Matteo è morto per un colpo sparato da un cecchino.
Un vero colpo di (s)fortuna perché il proiettile ha beccato proprio l’unica parte non coperta dal giubbotto antiproiettile.
Matteo è morto l’ultimo dell’anno, senza poter vedere i festeggiamenti di rito, i brindisi e gli auguri.
Matteo come Gianmarco , Marco, Sebastiano, Francesco e gli altri trenta militari uccisi in questa guerra stupida e senza senso.
Ma bisogna davvero trovare un senso per morire?
Che cosa spinge tanti giovani ad allontanarsi dalle famiglie e a rischiare ogni giorno la vita in un paese – l’Afghanistan- comandato da un gruppo di ribelli, fanatici che ammazza in nome di Allah?
La patria?
Il senso del dovere?
O il bisogno disperato del posto di lavoro che affligge tanti giovani – del nord e del sud – e che vedono nella carriera militare l’unica ancora di salvezza?
Matteo è morto a ventiquattro anni.
Come tutti i suoi colleghi avrà un bel funerale di stato, il tricolore che sventola, le condoglianze dei vari politici e una medaglia al valore.
L’italia però, benché se ne dica, non ha bisogno di eroi.
Per quelli, ci sono sempre i fumetti.
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