giovedì 12 gennaio 2012

Maria e i suoi occhi azzurro mare


Si chiamava Maria aveva diciassette anni e due occhi azzurro mare.
Ora di lei non rimaneva che un trafiletto sul giornale locale di quelli che si mettono alla fine, in ultima pagina per riempire gli spazi vuoti, convincersi d'aver fatto un buon lavoro, e aver reso giustizia ad un'anima scordata.
E Maria dimenticata lo era davvero.
Antonio la vedeva spesso all'angolo della statale mentre ingannava il tempo tra una Pall Mall scroccata di straforo e un amaro rubato all'ubriacone di turno.

Forse un paio di volte le aveva rivolto persino la parola, ma ora, in quell'andirivieni di Polizia e Carabinieri non riusciva a ricordarne neanche una e a a rintracciare un briciolo di senso in una fine tanto assurda.
Si chiamava Maria ma nel quartiere era conosciuta come "mezzo chilo" per via del suo peso corporeo e per la sua fragilità d'animo che però non le impediva di deliziare quanti l'ascoltavano con versi e note d'amore.
Quello che faceva non le piaceva affatto ma la poesia e la musica glielo rendeva più accettabile.
Maria si vendeva. Da tre anni non faceva altro. Non tutti i suoi clienti erano di prima scelta, ma questo le permetteva di sbarcare il lunario e togliersi tutti gli sfizi possibili e immaginabili.
Maria aveva diciassette anni e due occhi azzurro mare.
Per il resto nulla che meritasse una riflessione.
Un fischio, una portiera che si apre, un affondo furtivo tra chiappe smagrite e via ti saluto alla prossima.
Scorrevano così le giornate di Maria.
Antonio mentre l'ambulanza la portava via non poteva fare a meno di chiedersi se qualcuno le avesse davvero voluto bene a Maria.
Di certo Maria era molto apprezzata da tutti i pervertiti dela città che facevano la fila pur di spassarsela un pò con lei.
Il sesso non pretende rispetto. Maria non ne meritava.
Maria non aveva niente. Neanche un volto. Solo un'innocenza rubata troppo presto e un corpo distrutto.
Una sagoma incassata su un corpo fiaccato da diecimila pompini con delle rughe taglenti come lame affilate che le segnavano il volto come un biglietto obliterato troppe volte stropicciato e nascosto nell'incavo di un giaccone troppo grande.
Rideva un sacco Maria, e ogni volta che la vedeva Antonio si chiedeva come potesse riuscirci visto la vita che conduceva.
Spesso lo faceva per effetto delle sostanze che assumeva che la rendevano simile a uno zombie pieno zeppo di fondotinta.
Che tipo Maria!.
Nel quartiere era il giocattolo di tutti. Il suo giro lo conosceva chiunque.
La piazza del paese era il suo regno incontrastato e per una ricarica da 10 euro sul cellulare e un pò di polvere bianca in corpo si faceva chiunque.
Adorava Mia Martini e tra un Minuetto e un Cumm'è s'accompagnava a tutti con disinvoltura.
I parenti avevano provato a toglierla dal giro ma senza successo.
Maria era fatta.
Spesso spariva per giorni senza che nessuno sapesse mai dove andasse.
Nessuno si preeoccupava per lei. Tanto tutti sapevano che sarebbe tornata con la sua borsa Gucci truccata e il suo mozzicone di sigaretta vecchio di giorni.
Era famosa Maria.
Da quando poi la famiglia era riuscita a trovare un appartamento più decente dal monolocale in cui era cresciuta, le sue quotazioni erano salite alle stelle.
Dio solo sapeva quanti appuntamenti aveva ottenuto e quanti ragazzi aveva spompinato in quell'ascensore sito al ventiduesimo piano del palazzo.
Le piaceva spompinare. Le dava un certo potere e la faceva sentire importante. I maschi son polli pensava. Non sempre eran interessanti ma l'importante e che pagassero e se poi trovava il fesso con la roba tanto meglio.
Non aveva scrupoli Maria.
Cercava sempre di soddisfare le richieste della clientela, ma quando trovava il fesso duro e puro, gli rubava tutto e scappava a gambe levate.
Per i scarafaggi un buco per nascondersi c'è sempre e lei li trovava e sapeva tutti. Vantaggi dell'esser quasi anoressica. Mar ia ci pensava spesso a questa cosa e non poteva fare a meno di sorriderne.
Il mondo era una pozzanghera a misura di vagina. Pur di vederne una, qualsiasi fesso era disposto a tutto. Proprio tutto. Il gioco era sporco ma un Big Mac e un Crown Royal valevano il rischio.
Era generosa Maria. Ma raramente è solo se era cotta come un uovo.
Era avara Maria. Di quell'avarizia tipica di chi i soldi non sa neanche di che colore siano e quelli che ha se li tiene stretti.
E lei stretta lo era sempre stata e di strettezze se ne intendeva parecchio.
Il padre l'aveva abbandonata fin da piccola, la madre campava di piccoli lavori in nero, i fratelli eran pupazzi nelle mani delle promesse del politicante di turno.
Ed era già tanto tutto sommato.
Prima era anche peggio.
Maria era l'ultima di sette fratelli: quattro fratelli e due sorelle ma lei era l'unica che aveva sviluppato in sè la volontà d'emergere da quell'inferno.
Ogni volta che arrivava uno nuovo in città faceva di tutto per conoscerlo nella speranza in lui si celasse quel Principe Azzurro di cui la nonna gli aveva parlato qualche volta da piccola.
Era testarda Maria e quando decideva di catturar l'attenzione di qualcuno non si risparmiava.
A diciassette anni. Il suo teatro d'eccezione era una bettola frequentata da borseggiatori, cocainomani, cravattari e dai truffattori della peggior specie.
Un posto dove il saluto non era obbligatorio e dove per intendersi bastava un'occhiata.
Le parole lì erano un incidente di percorso, la musica un ritornello vecchio di secoli, insetti stipati in zuccheriere rose dal tempo, un poster dei Bee Gees attaccato con noncuranza alla parete percorsa da lacrime d'acqua quasi esse fossero consapevoli che in un posto cosme quello non si poteva non piangere.
Una Cinquecento tumefatta fuori, sirene lontane d'una Polizia distratta quasi una presenza subliminale ma costante nei cuori di tutti.
Un barbone s'appallottolava silenzioso preparandosi all'ennesima notte fredda.
In quel quartiere conveniva far così se si voleva portar a casa la pelle.
Chi oltre la propria pelle non aveva altro, la riscaldava con il peggior wisky in circolazione. Wisky e ancora wisky per inoltrarsi in una notte senza sonno.
Maria quelle notti le conosceva bene e pur di non viverle s'attardava e stordiva in quel bar tutte le sere.
Ad un certo punto una di quelle sere smorte da monotoni sintagmi entra un tipo.
Bello, mascella da Beautiful, occhio da Centovetrine, riccio da Tutti Pazzi per amore e portafogli da The Millionaire.
A Maria pareva Richard Gere. A lei nonsembrava vero di poter essere Julia Roberts per una notte. Lo adocchiò, lo avvicinò, gli parlò.
Il tipo era appena arrivato in città. Cercava un posto per dormire. Maria non perse occasione per proporsi ed era salita subito in macchina.
Meraviglioso. Musica a palla, DVD a raffica, chiusura automatica, motore truccato e via verso nuove e più eccitanti avventure.
Correva veloce con la macchina il tipo e per un attimo Maria si sentì una regina.
Al rombo della macchina tutti si girarono a guardarla e lei li salutò felice di tanta popolarità.
Maria portò l'uomo in un hotel.
Avrebbe desiderato passar la notte con lui, ma lui non volle. Troppo secca sentenziò.
Così Maria fu costretta a tornare a casa a piedi in autostrada. Trovò il tempo di spompinare uno. Un camionista. Fu felice di quel guadagno imprevisto Maria. Era pure bello questo. Quasi cinquant'anni ma ben portati. Maria si rivestì in fretta quella volta. Era abituata a ingoiare di tutto ma questa volta gli sembrava diverso. Sentiva che se fosse rimasta ancora lì avrebbe potuto anche innamorarsi.
Il suo membro gli piaceva. La voleva dentro quella bestiaccia, sbavava come una cagna, testa piccolina, vagina ampia Maria. L'uomo l'accontentò senza badar troppo ai preliminari. Fermò il camion, montò dietro e la cavalcò.
Accidenti che anaconda. Era un sacco che non trombava uno così dotato. Urlava Maria. L'uomo andava a mille. Maria era completamente sottomessa. Su e giu, senza posa. Il camion era un florilegio di calendari femminili. Magda Gomes pareva quasi invidiarla.
Come s'arrapava l'uomo. Come godeva Maria. Affanculo la droga, affanculo la vita, affanculo quell'inferno. Maria pensò che sew doveva morire quello era il momento giusto. E lui trapanava ancora e ancora. Trapanarono per quattro, cinque, sei ore senza fermarsi. Aveva un Black and Decker l'uomo al posto del cazzo.
Ad un certo punto lo baciò anche in bocca. Maria non lo faceva quasi mai ma quel bestione era speciale. Gli leccò persino le palle. Lui era inarrestabile. Litri di sperma imperlavano il suo viso. Lei era felice.
Al termine di quella prestazione Maria ebbe fame.
Si fermò in un pub. Ma l'aria non era tranquilla. C'era stata una sparatoria nelle vicinanze e l'aria era infestata da una malefica agitazione.
Il padrone del pub le corse incontro urlando Va via!!! Tutto chiuso stasera!". Maria fece in tempo a bere un Bacardi e fugge via.
Peccato. per una volta che poteva pagare senza scroccare...
Il barista era stato pure sgarbato. La notte era ancora giovane e lei finchè avesse avuto vita, non avrebbe mai messo piede in quel bar.
Andò in un altro. C'era una cover band dei Cure che suonava. Buon rock, tante luci, tanta bella gente, tanti fatti, tante fighe pronte a darla via facile, tante limonate improvvise, tra un supplì e un prosecco, fino alle sette del mattino mentre la coverband dei Cure accennava ancora una volta Lullaby.
C'era già stata qualche volta, ma adesso non ricordava nepure il nome del suo accompagnatore.
la notte era umida, le macchine erano andate già a dormire.
In poche osavano ancora sfidare la nebbia che a grandi banchi avvolgeva la città.
Solo gli sbirri sbucavano di tanto in tanto per controllare che tutto fosse a posto.
Gli sbirri non si fidavano di questi locali alternativi e non aspettavano altro che scoppiasse qualche rissa per allungare il braccio armato della legge. e chiudere tutto.
E la cover band dei Cure andava che era una meraviglia mentre l'ashish e le birre si sprecavano e felici si mischiavano al fard e ai rossetti creando un atmosfera sbiadita e sepolcrale stile Germania dell'Ispettore Derrick.
Maria era su di giri. Insolitamente calorosa salutava tutti. Regalava complimenti e sorrisi a chiunque. Ad uno lasciò persino il suo numero di cellulare casomai avesse voglia di una scopatina.
C'era una gran ressa quella sera nel locale. Tutti gli occhi erano per Maria.
Tra gli altri, amche quelli di un ragazzo di colore. Maria se ne accorse immediatamente.
Che mestiere faceva? Forse lavorava nelle piantagioni di pomodori che si stendevano a perdita d'occhio nela pianura.
Conveniva chiederglielo? Maria era indecisa. Lui continuava a guardarla. Era bello. La cover band dei Cure andava che era una bellezza e lei continuava a guardarlo.
Lui ricambiò lo sguardo e intanto la patta dei pantaloni cominciava a gonfiarsi. L'uomo di colore cominciava ad eccitarsi. Maria già godeva.
Per rompere il ghiaccio lui le offrì un drink. Maria non aspettava altro e lui cominciò a toccarla dappertutto e a slinguazzarla a dovere.
Lui s'era appena sparato una pera di anfetamine lei pure ma era ancora in sè.
Lui invece no e ordinava ancora birra. Maria sentiva che stava per cedere Lui le sussurrò il suo nome. Era strano. Non lo afferrò subito.
In compenso, Maria afferrò subito la sua proboscide cubana e capì che le piaceva.
Era accaldata Maria. Sentiva il bisogno d'aria fresca e spazio. Tanto spazio. Fuggirono da quella prigione colorata.
Scapparono per ritrovarsi in un tugurio. Il cubano viveva lì.
La casa era poco più di uno sgabuzzino ma l'adrenalina era a mille e non c'era tempo per far gli schizzinosi.
Lui si rullò rapido un cannone e lei gli fece subito un pompino. La sua specialità.
Un casino quella casa abitato anche da altre persone. Altri maschi. Altri cazzi.
Maria era eccitatissima. Cure in testa e cazzi in culo. Che libidine. E ancora birra, tanta birra. E tanti cazzi pronti ad infilarsi dentro di lei. Quattro forse.
Maria rideva. I primi tre erano belli tosti ma il quarto non si poteva proprio sopportare.
Sembrava volesse sventrarla. La casa era una latrina piena di pedalini sporchi, preservativi usati e piatti rotti nel lavandino.
Maria non rideva più. Il cubano invece sì. Rideva e sbatteva ancora. Cuba era lontana, lontanissima. E Sotomayor espelleva da sè secoli di sperma.
Maria era diventata un manichino nelle mani dei cubani.
Maria era morta nell'indifferenza generale col suo completo Armani indosso e l'Iphone nuovo di zecca in borsa.
Di lei ora non rimaneva che un trafiletto su un'anonimo giornale di periferia ma Antonio non avrebbe mai dimenticato quelle cosce scheletriche inondate di sperma e i suoi occhi azzurro mare.
E vaffanculo alla cover band dei Cure.
Ciao Maria.









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