La montagna aveva sempre affascinato Antonio.
Ragion per cui fu molto felice quando Sergio uno dei suoi amici più cari, lo invitò per una scampagnata.
Sempre meglio che vegetare sulla poltrona di casa a guardare partite noiose e ragazze anemiche sculettare mendaci in una televisione dal segnale traballante.
Così decise d'andare e per sua fortuna fu davvero una bella giornata e il pranzo che seguì fu una diretta conseguenza.
Pranzarono sotto un ampio pergolato dove facevano capolino alcune piante rampicanti che ribelli al loro destino da comprimarie della fotosintesi, s'abbarbicavano tenaci solleticando ardite le frementi tegole della casa.
Sebbene si fosse in autunno inoltrato, il sole si batteva ancora bene contro un freddo leggero ma insidioso.
Il frullato termico che ne seguiva era strano ma interessante quasi godibile.
A dir la verità tutto in quella casa appariva strano. Sergio poi, non era del suo solito umore.
Sempre creativo e divertente quel giorno era apparso triste e monocorde come una richiesta d'aiuto inascoltata e trattenuta a fatica nel fondo di un cuore che sanguinava.
Soffriva Sergio ed Antonio non riusciva a capire il perchè.
Cercando risposte si rivolse al padre seduto poco distante.
Anche lui non aveva spiccicato parole tutta la giornata apparte qualche vocalizzo estemporaneo e singolare di quelli con cui gli anziani son soliti sottolineare la giustezza o meno di propositi ed opinioni che conferiscono a qualsivoglia discussione s'intavoli un sigillo d'innappellabilità e saggezza.
Il padre di Sergio ne ispirava tanta. Quasi novant'anni dei quali quasi tutti passati nei campi a lavorare, recava in viso tutte le ferite del tempo e le grandi emozioni della vita. Ma sebbene potesse narrarle, sembrava voler tenerle per se quasi temesse che qualche ospite indesiderato gliele volesse portar via.
E così se ne stava appartato, sguardo mite, occhi fissi verso un punto imprecisato e indefinibile quasi volesse penetrar con lo sguardo il segreto della sofferenza sua e di tutta quella casa.
La sua unica distrazione parevano le sue mani deformate dalla vita ma ancora capaci di trasmettere affetto che osservava quasi stupito come un fanatico d'arte osserva uno schizzo di Leonardo,quasi non fossero le sue ma quelle d'un altro e quelle che erano attaccatte ai polsi gli fossero toccate in sorte chissa per quale diabolico scherzo del destino.
Se si scatta in ritardo nel calcio si viene fermati. Se s'indugia troppo nella vita si viene puniti. A volte senza una spiegazione. Quella di Sergio nei confronti di Antonio fu a dir poco agghiacciante: Alzheimer!.
Era questa la trappola in cui era caduto il padre di Sergio. Un viaggio senza ritorno verso un mondo misterioso e inquietante che il padre aveva intrapreso silente e repentino ormai già da qualche anno.
E tutto era mutato. Non c'erano più giorni, mesi, stagioni, feste e ricorrenze che meritassero una sua effettiva presenza.
Solo vocalizzi e locuzioni verbali privi di qualsiasi logica e melodia.
Il padre ormai viveva una sempiterna giovinezza fatta da amici ormai morti da tempo e azioni ossessive.
Ultimamente raccontava Sergio, s'era fissato con le cesoie con cui tagliava tutto quello che gli capitava a tiro dicendo: "lo faccio per l'amore che non ho più! Lo faccio per l'amore che non ho più!!!".
Quale fosse però questo amore non era dato sapere fino a quando dall'albero ormai scorticato dalla laboriosa opera dell'anziano, non spuntarono due colombini che avevano fatto il nido proprio nel punto in cui il padre di Sergio aveva lavorato con più foga.
Seguì, un breve conciliabolo tra i colombi e l'anziano padre inframmezzato da un delizioso concerto alla fine del quale, l'anziano padre come per magia, s'alzò in piedi, abbozzando un tenero sorriso con occhi luminosi e mani festanti e tese verso l'alto come a voler ringraziare il cielo per quello che era appena accaduto con la delicatezza di un bambino disse: "Che bello... l'amore torna sempre!!!!!!!!".
Ragion per cui fu molto felice quando Sergio uno dei suoi amici più cari, lo invitò per una scampagnata.
Sempre meglio che vegetare sulla poltrona di casa a guardare partite noiose e ragazze anemiche sculettare mendaci in una televisione dal segnale traballante.
Così decise d'andare e per sua fortuna fu davvero una bella giornata e il pranzo che seguì fu una diretta conseguenza.
Pranzarono sotto un ampio pergolato dove facevano capolino alcune piante rampicanti che ribelli al loro destino da comprimarie della fotosintesi, s'abbarbicavano tenaci solleticando ardite le frementi tegole della casa.
Sebbene si fosse in autunno inoltrato, il sole si batteva ancora bene contro un freddo leggero ma insidioso.
Il frullato termico che ne seguiva era strano ma interessante quasi godibile.
A dir la verità tutto in quella casa appariva strano. Sergio poi, non era del suo solito umore.
Sempre creativo e divertente quel giorno era apparso triste e monocorde come una richiesta d'aiuto inascoltata e trattenuta a fatica nel fondo di un cuore che sanguinava.
Soffriva Sergio ed Antonio non riusciva a capire il perchè.
Cercando risposte si rivolse al padre seduto poco distante.
Anche lui non aveva spiccicato parole tutta la giornata apparte qualche vocalizzo estemporaneo e singolare di quelli con cui gli anziani son soliti sottolineare la giustezza o meno di propositi ed opinioni che conferiscono a qualsivoglia discussione s'intavoli un sigillo d'innappellabilità e saggezza.
Il padre di Sergio ne ispirava tanta. Quasi novant'anni dei quali quasi tutti passati nei campi a lavorare, recava in viso tutte le ferite del tempo e le grandi emozioni della vita. Ma sebbene potesse narrarle, sembrava voler tenerle per se quasi temesse che qualche ospite indesiderato gliele volesse portar via.
E così se ne stava appartato, sguardo mite, occhi fissi verso un punto imprecisato e indefinibile quasi volesse penetrar con lo sguardo il segreto della sofferenza sua e di tutta quella casa.
La sua unica distrazione parevano le sue mani deformate dalla vita ma ancora capaci di trasmettere affetto che osservava quasi stupito come un fanatico d'arte osserva uno schizzo di Leonardo,quasi non fossero le sue ma quelle d'un altro e quelle che erano attaccatte ai polsi gli fossero toccate in sorte chissa per quale diabolico scherzo del destino.
Se si scatta in ritardo nel calcio si viene fermati. Se s'indugia troppo nella vita si viene puniti. A volte senza una spiegazione. Quella di Sergio nei confronti di Antonio fu a dir poco agghiacciante: Alzheimer!.
Era questa la trappola in cui era caduto il padre di Sergio. Un viaggio senza ritorno verso un mondo misterioso e inquietante che il padre aveva intrapreso silente e repentino ormai già da qualche anno.
E tutto era mutato. Non c'erano più giorni, mesi, stagioni, feste e ricorrenze che meritassero una sua effettiva presenza.
Solo vocalizzi e locuzioni verbali privi di qualsiasi logica e melodia.
Il padre ormai viveva una sempiterna giovinezza fatta da amici ormai morti da tempo e azioni ossessive.
Ultimamente raccontava Sergio, s'era fissato con le cesoie con cui tagliava tutto quello che gli capitava a tiro dicendo: "lo faccio per l'amore che non ho più! Lo faccio per l'amore che non ho più!!!".
Quale fosse però questo amore non era dato sapere fino a quando dall'albero ormai scorticato dalla laboriosa opera dell'anziano, non spuntarono due colombini che avevano fatto il nido proprio nel punto in cui il padre di Sergio aveva lavorato con più foga.
Seguì, un breve conciliabolo tra i colombi e l'anziano padre inframmezzato da un delizioso concerto alla fine del quale, l'anziano padre come per magia, s'alzò in piedi, abbozzando un tenero sorriso con occhi luminosi e mani festanti e tese verso l'alto come a voler ringraziare il cielo per quello che era appena accaduto con la delicatezza di un bambino disse: "Che bello... l'amore torna sempre!!!!!!!!".
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