giovedì 16 luglio 2015

Non era



Antonio aveva sempre saputo come dire le cose. Solo che non sempre le aveva dette al momento giusto. Solo che nella sua logica rasata e barbuta non esisteva che certe cose si dovessero dire a parole:  ad un certo punto si dovevano capire,punto.  Capire era la base di tutto. Sapere era l’eroina dei futili.  Una conseguenza esterna cui tutti erano in grado di giungere arricciando il naso e storcendo la bocca in un orgasmo orrendo ed empirico.  Lui al contrario, non era epidermico: era spesso come ruvida corteccia. Una piccola rivincita dal basso della sua tozza sostanza. Perciò Antonio era consapevole di non aver mai parlato dei suoi sentimenti con Domenica, ma era convinto che lei sapesse del suo amore. Che poi, se avesse dovuto metterlo giù a parole, quel coso che aveva dentro, non avrebbe certo usato parole antiquate come amore o innamoramento. Per quello bastavano le torme di cantanti ben disposti a farsi snaturare ogni fottutissima estate per lo jingle di un cono gelato e la linguetta bifida di una Coca -Cola.  In quel momento Antonio stava fuori dalla gelateria e guardava Domenica da lontano. Domenica stava baciando uno di vent’anni  più vecchio di lei. Ecco: l’infallibile equazione secondo cui i soldi fanno uccello stava funzionando ancora una volta, e Antonio con le sue poesie e i suoi Magnum alla nocciola poteva sciogliersi triste.  Nell’incuria del mondo e nella vagina dell’indifferenza.
Antonio ferito nel cuore e nell’anima senza l'Equipe 84 a consolarlo, finse di frugare sul suo taccuino e di infischiarsene. Rimpiangendo di non esser mai stato un grande fan di Mc Gyver  che di sicuro meglio di lui  avrebbe saputo districare i nodi di quel molteplice inghippo,  Antonio si   interrogava su quella cosa che gli fermentava dentro. Non era gelosia: i suoi sentimenti verso Domenica erano troppo tersi perché persino lui li potesse scambiare per volontà di dominio, esigenza di carnale insediamento, sfacciata colonizzazione ventricolare. Forse era stizza. Avrebbe voluto esser lui al posto di quello là, in quel momento. Forse neanche quello però. Era più qualcosa che coincideva con sconcerto, disordine, fiasco. È altre parole che forse non esistevano nemmeno e in quel momento comunque non gli venivano . Assurdo. Lui che con le parole aveva bilanciato la sua vita. Pur essendo dell’Ariete e forse, quella cosa della vita, sarebbe stato meglio prenderla a cornate.
Rivolgeva a se stesso domande che stavano  in piedi solo in teoria. Diciamo pure (con buona pace di Santa Romana Chiesa), miracolo. Circostanza che per Antonio in fondo, era la normalità. “Se io le voglio bene e lei è felice così, allora è questo il suo bene, vero? esatto?”
Ma nessun “Vero!” di conferma era rilevato dalla sua voce interiore  ed ”Esatto”  in quella società completamente sfasata,era solo un brano di Francesco Salvi del 1989 che la radio non passava nemmeno più.
Mentre attendeva segnali, Antonio, avrebbe voluto non avvertire quel senso di fallimento. O almeno avrebbe voluto avere qualcuno cui incolpare.
Antonio non era invidioso, Antonio non era geloso. Aveva passato la vita ad aggrottar il ciglio dogmatico dicendo “ Mi sembra giusto” perché quella cosa non doveva esserla? Boh.  E quell’interrogativo giaceva immoto sulla sua staticità. Perché il problema più importante non era “avere una ragazza di sera” come cantava Adriano Celentano in un navigato vinile del 1964; il problema era che Anto
nio, in quel momento non era.
Antonio voleva  bene a Domenica. Solo non glielo disse mai e ogni volta che la sera tornando a casa incrociava quella dolce insegna, fuori ad aspettarlo c’era solo il gusto amaro dei sogni.



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