Antonio Conte è un enigma castano. E’ un
esteta timido e lo nasconde dietro sorrisi troppo sicuri per non essere
fasulli. È stella marina di un tripudio
di scorfani, vestito buono di un guardaroba pezzente ma soprattutto è raffinata
guida di un esercito barbaro e limitato. La versione italiana di Josè Mourinho risponde
all’esigenza del nostro pallone
regredito e afflosciato di riprendere a correre gonfio e spedito. Ma non
bastano strette di mano e sponsor a garantire fluidità di gioco e incisività in
area di rigore.
Per il momento si è tappato un buco, non
spurgato l’ingorgo. Il parrucchino di uno (Conte), non basta a oscurare la
calvizie di molti altri, e la chiarezza
dei capelli, non è nitidezza dei modi, che seppur allungati con esosi anglismi,
non fanno tendenza anzi alimentano acidi
sospetti e malsane connivenze.
L’anziano Tavecchio l’ha chiamato
pateticamente condottiero. E’ un moderno
manager chiamato a rattoppare un’economia deficitaria e in pericolo, un uomo
immagine di un calcio assurdo e soporifero.
Una sorridente silhouette non basta a tranquillizzare però.
Una sorridente silhouette non basta a tranquillizzare però.
Essere l’allenatore della nazionale è un
impegno: un’auto-certificazione di nobiltà. Esiste un singolare solipsismo psicologico dietro questa nomina
che ha preso forme affascinanti. Qualcuno lo chiama egocentrismo; altri, praticità.
Molti, in maglia azzurra incoraggiati da Prandelli, hanno sostenuto in un
passato non troppo lontano, la necessità di viziare, di salvaguardare, di
pensare a Mario Balotelli come esotico ed esoterico salvatore della Patria allestendo
una delle più sgradevoli espressioni paternalistiche degli ultimi anni: le
coccole si fanno ai bambini e a chi si ama, non all’angoscia di non essere un vincente
e tornare a casa a mani vuote. Esiste un onanismo fisico cosi come ne esiste
uno emotivo, Entrambi suscitano ribrezzo e sciamano debolezza.
I condottieri, di cui Josè Mourinho fornisce una quotidiana poderosa interpretazione, non fanno coccole: offrono aiuto, suggerimenti e ispirazione. Segnalano svolte e insegnano prospettive. Indicano una via e la illuminano: può essere una verticalizzazione verso l’area di rigore, se uno crede, pensa e spera che Pirlo sia eterno, o ai Bee Hive ; o un passaggio sicuro nella selva delle scelte complicate. I condottieri - quelli veri - non chiedono niente in cambio. Non sono deus ex machina. La loro retribuzione è l’onore di tramandare qualcosa, il piacere di aiutare chi viene dopo stimolando processi di crescita collettiva. Piacere gratis; quindi, sgradito ai più.
I condottieri, di cui Josè Mourinho fornisce una quotidiana poderosa interpretazione, non fanno coccole: offrono aiuto, suggerimenti e ispirazione. Segnalano svolte e insegnano prospettive. Indicano una via e la illuminano: può essere una verticalizzazione verso l’area di rigore, se uno crede, pensa e spera che Pirlo sia eterno, o ai Bee Hive ; o un passaggio sicuro nella selva delle scelte complicate. I condottieri - quelli veri - non chiedono niente in cambio. Non sono deus ex machina. La loro retribuzione è l’onore di tramandare qualcosa, il piacere di aiutare chi viene dopo stimolando processi di crescita collettiva. Piacere gratis; quindi, sgradito ai più.
Anche a Conte, il quale legittimando un’autorità (a ben guardare solo
casalinga), si è messo, comodo e sponsorizzato, su una strada ampia, dissonante,
infida. E con lui, l’orgoglio tronfio e trionfalistico di chi l’ha assunto. La farsa
del bassista carismatico può traviare chi cerca un parafulmine per le proprie
nefandezze. Cosicché dispensando novità, forgiano scudi di moneta sonante per stereotipi eterni. Non gioite
per questo, non inneggiate all’ennesima beffa. La passione per un incantesimo a
colori non merita un altro scacco.
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