Il
classico sta bene su tutto rassicura la mente , e fa bene al cuore.
Prima
pero' di lanciarsi in una difesa del classico e' importante avanzare
il baricentro della riflessione e chiarirsi sul concetto di
“classico”.
Credo
infatti, che un classico possa intendersi come un duplice atto di
presa di coscienza. Di cosa? Del nostro essere creature figlie di un
determinato tempo della Storia.
Il
primo atto appartiene, ovvio, all'autore, alla genialità' con
cui ha intuito l'essenza del proprio tempo, al punto da prevedere,
alcuni sintomi e fisionomie del futuro.
Il
secondo atto appartiene al lettore, alla sensibilità' con cui
desidera capirsi come protagonista di una scena che ci vede, ogni
giorno, rappresentare un dramma che mantiene, il suo ultimo atto
aperto.
Un
classico serve alla maturazione profonda del nostro stato d'animo in
quanto, nei suoi specchi riflettenti, contiene intuizioni che formano
la nostra personalità'.
E'
assimilabile al codice genetico, allo spartito musicale della natura,
la cui lingua sacra custodiamo nel cuore.
Leggendo,
studiando i classici, di cui gli autori son i privilegiati, fatali
mediatori, e come se tendessimo l'orecchio all'interno di noi stessi,
dove esiste un linguaggio che siamo noi.
Un
classico e' una macchia sospesa nell'ombra dove si racchiude l'amore
per la vita dove e' fondamentale immergersi. Leggendo , innalziamo il
coefficiente di meraviglia che e' in noi.
Succhiando
il dolce midollo delle pagine di un classico la nostra consapevolezza
s'apre in tutta la sua ampiezza, e il contatto estremo con la luce
dell'intelletto altrui regala il massimo splendore ai colori della
nostra anima.
Leggere
e' il fascino calamitante di due realtà' fisicamente estranee
che d'improvviso si fondono. Due entità' che non hanno più'
un proprio nome, ma un nome solo: bellezza.
Un
classico ci fa scalare l' Everest emotivo di noi stessi e risalire
alle fonti del sapere e della creatività. Impresa che
richiede la massima disponibilità' del lettore a mettersi in
gioco senza riserve.
Non
e' un caso infatti, che Cervantes, nel Don Chisciotte, chiama
in causa il lettore apostrofandolo, con una punta di malizia, “
descoupado”, libero da impacci. Ebbene, al di fuori
dell'affettuosità' maliziosa, il classico ci obbliga a
guardare con occhio critico la realtà' verificando giorno dopo
giorno, quanto siamo realmente liberi e non passivi, in che misura
possediamo la vitalità' necessaria per una analisi
approfondita di quanto ci circonda.
Quando
leggiamo un libro, un classico in particolare, noi non leggiamo solo
le pagine stampate, ricavandone suggestioni e conoscenze, ma
soprattutto leggiamo noi stessi, ossia lo stato d'animo dei sensi
che ci distingue dagli altri esseri viventi facendo un check – up
di questo stato.
Quest'ultimo,
non e' meno importante, di quello che riguarda il corpo. Le
percezioni non si possono isolare in un canto segreto del nostro
animo.
Anche
loro infatti, necessitano di un allenamento specifico e quotidiano.
Da
svolgere ponendo a confronto il nostro io intimo con quello dei geni
che firmarono quei vangeli della bellezza che sono i classici della
letteratura di ogni tempo. Non c'e' limite alla bellezza, non c'e'
per la meraviglia..
Facciamo
qualche esempio.
Viviamo
in un'epoca in cui i viaggi, anche in terre lontane, sono d'obbligo:
per lavoro, vacanza, curiosità', esotismo, acchiappanza.
Ed
ecco che specchiando il nostro ruolo di viaggiatori nello note del
Viaggio in Italia di Goethe, veniamo a conoscere fino a che
punto, in noi, l'attitudine oserei dire positivistica, che alimenta
il desiderio conoscitivo – scientifico, va armoniosamente d'accordo
con la tendenza fantasiosa che esalta l'immaginazione, essendone
esaltata.
Avvolti
in un sistema computerizzato, dobbiamo riconoscere che i byte
paralizzano l'immaginazione specie nelle fasce di prima
scolarizzazione (mi riferisco ai bambini e agli adolescenti),
i
classici servono a riequilibrare le cose.
A
riportare un profumo di mistero negli schemi prefissati che,
altrimenti, finirebbero, per inquadrarci come puro frutto di calcolo
di menti affannate e derelitte.
Va
anche sottolineato che in un passaggio epocale quale il nostro,
molte parole, troppo usurate, e di cui continuiamo a riempirci la
bocca, si son ridotte a gusci vuoti, a montaliani “ossi di seppia”.
Non facciamo che lamentare la perdita dei “valori”.
Ma
che significa, oggi, questa parola? Ne ritroviamo sia il significato
sia il sapore leggendo le pagine del teatro di Skakespeare sia le
poesie di Leopardi sul quale grava una stalagmitica e ingiuriosa
concezione del dolore assolutamente illogica e primitiva.
E'
la parola amore? Essa ci corre continuamente sulle labbra, invade
canzonette e titoli dei media, ma non riusciamo piu' a stringerla in
un senso esatto, ridandole vita.
Ebbene,
i classici ci dimostrano che quel senso, possiamo trovarlo non solo
nei pensieri dei filosofi, ma anche, pensate, nelle pagine di
Galileo.
Un'altra
sublime possibilità' offerta dallo studio dei classici
consiste nella comparazione.
Leggendo
Galileo infatti, l'amore, per deduzione, ci viene chiarito in questo
modo: quando e' assoluto, esso privilegia il godere di se stessi
quasi il mondo si fermasse, lasciando il campo a una sola meraviglia,
quella di esistere, senza dover rendere conto di nulla. Una sonda
spaziale si lascia dietro la terra, se la dimentica nel suo volo,
pur essendo creatura dell'uomo, simbolo dell'uomo.
Sale,
poniamo, a raggiungere una cometa che contiene le molecole
prebiotiche che stanno all'origine della vita, si perde in questo
principio di creazione. E' una metafora ideale del sentimento
amoroso: mantenersi umani, tuttavia senza il peso delle umane
vicende, accolti nel cuore primordiale dell'esistenza.
Sempre
che ci si senta davvero parte di essa. Cercare di inquadrare, in
un'ottica moderna i classici dell'umano pensiero, significa rifarsi,
fortemente, alle esperienze personali, comportarsi come una sorta di
medium che trae profitto dalle risorse di cui ha sperimentato il
possesso.
Questa
consapevolezza, quando non sfocia in un mero nozionismo, e' assente.
Penso
agli insegnanti guardati come strani animali in mezzo alla lontana
curiosità' degli alunni privi di reali mezzi di confronto tra
loro.
Privi
di sintonia.
Una
simbiosi può' e deve scattare anche al di fuori delle
dinamiche scolastiche.
La
scuola dal canto suo, deve spingere alla cultura incentivando sempre
alla bellezza dell'esplorazione intellettuale individuale e
collettiva, Pascal, Voltaire o le Storie di Tucidide, sempre per
esemplificare, significa esser pronti al dibattito sulle realtà'
generazionali che ci distinguono.
Ancora
non e' possibile assimilare la lezione degli autori della letteratura
contemporanea senza poter fare riferimento ai “padri profondi”
che hanno tracciato le somme vie con i loro capolavori.
Prendiamone
uno a caso ma non tanto come leggerete tra qualche riga. Carlo Emilio
Gadda. Come si puo' capirlo se non si e' mai letto Aristofane,
Molie're, Gogol?
Ho
citato Gadda perche', degli scrittori italiani del novecento, e'
quello che ha visto più' a fondo nel viscerame del nostro
presente. Con il solo potere delle sue pagine, senza mai coinvolgersi
in questo o quel fatto pubblico di cui i media creano l'enfasi, in
quei “manifesti” che sono la croce e la deliziia di quei
polemisti usa e getta evitando tutto cio' con pudore esemplare. Gadda
sosteneva che “ il fegato macchinatore della universale realtà'
stenta oggi a filtrare i nostri veleni in quanto non riusciamo più'
a specchiarci nei “grandi “ del passato. Quindi, il mondo
contemporaneo e un pasticciaccio in cui l'intrigo e il malaffare
trionfa a tal punto da prescindere dai suoi protagonisti diventando
esso stesso protagonista: avendo di fronte a se' un finale del tutto
aperto, dove qualunque conclusione e' possibile e ogni riferimento a
cio che sara' di noi e' assolutamente pleonastico e ripetitivo.
Il
mistero si infittisce e la domanda dimora ancora in un silenzio
assordante all'interno di una angoscia latente: mentre i drammi, per
eccesso di quantita' e di brutture, da un lato generano assuefazione
e dall'altro degenerano in quella parodia burlesca, in quello
stravolgimento grottesco che Gadda nel suo fatidico pentolone ,
mirabilmente ha prospettato.
Visto
che la storia si specchia sempre in se stessa, perche' allora con
dignita ' di pensiero, non cercare una risposta, un'illuminazione in
Tacito e Tucidide?
Non
e' solo un invito alla lettura questo, ma ad essere accorti: nelle
pagine di questi geni del commento, stanno chiavi di lettura del
nostro tempo, tante quante non immaginiamo.
Poi
quante magie possiamo creare fondendo gli effluvi e i sapori dei
classici!!!!
Si
potrebbe partire da Del progredire della scienza di Bacone per poi
mischiarle con le poesie di Rilke con le pagine di Galileo.
Farlo
significa insinuarsi nei massimi sistemi che regolano il mondo, il
cosmo, la vita. Ed esser grati. Grati ai classici da cui siamo stati
preparati alla meraviglia.
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