È poco che il Maestro è tra noi.
Perciò fa la posta da tutti gli angoli.
Si copre il volto e guarda tra le dita.
Ha la faccia rivolta al muro, poi si gira di scatto.
Il Maestro respinge con disgusto l’assurdo pensiero
che un tavolo perso di vista debba restare un tavolo,
che una sedia alle sue spalle stia nei confini d’una sedia,
e nemmeno cerca d’approfittare dell’occasione.
Vero, è difficile sorprenderlo diverso, questo mondo.
Il melo torna sotto la finestra prima d’un batter d’occhio.
I passeri iridati scuriscono sempre in tempo.
Le orecchie del secchio catturano ogni fruscio.
L’armadio notturno finge la passività di quello diurno.
Il cassetto cerca di convincere il Maestro
che lì c’è solo ciò che v’era stato messo prima.
Perfino nel libro di fiabe aperto all’improvviso
la principessa torna sempre per tempo sull’illustrazione.
Sentono in me un forestiero – sospira il Maestro –
non vogliono che un estraneo giochi con loro.
Come è possibile che tutto ciò che esiste
debba esistere in un solo modo,
in una situazione orribile, senza uscita da sé,
senza pausa e mutamento? In un umile da qui – a lì?
Mosca acchiappata in una mosca? Topo
intrappolato in un topo? Un cane mai liberato
da una catena celata? Un fuoco che altro non può fare
se non scottare di nuovo il dito fiducioso del Maestro?
È questo quel mondo vero, definitivo:
ricchezza sparsa che non si può raccogliere,
sfarzo inutile, possibilità vietata?
No – grida il Maestro e batte tutti i piedi
di cui dispone – con una tale disperazione
che non basterebbero le sei zampe d’un coleottero.
(da Ogni caso, 1972)
Wislawa Szymborska
Nessun commento:
Posta un commento