domenica 23 novembre 2014

La strategia politica di Matteo Renzi e il bullismo subliminale (leggi voto di scambio), delle elezioni regionali in Calabria: carta ruvida per pulirsi il sedere.



Quando la nebbia d’autunno impera,  è  facile intrupparsi in sputi e insulti sgorganti da ugole estenuate da improvvisi saliscendi dimentichi d’idee, aspirazioni clonanti una sana e robusta memoria del fare persa invece in tormentate pezzuole che gratificano l’ovvietà del nulla sgrammaticato di un copione istituzionale scritto male e recitato peggio.

La politica è azione concreta, attraversamento dei propri limiti in vista d’albe e possibilità migliori. Il piano istituzionale di Renzi è fatto di misere corrispondenze di un protagonismo lacerato da abbagli raggianti.

In questo estenuato soggettivismo impastato di occhiolini languidi e sorrisi complici, Renzi non è stato quell’uomo di rottura con la mercificazione del tessuto nazionale protrattasi per minigonne e sottovesti del recente passato anzi. Renzi invece di ridistribuire con coscienza e dignità il peso di un’identità precaria favorendo un linguaggio che superasse lo scetticismo dello spirito nazionale e colpisse al cuore magari provando a sanarle, le ferite italiane, ha continuato a bucare il video con quell’aria da bravo scolaretto pronto a denunciare l’imperizia furente di molti a favore di un possibilismo immaginario da realizzarsi potendo dopo una vittoria della Fiorentina. Viola come i volti dei cattivi dei cartoni animati degli anni Ottanta. Come gli euro che  non bastano e non potevano far brillare trasandate lucerne, illividite speranze. Paonazze come le facce di quelli che  qualche giorno fa, si sono scontrati traditi dal peso di una rivolta gravata all’improvviso solo sulle loro spalle. Il camper ha finito la benzina e il popolo ha deciso di dire basta alle atrocità delle offese perché è meglio dare tutto se stessi piuttosto che concedersi solo a metà. Così si rischia di perdere profondità, visione, fiducia, immanenza, libertà, trascendenza. E’ così si opta per il  residuo e anestetico monolocale perché l’attico risucchia e istiga sfiducia. Come la fascia (la Sinistra?), che Renzi garrulo occupa ansiosa di inventarsi una modernità truccata e ingentilita piuttosto che interrogarsi sulla crudele vecchiezza che ancora e da sempre  emana.

Chi si è scontrato chi ha sputato, chi ha colpito,  ha percosso l’inautentico,  ha valicato il Rubicone di un’autenticità artificiale  ancora saldamente incollata alle poltrone.

Perché chi ha solo una sedia e il divano se può, lo acquista a rate,  ne son certo, farebbe a meno dell’arroganza di grugni fotoshoppati, farebbe a meno di sfondi verdi e alberati. Perché la politica è l’uomo con l’urgenza delle proprie ferite al centro dove la sua identità non è una carta che si passa frettolosamente al totem di quartiere retrocesso a bullo da sala giochi che spedisce lettere a casa e imbratta angoli di paradiso terrestre promettendo un celestiale inferno triste traguardo di un cammino interminabile. Basta. Come il Titiro di virgiliana memoria anche noi sentiamo il bisogno di un ampio faggio, dove riposare le stanche membra massacrate dal peso di una storia spossante. E sognare un mondo nuovo. Dove ognuno è protagonista senza bisogno di far da controfigura di qualcuno o il prestanome di qualcun altro. Perché altro non c’è, non esiste. Perché azzerare, è l’unica soluzione. Per non sparire, esaurirsi in un tragitto sfinito. Per poter tornare ad esser viaggiatori consapevoli  verso una terapia sociale quale unica utopia sostenibile.

Oggi intanto,esercitando un sacrosanto diritto, si è votato. Qualcuno l’ho avrà fatto, qualcun altro no. Ma tutti ricordate che la politica del voto di scambio,  delle agende in regalo, delle lettere strappalacrime , delle gigantografie con prole stretta al collo e delle  scalette televisive, è come la carta ruvida per pulirsi il sedere:  alla lunga irrita e fa male.


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