mercoledì 13 giugno 2018

Breve storia personale dei mondiali di calcio



Non sono un polpo. E non sono così fortunato da poter indicare con certezza chi vincerà questo Mondiale tanto opaco senza azzurro dentro.

Ma sono anziano. Non anagraficamente intendo. Ma quando ti rendi conto che le cose che ricordi sono di più di quelle che vivi, allora significa che sei invecchiato.

Quello che inizierà tra poche ore è il mio nono Mondiale.

Non tanti per descrivere l'umanità intera ma la storia di una singola persona quella sì. Meglio ancora se singola per davvero. Il calcio, infatti, è un rito maschile e le intromissioni femminili sono come lo zampone a Natale: necessario ma non fondamentale (a me ad esempio, non piace).

Il calcio mi ha salvato la vita e mi ha insegnato che lo spettacolo non lo fanno i colpi di tacco, i tiri ad effetto, le punizioni a giro, le rovesciate, ma il pallone e i ricordi che puoi attaccarci addosso.

Va da se, che sono molti i ricordi che potrei attaccare sul pallone della mia vita che ve l'assicuro non è stata una palla ma una mongolfiera di emozioni e sentimenti tali che a volte mi meraviglio l'abbia potuta vivere proprio io.

Sono nato con la camicia io. Primavera 1982. Mercoledì. Il giorno prediletto della Nazionale che, infatti, quella sera giocava e pareggiava (0 a 0) con la Grecia. Neanche il tempo di abbracciare la vita che la vita abbracciava me con le mani di mia cugina che dondolandomi come uno jo -jò mi insegnava a dire "Campioni del mondo!, Campioni del mondo!!, Campioni del mondo!!!”come aveva fatto qualche mese prima, il mitico Nando Martellini.

Dalle foto dell'epoca, però intuisco che la questione non mi attirava molto. Sembravo anzi più interessato a guardare i tedeschi. Uno in particolare. Il barbuto e ipertricotico Paul Breitner. Segno del destino? Boh! Mistero glorioso.

Messico 1986. Avevo 4 anni è come tutti guardavo ipnotizzato Diego Armando Maradona chiedendomi se ci fosse qualcuno in grado di fermarlo. Non lo sapevo ma una cosa era certa: a messa la domenica, non avrei dovuto pettinarmi a quel modo.

Italia 1990. Avevo 8 anni e il carrozzone mondiale sbarcò a casa nostra che lo accogliemmo con tanto di bandierone fuori dal balcone.

L'atmosfera che si respirava a casa mia, era pari a quella che si sentiva in tutto il Paese e si guardava attraverso "I ragazzi della III C". Una marea di aspiranti "Cumenda" pullulava boriosetta e ipereccitata per le strade del mondo gridando "ci siamo anche noi" e pretendendo un posto al sole (sarebbe arrivato sei anni dopo), mondano.

Ma erano solo intrusi e basta. Come Totò Schillaci capocannoniere di quel mondiale.

Non era bello e la sua testa era già devastata da una tremenda calvizie, ma la sua faccia era incredibile: lo specchio fedele di una generazione. Ogni volta che segnava (lo fece sei volte),sembrava dire "non so come ho fatto e non chiedetemelo".

Usa 1994. Avevo 12 anni e di quel Mondiale ricordo tutto. Fu l'unico visto insieme a mio padre che si deve essere annoiato molto perché poi non l'ho più visto.

Apparte questo, ricordo di aver aspettato molto quel mondiale di cui sapevo tanto e ho visto tutto: la cerimonia d'apertura con il concerto di Diana Ross, il pubblico festante, entusiasta ed incompetente, la traversa colpita e sfasciata da Marcelino Bernal, le foreste tropicali di Valderrama, l'uccisione di Escobar, il bomber russo Oleg Salenko che fece 5 gol in una sola partita, il vecchio Roger Milla capace a 42 anni di segnare ancora, l'espulsione di Zola, Signori che faceva il terzino, l'infortunio di Baresi e il suo recupero lampo, e sopratutto Roberto Baggio, i suoi dolori, le sue riprese, le sue magie, e il rigore sbagliato...

Ma fui contento lo stesso perché un Mondiale si vince con la squadra non con un solo fantastico giocatore. Ed il Brasile più brutto della storia del calcio  era comunque  meglio ed ebbe la meglio seppur ai rigori.

Francia 1998. Avevo 16 anni e l'amore s'abbatté su di me più o meno col fragore del tiro sulla traversa di Di Biagio contro la Francia. Noi eravamo migliori ma ce ne accorgemmo tardi. Proprio come me: mi ero innamorato ma non me ne resi conto. Succede.

Giapporea (Giappone e Corea 2002. Avevo vent'anni e quel 18 giugno 2002 mentre l'Italia naufragava sotto i fischi di Moreno io scrivevo il mio primo pezzo per una testata vera e propria. Un’emozione straordinaria vissuta in una camera oscura in compagnia di nove mele verdi e una ragazza  meravigliosa e ho detto tutto.

Potrei dirvi del folclorico Senegal e del peluche Ronaldo ma mi fermo qui.

Austria - Germania 2006. Avevo 24 anni e da due dopo l’illusione Psicologia avevo capito che la mia strada era Lettere e  il mio futuro la letteratura. Quell'anno 12 esami superati a pieni voti un'atmosfera da spalle al muro e una serie di volti e frangenti indimenticabili. Quella rassicurante di Guido Rossi, il piangente Moggi, il drammatico Pessotto, il disastro Juve, il mitico Del Piero (di cui contavo anche le palle toccate), il salvifico Totti, l'arrembante Grosso, il granitico Materazzi, il duro Lippi, lo svitato Zidane, il flemmatico Pirlo, e Cannavaro bonzo in trionfo a corte degli imperatori del mondo e noi tifosi sommersi all'infinito in un mare finalmente tutto azzurro...

Serve altro?

Sudafrica 2010. Ho 28 anni, 13 operazioni alle articolazioni per una gamba nuova, e imparato nel frattempo un sacco di cose: ne cito qualcun’in ordine sparso.

So suonare la vuvuzela, sono sbarcato su Facebook e sono incisivo anche lì a quanto pare. Non avrò mai moltissimi amici, ma sono felice lo stesso che poi credo sia forse la cosa importante alla fine della fiera e di questo piccolo calderone di palloni e di ricordi, è proprio questo: esser contenti lo stesso. Che vinca Olanda o Spagna, che il polpo Paolo azzecchi o meno il risultato di stasera.

Io mi divertivo con Piolo (alias Paolo Bonolis) e gli ottopodi a quanto ne so, lasciano brutte escoriazioni sulla pelle quindi si salvi chi può... e vinca il migliore.

Brasile 2014: Ho superato i trenta e vorrei avere la freschezza atletica di Insigne per superare gli avversari della vita.
Mi sento come Criscito invece. Escluso perenne da tutto, tutti vivo tempeste cui non segue
una tregua da anni.
Non so se un mese di azzurro mondiale appeso alle lune baiadere di Balotelli, Immobile e Cassano possa cambiare qualcosa.
Il fuso orario ammette discrepanza.
La vita, squartandomi lo specchio delle illusioni, ha già fatto il resto.



Russia 2018: Criscito è tornato in Italia e in Nazionale richiamato a gran voce e  viva forza dal ciuffo dandy di Roberto Mancini, l’Italia no.

S’è persa dietro Ventura e Tavecchio. Immolata presso tardi totem, non ha saputo rinnovarsi rinunciando quasi subito all’avventura mondiale.

Gli spareggi non valgono nulla . Tardi ammennicoli dove appendere rimpianti

Ora in ogni cosa parla il ricordo, orchestra muta resa schiamazzo, tumultuoso grido alle mie orecchie indimenticato lacerante stridio di questa monca, quasi estate spallonata d’inverosimile.
 Come la faccia di Schillaci dopo un gol in effetti:
Ogni volta che segnava (lo fece sei volte),sembrava dire "non so come ho fatto e non chiedetemelo".

Nessun commento:

Posta un commento