giovedì 11 febbraio 2016

La seconda serata del Festival di Sanremo e un mondo prossimo al diluvio

Il Festival di Sanremo è una confezione di valeriana formato famiglia.  Cosa buona e giusta è parsa nella seconda serata, addizionarla con più musica e meno mistica,  pur con le inevitabili (ormai), strusciate talent tensive , solidali e crudeli.
Soprattutto quando ti accorgi che i giovani hanno più voglia e voce dei cosiddetti big, e il fatto che sia stata eliminata Cecile (la mia favorita), è proprio difficile da accettare.
Principalmente in un Festival dove la riflessione profonda è un format e la sofferenza sublimata in arte un grottesco bastimento di lacrime gonfia – share e sfama coscienza sul sentiero di un inaccettabile ma segnato destino.
Non quello dell’alato e svettante Ezio Bosso, di iersera, comunque bravissimo a smarcarsi dalla morsa della commiserazione e del pietismo, quanto quello dei cantanti in gara  (Pravo ed Elio a parte), perennemente in bilico tra la paura di eclissarsi (Scanu, Zero Assoluto su tutti), e la necessità di continuare a esserci comunque anche solo per dire d’aver fatto una foto con una fatata ma in fondo superflua Nicole Kidman com’è accaduto a Gabriel  Garko ormai rassegnato alle sue inadeguatezze linguistiche da bellimbusto da fiction e nulla più da riderci su riducendosi saggio, ad altezza bimbo e capire che in fondo, slanci hollywoodiani a parte, il sogno di tutti gli italiani è radicarsi anche solo un istante nella perizia creativa di Nino Frassica per tutti il Maresciallo Cecchini fido compagno di Don Matteo, illusioni renziane a parte, l’autentico legislatore emotivo delle passioni inerti del suolo italico.
Solo le sue azzurre iridi potrebbero accogliere benevolmente il rap ruffian- patriottico di Clementino, le speranze solitarie di Alessio, lo sguardo stordito e selvatico di Dolcenera e Francesca Michielin e ammetterlo orecchiabile al lobo umano  almeno quanto meriterebbe scampo dalla gogna del depennamento  il refrain  lucido e malinconico   di Neffa boa generazionale di un mondo prossimo al diluvio.
Dal quale occorre comunque salvare il sentimento affabile e domestico di Eros  Ramazzotti molto più intenso è “dentro” la sfocata malia di questo Festival rispetto alla ridondante presunzione formato Pausini  regnante molesta la prima sera, l’intelligenza e la bravura di Virginia Raffaele (da antologia la sua Carla Fracci), e le forme di Madalina Ghenea che tra una sfilata e l’altra, ieri pensava, prodiga, ai bambini. Ma anche i grandi la squadrano indulgenti ve l’assicuro.
Perché per evitare il diluvio c’è bisogno di tutti.  Anche del finalmente partecipe e disinvolto  Conti (tre, quattro, cinque e sei , sette. otto), di iersera

E’ sia chiaro: quello universale di Annalisa è solo il titolo di una dimenticabilissima canzone.

Nessun commento:

Posta un commento