Quando vivevo come un sognatore capelluto
di amori liquefatti
nei tramonti zuccherati della mia giovinezza, credevo che i tuoi tiri volassero oltre il confine,
oltre la barriera della sorte e che un cattivo arresto non avrebbe fermato la
tua corsa.
Ora so che contro quelle mura anche i sogni piu' belli si
schiantano , che il filo spinato di una ferrea malattia brano per
brano le ha disperse al vento e che nessun brandello si è
salvato.
La memoria disperde il fisico ma centra il cuore delle cose ed e' li' che ora palpitano i tuoi sogni.
Al centro di un campo. La tua vita, il tuo segno, il tuo sogno.
Quello ha continuato a palpitare pur cambiando terreno.
Un terreno inedito, un limite inesplorate dove hai trascorso otto anni della tua vita ad insegnarci come si puo esser seduti senza inginocchiarsi alla malasorte, svettare senza sgomitare.
Solo lottando pur in silenzio. Senza la bava del lattante o la franta adrenalina del lottatore sfinito prima di aver respirato l'aria di una sfida impossibile.
Crine seducente ma pericoloso.
Non hai mollato pero' e' questo mi basta.
Potevi farlo, ma non ti sei arreso.
No Stefano.
Tu tiri ,ancora tiri , ancora sogni, sempre
segni.
Il confine di un'area senza rigore ma tutta piena di
una riconquistata liberta' che a noi ancora, non appartiene.
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