giovedì 3 dicembre 2015

Ashraf Fayadh



Riflettendo su immagini palesi mi siedo e libero pensieri come una betoniera che ammassa, prossime fondamenta innervanti, la vista, il foglio.

La libertà è trovarsi in questa condizione di riflessa analisi dell’abominio corrente sfiorando con le dita le sbarre, mentre i vili del mondo a margine di un
messaggio distorto, guazzano burrasche, postando superbi su social network.

E raccontarsi che la vita è bella mentre Ashraf Fayadh , chino, stuzzica con la fantasia una foglia che spunta
da un germoglio nel pensiero.

Perché  cosi è la vita, perché Ashraf Fayadh è un poeta, perché poesia è libertà. E la libertà è un miraggio a certe latitudini.

E’ il bracconiere viene sottovento con i passi di gomma e non sente. Mira, spara, prende, cattura ogni civiltà, mette nel carniere.
Il bracconiere è il nostro incubo ragazzi, e con le catene avviluppa i nostri sogni, conducendoli in carcere , condannandoli a morte facendoli evaporate senza libertà.
Il bracconiere saremo noi, cari lettori se lasceremo che  l’eco di libertà dell’arte di Ashraf Fayadh sia leso dall’immoralità di un prevaricante fondamentalismo. 

Le autorità del mondo si son già mobilitate opponendo sconcerto. A me non resta che l’immagine di un uomo di 35 anni  Ashraf Fayadh, scrittore palestinese, condannato a morte da un tribunale saudita per aver scritto "poesie blasfeme" che potrebbe esser mio fratello. E non so come aiutarlo. Se non scrivendo  anch’io qualcosa ogni giorno,con araldica pazienza abbigliando rimpianti.


Lo sto facendo ancora adesso faticando a chiudere. Un brivido come una punta di coltello mi rimanda ad altro. Alzo la testa.
Continuo a guardare quella fotografia, Tantalo del caso, Fenice che rinasce da un insistito rogo d’illusioni.










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