lunedì 22 maggio 2017

Si dicono trentatré, si festeggiano sei si ringraziano tutti



Si dicono trentatré, se ne festeggiano sei consecutivi, si ringraziano alla penultima giornata due Mandzukic e Dybala. E in fondo, è giusto così. Perché se la Juventus quest’anno ha vinto e convinto, il merito è proprio della crescita imponente e prodigiosa dei due attaccanti bianconeri.

E dire che così non doveva essere complici musi lunghi (Mandzukic ), fastidiosi infortuni (Dybala).



Troppo clamore e grano si portava poi dietro quel Gonzalo irsuto tondo e decisivo giunto sclausolato e sorridente a sdraiar cabale estive dove Benatia, Dani Alves, Pjanic, Higuain, (a non dire del conteso e sfortunato Piaça), mietevano facili consensi e sicuri trionfi.



Così non è stato, non subito almeno.

Perché adattarsi a una maglia nuova, è un tratto difficile e orizzonti diversi dove Higuaìn ha fatto l’atteso, decidendo guizzo scaltro e insensibile, contese dove il cuore, un tempo tinto d’azzurro, avrebbe tremato.

Non è stata il rullo compressore pensato estivo questa Juve, ha amministrato quasi innanzitutto favorita - questo è basta – dall’andamento lento e incidentato di tutto il resto. Moscio, soporifero pure troppo.



Ci voleva quindi la mossa a sorpresa, il colpo di genio quello in grado di modificare lo spartito e dilatare una stagione verso quella coppa dalle grandi orecchie attesa da vent’anni.



Allegri, non più il bello e scanzonato giovanotto capace d’altalenanti e pretestuose malie suburbane in calzoncini e maglietta, l’ha fatto assecondando le propensioni d’una squadra non più verdissima innestando a uno smoking perfetto e inappuntabile come il 3 – 5- 2 di Contiana e agghiacciante memoria quelle ali (Cuadrado l’unica vera), un tempo destinate a scardinare aree intabarrate ed ermetiche all’ultimo tuffo liberando la personalità istrionica e dominante di Dani Alves da mansioni rustiche e operaie e rivelando al mondo per intero quel gran portento di corsa e muscoli anch’esso verdeoro di Alex Sandro.

Tutto fantastico, bellissimo, incantevole e via d’aggettivi scialando;

Tuttavia per alzare gli occhi e sognar l’Olimpo ci voleva qualcosa di più.

Quel più, crestato e croato fino a dicembre s’immusoniva, persuaso cinese, in panchina.



Poi Firenze ha scritto un’altra storia e ribaltato novella consigliando ad Allegri provvido e alienato l’illegale e disumana trovata Mandzukic in fascia, sguardo killer a rincular caviglie, cuore da carpentiere a stuccar crepe e piedi da ballerino a piroettare proficuo e intenso con quel ragazzo smilzo e fotogenico che il tango lo conosce a menadito non solo perché argentino.

Quel Paulo Dybala da quest’anno consacrato ad autentico contraltare umano di quell’extraterrestre autistico e meccanico di Lionel Messi.

Perché Paulo almeno sorride oltre a far gol da applausi.

Lo può fare perché a centrocampo seppur ridotto a due Khedira e Pjanic valgono cento e quando il tedesco d’origine iraniana manca Marchisio è ricomparso presente e pronto ad abbracciar l’immediato futuro



Il presente sa ancora di Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, cantori calcistici di quelle filastrocche che iniziando in testa finiscono in campo prima di un nuovo trionfo scrivendo la storia.



Come accaduto ieri, abbattendosi impietoso sull’orgoglioso ma pacifico Crotone del filosofico e azzardato Nicola. 

D'altronde,    il bisogno d’obbedire alla storia non abborda astrusi sofismi.



Si dicono trentatré, si festeggiano sei sì, ringraziano tutti infine. 

 Anche il moccioso italo ivoriano Moise Kean primo 2000 della storia del calcio italiano a scendere sul rettangolo verde della serie A.



Di queste primizie si nutre la storia.



S’attende la leggenda.





Ma per Cardiff e il Real, per fortuna c’è tempo. 

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