A volte accade. Succede d’imbattersi in qualcosa
di così abbagliante da sembrare
sfuggente .
Be, in questi
casi, pazienti lettori, care lettrici, per
quanto arduo sia il percorso, sottile l'indagine: occorre districarsi tra le ombre, farsi largo tra ingannevoli specchi e distinguere dal falso il vero mentre i pensieri corrono e s’intersecano, mentre mutano forma i sentimenti.
Quello che resta è la verità. Quello che resta, infine, è la poesia.
Quello che resta è la verità. Quello che resta, infine, è la poesia.
La poesia scolpita
da Marilyn Monroe nella sua breve ma sfolgorante parabola esistenziale, non sfugge a questo pensoso indugiare rinnovandosi perpetua infischiandosene
di grati lunari e nonagenarie ricorrenze.
Una fascinazione dietro la quale si nasconde molto
di ciò che vediamo -nostro malgrado- tutti i giorni, giungendo a vo
mitare davanti
alle igieniste sedute in Parlamento in certi casi ornate del titolo di
ministre.
Marilyn, val la pena ricordare, era il nome di
facciata di Norma Jean Baker; una ragazza povera, orfana di padre e quasi di
madre (schizofrenica), che della sua maschera bionda e carica di rossetto
diceva:
«È una sorta di mostro, di Frankenstein...»,
sottintendendo con ciò la sua assoluta sudditanza al personaggio.
Quello che Norma non poteva sapere, allora, era
quanto la sua irrefrenabile smania di fama, e fortuna, sarebbe circolata
decennio dopo decennio fino a diventare uno stereotipo, una preghiera laica
recitata da tutti coloro che inseguono considerazione e grana a qualunque
costo.
In questo senso, i suoi tre matrimoni falliti, le
sue sbornie di sesso in compagnia dei potenti e il ricovero a inizio anni
Sessanta in una clinica psichiatrica newyorkese, sono la sintesi di un suicidio
umano, e professionale, che ancora oggi tiene banco per la sua contemporaneità.
Come altrettanto attuale, nella storia della triste
Marilyn, è il trattamento ricevuto dalla famiglia Kennedy, che dopo averne
apprezzato le qualità carnali ha fatto il possibile per rimuovere questo
capitolo.
Certo, potrebbe dire qualcuno, il recente esempio
berlusconide è di tutt'altra pasta, nel senso che nonno Silvio ha speso di
tasca sua per stuzzicare i fuochi d'artificio che l’hanno strinato di notte.
Ma sarebbe un passo falso, puntare su questo
distinguo: perché se un punto esiste, nella vicenda Marilyn, ancora carico di
attualità, è proprio il modo in cui ha umiliato buona parte di sé concedendosi
per sete di successo.
Non conta, in fondo, come l'uomo di turno abbia
reagito o reagisca a tanta generosità, ricambiandola magari con una pioggia di
monete, o assai meno generosamente con l'invito a levare il disturbo.
Alla fine trionfa l'epica del “ mostro Monroe ": quello, cioè, che divora
un essere umano tenue e disinvolto, (Norma Jean Baker per l’appunto ),e consapevole si deforma condannandosi in automatico
al lento ma inesorabile disfacimento di
qualunque sogno.
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