno che nel 1992, ventiquattrenne, divenne oggetto delle attenzioni della cronaca scandalistica per aver lasciato l'allora fidanzata a
due giorni dalle nozze e ventiquattro anni dopo, è diventato l’emblema
vincente di una pazienza certosina.
Ecco a
voi dei piccoli ma fondamentali esempi che
valgono da soli un ovvio rinnovo di contratto.
Rugani pareva
uno scolaretto intimorito adesso comanda la difesa da veterano; Dybala sembrava
uscito da una telenovela argentina ideale specchietto per le allodole adolescenti
di ragazzine brufolose e sognanti; ora è l’idolo di tutti e il contraltare umano
di Messi; Mandzukic appariva imbronciato e litigioso: ora abbraccia tutti e
sorride.
E poi ci
siamo noi. Noi tifosi. Cadaverici professionisti
de “ è tutto finito. Quest’anno non si vince niente “ a zelanti sostenitori di ”
Marotta e Paratici? Meglio di Holly e Benji” e’ chissenefrega se Tom Becker
forse era gay. Noi che non ci credevamo, lo speravamo e infine, siamo felici nonostante
Higuain, Icardi, Kalinic Dzeko perché il curioso caso di Padoin e Rubinho li
batte tutti. Più titoli che presenze. Sovrastati
ma utili da Pogba che resterà più di Morata ma che clausole a parte, vorrebbe. Come tutta la Juve in fondo. Pronta a puntare
ancora più in alto. Perché dopo l’inferno di Calciopoli e il purgatorio della
B, il paradiso della Champions non è lontano.
I boy
della Juve (a proposito: è in arrivo anche Berardi), già fremono.
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