
venerdì 30 aprile 2010
La poesia

martedì 27 aprile 2010
Nessun viagra per i grandi.

sabato 24 aprile 2010
IL 25 Aprile

domenica 18 aprile 2010
Dafne

venerdì 16 aprile 2010
Un colpo.

martedì 13 aprile 2010
Frammenti notturni (Un disordinato puzzle d’idee notturne utile per qualche riflessione diurna…..)

lunedì 12 aprile 2010

sabato 10 aprile 2010
Inaspettate conferme

Intuizione mattutina

Panegyricus Bubbae

Prendete una ragazza - Angela Bubba – dall’aspetto fiero e altezzoso, forte dei suoi premi letterari vinti a soli vent’anni; affiancateci un presidente (!!!) di un’associazione universitaria che cerca di fare cultura invitando il biografo di Vasco “ na na na “ Rossi ; mischiateci un preside di facoltà che si lamenta del fatto che a Lettere non si legge se non durante i periodi di esame ; aggiungeteci pure un antropologo dallo spiccato accento bibonese e un professore di letteratura che sembrava avere accanto l’ultimo premio Nobel della letteratura.
Bene. Il panegyricus Bubbae è cotto e servito davanti ai vostri occhi e soprattutto, alle vostre orecchie.
La lezione di Dante, quel << considerate la vostra semenza >>, sembra abbia colpito particolarmente la giovane Bubba, che alla ricerca del lato ellenistico della vita(è ciò che dice lei su feisbuk) , ha scritto un romanzo, “La casa” , dove narra le vicende della sua famiglia e che le ha dato quella popolarità che manca ad una sua coetanea.
Angela Bubba orgoglio calabrese ( ma non era il peperoncino???) è apparsa ai miei occhi come una Thatcher in miniatura, una donna di ferro dal cui viso non traspariva alcuna emozione o voglia di farmi innamorare – in senso letterario – di lei.
Una ragazzetta di estrazione medio- borghese che descrive la Calabria ma che lei ,a mio avviso, non conosce o conosce poco. Solo chi ci vive può sapere i problemi di questa regione che non ti vengono a bussare a Villa Borghese mentre ti fai fotografare o sei in uno studio televisivo a presentare il tuo libro.
Angela Bubba, una ragazzina dalla voce sottile senza la cadenza dialettale che contraddistingue i personaggi del suo romanzo.
Una tipa che parla di critica letteraria come crisis , di affabulazione e che invita gli iscritti a Lettere a leggere romanzi e libri.
Una cosa dal sapore falso ma che la pongono ad un livello superiore rispetto a chi l’ascolta, una cosa del tipo: <
E mentre lei dice di essersi “ formata” con gli autori russi penso ai miei vent’anni passati a spaccarmi i timpani ascoltando i Metallica , Beastie Boys e leggendo Irvine Welsh e Stephen King.
E anche se a me non daranno mai le chiavi di una città ho sempre quelle di casa dove corro a rifugiarmi nella mia poltrona preferita.
Ma forse questo è materia da romanzo e io, per fortuna o purtroppo come insegna il grande Gaber, non sono Angela Bubba….
L'amore al tempo di internet

mercoledì 7 aprile 2010
Vita morte ? No. Meglio un compleanno!!

Oggi ho compiuto ventotto anni. Un’età in cui anche il Peter Pan più convinto deve decidersi a metter la testa a posto. Per quanto mi riguarda io, l’ho sempre tenuta ben attaccata al collo. Ma certo però è frustrante rendermi conto che alla mia età non sia riuscito a trovare ancora nessuno. Mia madre a quest’età aveva già due figli. Constatazione utile al raggiungimento di un dato di fatto: c’è chi è nato per dare la vita e chi invece per toglierla. O soltanto guardarla. Nei televisori degli altri. Io non voglio fare il portoghese della vita. Voglio… fermo! Meglio non andar troppo oltre. Il terreno potrebbe arrestarsi di colpo ed io rimanere imprigionato nel limbo dei miei limiti eterni. Mi fermo. Rifletto. Vita. Morte. Due traguardi separati da una linea. Continuità. Esistenza. Trapasso. Transizione. Trasferimento. Verso dove? Lontananza. Abbandono. Un punto ci vuole. Punto appunto.
Ma la folla è sempre lì che attende una mia risposta. Mi sa dovrò rimandarla a data da destinarsi Oggi è il mio compleanno. Mi voglio divertire. Così passerà un altro anno senza che io abbia timbrato il cartellino. E’ così la Vita e la Morte restano a fissarmi senza che io abbia compiuto una scelta. Senza che io abbia deciso da che parte della linea stare. Ma oggi è il mio compleanno. Il mondo è confuso. La vita vuota. La morte piena. Non sentiranno la mia mancanza.
Atto primo

Non molti anni fa, quando ero ancora un ragazzo alla ricerca di se stesso, perduto tra i banchi di scuola del glorioso liceo Giuseppe Garibaldi, mi capitò di incontrare una tizia che avrebbe cambiato la mia vita.
Era il 6 novembre 1997. Quando si presentò Lei. Era bella? Non lo saprei dire. Attenzione non che avessi scelto strade diverse, ma già a quell’epoca sapevo che tra uomini e donne c’erano delle distanze invalicabili e nessuna Maria De Filippi a moderar tra le parti. A quell’epoca non mi era concesso di soffermarmi su questi particolari e lo confesso, anche se lo fosse stata, non ci avrei fatto caso. Allora (avevo quindici anni), ero abbastanza maturo da comprendere che non era il caso di perdersi dietro fantasie da camionista erotomane che poi avrebbero finito col nuocere gravemente il mio ancor giovane sistema nervoso.
Così fin dall’inizio del nostro “rapporto di lavoro”, presi a trattarla come e peggio di una scarpa vecchia con la stessa maligna indifferenza di un lord inglese, la freddezza di un boia, l’arroganza di un vecchio ottuagenario col cuore indurito da troppe delusioni e amarezze.
Lei mi voleva bene? Non lo so. Per mia sfortuna non ho grossa esperienza in materia, però a distanza di anni mi piace pensare che si … mi voleva bene. Era bellissimo ascoltarla parlare dei suoi viaggi. Io alzavo timidamente la testa e quando riuscivo a disegnare sul mio volto uno sguardo abbastanza neutrale così da non apparire fortemente interessato, non potevo fare a meno di perdermi nei suoi occhi color del mare e ritrovarmi in una dimensione aliena da tutto quello che mi circondava dove non esisteva niente: la scuola, i banchi, le sedie, il professore di turno, puff! Niente, tutto spariva. Rimanevamo solo noi due e le nostre chiacchierate seduti sul fondo della nostra anima sperando che la fatidica campanella suonasse il più tardi possibile.
Quanto fosse destinata a diventare importante per me, lo fece intuire subito.
Accadde che, avessi eseguito un tema sui “Promessi sposi” dal titolo ”Parla del personaggio che più ti ha colpito del capolavoro manzoniano” o qualcosa del genere, non ricordo, sta di fatto che lo lesse e … il suo viso s’illuminò di una luce che poi raramente ho visto in altre persone. Le era piaciuto così tanto che mi chiese di scrivere qualcosa per lei. Non le importava cosa. La cosa importante era che prendessi la penna e scrivessi. Io non sapevo cosa fare: ma davanti al suo viso non potevo resistere. E poi pensavo: “Una così non si arrabbia mica” e allora tentai l’impresa.
Per fortuna tutto andò bene, e la tensione accumulata quel giorno, si sciolse in mille applausi. I primi della mia vita.
A distanza di tredici anni da quel giorno, penso, che la giovane Nora Marrazzo (cui dedico queste righe), avesse mostrato una lodevole dose d’incoscienza quando m’invitò a scrivere per la prima volta. Probabilmente non sapeva a cosa andava incontro. Innanzitutto, sono indisciplinato. Sono un giornalista (o almeno aspiro a diventarlo, e siccome sono molto ottimista, in questo senso vi annuncio fin da adesso che lo diventerò: anzi lo sono già in qualche modo). Sono uno studente universitario (quindi sono un accademico) scrivo su una testata universitaria (quindi sono un giornalista). Quella che va a iniziare sarà una lunga cavalcata, ma prima di montare in sella mi sento di fare alcune promesse.
Non permetterò che l’incompetenza freni i miei giudizi.
Invoco una norma non scritta, nota come” immunità da ponte”: in materia accademica ogni opinione è legittima è insindacabile.
Non sarò equilibrato parlando di università. Potrà accadermi d’essere obiettivo, di tanto in tanto (mi scuso fin d’ora: non l’avrò fatto apposta). L’imparzialità è un obbligo per gli arbitri.
Non sarò imparziale. Parlerò solo di quelli che mi stanno simpatici.
Non farò distinzioni tra “università praticata e università guardata”, se non questa: la prima è più faticosa. Veder correre gli altri, bevendo una birra al bar, mi sembra un desiderio assolutamente ragionevole.
Non parlerò d’attualità. Non di quella ufficiale intendo. Parlerò invece della vita, senza traccia di buon senso, distacco o serenità.
Sono, infatti, un tifoso della vita d’osservanza psichiatrica e quando si parla di cose riguardanti i miei coetanei, non permetto che la realtà disturbi i miei ragionamenti.
Nessuna cosa sarà troppo piccola da non meritare attenzione. Sto già pensando a un articolo sul TFR. Prima però devo capire cos’è.
Non parlerò a nessuno di questo progetto. Potrebbero anche arrestarmi, è sarebbe un guaio.