Si dovrebbe parlare di Juventus - Milan.
Balbetta l’Italia. Tutta. E la
meraviglia spare dinanzi a un Conte che più di così non può fare con lo scarso
materiale che ogni sosta restituisce o per meglio dire, presta.
Perché il campo è altro e il padrone
diverso preso dalla sua voglia di arrivare chissà dove e non dover cambiar
manico in corso d’opera.
La paura frena e frana gli uomini in
campo che si azzoppano anzitempo non reggendo la tensione di una trama che non
scuce morbida flanella. Solo fil di ferro immolato all’angoscia di non essere
al pari della storia e dei nomi che una simil contesa racchiude e solo a tratti
esula.
E fa tenerezza quasi a un certo punto, il glorioso Barzagli avanzare lento e
imperituro quasi a dimostrare al mondo che la rete può accogliere anche chi le
ha sempre evitate invitando i suoi molli compagni a prendersi le luci della ribalta.
Le stesse accecanti il ligneo Mandzukic
di questi tempi e concilianti il resto della truppa piombata da un Herenanes quanto
mai orfico nel suo marmoreo correre (si fa per dire).
In un tempo così fermo all’ascetica contemplazione
del Nulla milanista quanto mai snaturato e cherubino si contrappone un dardo estraneo
e straniero, per considerazione e passaporto. Alex Sandro. A giochi fatti solo lui tanto estraneo alla fifa
casalinga poteva risolvere una così infame trattazione.
Che Dybala poi abbia segnato credete è
cosa di poco conto.
Nel calcio come in ogni sport, ci vuole
ritmo.
Le mummie stanno al museo.
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