venerdì 19 ottobre 2018

La legge non ascolta il pianto di chi sopravvive

La legge non ascolta il pianto di chi sopravvive.
Lieve sputa sentenze. Ingiuste, crudeli matrigne di un sistema che dei figli se ne frega.
Delle lacrime di chi li piange pure.
Esse resteranno negli occhi come promesse svanite sul nascere di una vita evaporata troppo in fretta invalidata nuovamente da una Giustizia tarda a riconoscere il volto di chi ha ucciso.
Stefano Cucchi.
Di lui rimarrà una passione per la chitarra appesa per sempre, al muro del rimpianto.
Come i suoi occhi. 
Occhi muti che emetteranno la loro limpida condanna.
Ma la legge è già uscita.
O forse non c’è mai stata.
La legge non ascolta il pianto d chi sopravvive.
Non conosce l'angoscia dei vivi nascosti nelle coperte come mesti ectoplasmi con gli occhi sempre specchiati in un negativo. Come se da esso potessero estrarre una stilla della sua occultata agonia.
Non sbagliano credo.
I suoi sogni, le sue speranze son tutte là.
Abbandonati sotto il fango e la polvere.
All'ombra di un verde salice che ora, forse, piange per davvero.
Confessioni tarde non detergono punto.
Adottano invece un doppio senso mascherante un balbettio compiacente radi transiti aggiranti il fosso di una verità tutta da raccontare.
Ancora. 
Perché non v’è solo Stefano ad attender cereo, brillanti disvelamenti.
Non credo basti appellarsi ad un galateo libertario se ogni verbo proferito è la voce di un ritardo.
Un solido nulla cementificato in un esperimento di malesseri conclamati nel tentativo malriuscito di ricomporre frammenti.
E magari chissà, chiedere scusa. Dopo 9 anni è il minimo.
Perché altrimenti, nulla ha più senso 
Se ne va tutto via come le cose e le persone che speravamo vedere invecchiare spostato da altre mani occultanti un sistema dai marci intrichi.
E ci si sente derubati come chi piange la virtù perduta e gli occhi consegna all’amarezza.
L’arroganza di chi non s’è fermato in quelle ore, quella notte, , è celibe per sempre e si sfama di una permanenza contratta.
Anche questa postdatata verità non rifocilla e il letto appesantito ai bordi inghiotte lo spazio tra la sconfitta e la resa. Un piccolo naufragio del pensiero, un timido desiderio di congedo dal quale salva la breve e atroce storia d’un perché che esige di ricominciare da capo. Dalla Verità innanzitutto
Per Stefano Cucchi e non solo.


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