Il
cuore, i polmoni, la grinta ridisegnano la geografia del calcio europeo. Accade spesso quando c’è di mezzo l’Italia. Succede
anche stavolta buttando fuori dai confini calcistici europei il tutù spagnolo. Che non ha impressionato nessuno sia chiaro .
Chi si aspettava Iniesta ha trovato De Rossi, chi temeva Morata, ha gioito con Chiellini
chi insinuava Silva ha distinto Giaccherini ribaltando le gerarchie e le attese
di una partita condotta in avanti dall’Italia dal primo all’ultimo minuto. Solo imprecisione e desuetudine alla schietta
iperbole ha impedito al punteggio d’essere più rotondo per gli azzurri. E’ finita due a zero. Un punteggio che segna uno stacco col passato e
marca la differenza tra la solidità di un progetto e l’effimera condensa di un’idea.
Quest’ultima se priva di fondamento e concretezza, pur bella, misera affonda. Accade alla hybris iberica supportata oltremisura da rilevanti benignità turche neghittose forse, alla riscrittura di una nuova epopea calcistica. Novella fino a un certo punto pregna com’è di
virtù antiche. Quelle di cui sopra appunto.
Perché sotto con Buffon, Barzagli. Bonucci tutto bene. Se poi tanta
sicumera contagia pure De Sciglio trascolorante milanista (è uno degli
obiettivi di Allegri per la prossima stagione), ancora di più . perché poi il
centrocampo si galvanizza e quando Insigne illumina per Graziano Pellè, pur
sfinito da cotanto sacrificio, è facile metterla dentro. E forse per quei
rimpalli di cui il gioco del calcio è capace e la storia approfitta, è giusto che
a chiuderla sia un leccese pur di provincia.
Perche
questo consente di giungere in cima a chi questa squadra proletaria ma vincente
ha costruito, discutibili oriundi annessi. Antonio Conte leccese doc. Uno esigente
si sapeva. Uno cui è evidente, non puoi non
immolare la vita se ti offre l’anima con labbro per antipasto.
In
ogni caso da stasera Bordeaux.
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