Il sole era ancora alto nel cielo di Mantova nonostante fossero passate già le sei di sera.
Antonio vi si trovava ormai da tre giorni. Ancora poche ore e sarebbe partito di nuovo.
Il viaggio era stato interessante. La città non pareva offrir molto, ma un uomo non viaggia solo per divertirsi e soddisfare la sua boria ormonale.
Un uomo viaggia anche per stupirsi e bearsi del genio altrui.
E' aldilà di quanto sarebbe potuto accadere vi prego di credere che la sola ragione per cui Antonio s'era spinto fin lì era puramente culturale.
Era lì infatti per visitare la basilica di Sant'Andrea.
La basilica concattedrale di Sant'Andrea è la più grande chiesa di Mantova. Opera fondamentale di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modalità non sempre conformi ai progetti originali.
Edificata nel Medioevo in luogo di un monastero benedettino (i cui unici resti sono il campanile gotico e un lato del chiostro), l'edificio venne ricostruito a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, commissionato dal signore di Mantova, Ludovico III Gonzaga (e dal figlio Francesco, cardinale) che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata.
Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il "Preziosissimo Sangue di Cristo" portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì Santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica.
I lavori iniziarono nel 1472, lo stesso anno della morte di Alberti.
Per quanto ne sapeva in seguito i lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola fu aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte.
Bellissima la chiesa e bravissimo lui il quale non aveva perso una parola di Fiamma la guida turistica che l'aveva accompagnato quel giorno.
I due fecero subito amicizia e con grande sorpresa la sera stessa di fronte ad un'astice affogato al marsala, scoprirono d'abitare vicini.
Pochi metri infatti, separavano il suo appartamento dalla camera d'albergo in cui lei lo aspettava sempre per comporre insieme.
Lei s'era appena laureata all'Accademia delle Belle Arti e sognava d'esporre le sue opere a Parigi.
Lui con i pennelli non ci sapeva proprio fare ma considerava quell'incontro, una specie di rito di passaggio, una sorta d'iniziazione verso un mondo sconosciuto ed affascinante in cui sentiva avrebbe potuto anche perdersi, ma in cui sapeva sarebbe stato ancora più bello ritrovarsi.
E lui ci si ritrovava alla grande. Lei rideva e dipingeva, dipingeva e lo macchiava. Lui osservava e scriveva cingendo in versi inenarrabili quello che non avrebbe mai osato dire neppure sotto giuramento.
Lei era bellissima e lo stesso giorno che lo conobbe gli regalò una sua creazione. Erano dipinti ad alta tensione. Chiese da dove gli venisse. Lei rispose che era lui a trasferirgliela. Ma era positiva talmente positiva che da quando s'erano conosciuti lei non aveva smesso un momento di dipingere.
Fu quasi naturale per Antonio e Fiamma fare l'amore. Ma quando la prima volta lei gli mostrò l'intimo del suo atelier rimase quasi interdetto: sembrava che tra le gambe avesse il naturalissimo lampo della Tempesta di Giorgione.
Poi quando avvicinandosi di più lo guardò meglio lo riconobbe subito: era una creazione del suo pittore preferito: un naturalissimo lampo di Figa!!!
noiosi...
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